Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione V, sentenza 16/1/2025, causa C-376/23 – Pres. Jarukaitis, Rel. Gratsias – Baltic Container Terminal SIA c/ Valsts ieņēmumu dienests.

Codice doganale dell’Unione – Regolamento delegato (UE) 2015/2446 – Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 – Zone franche – Cambiamento di posizione doganale da merci non unionali in merci unionali – Scritture del titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività in zona franca – Legittimo affidamento – Autorità di cosa giudicata

 

L’articolo 214, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione, e l’articolo 178, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento delegato (UE) 2015/2446 della Commissione devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che il titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività in zona franca includa, nelle sue scritture, informazioni sulle modalità con cui il regime doganale della zona franca è stato appurato e dati che consentano l’identificazione di qualsiasi documento, diverso da una dichiarazione in dogana, relativo all’appuramento, senza indicare, in tali scritture, il numero di riferimento principale che identifica la dichiarazione in dogana corrispondente al vincolo delle merci di cui trattasi a un regime doganale successivo.

 L’articolo 214, paragrafo 1, e l’articolo 215, paragrafo 1, del Codice doganale dell’Unione nonché l’articolo 178, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento delegato 2015/2446 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che il titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività in zona franca iscriva nelle sue scritture l’appuramento del regime doganale speciale della zona franca rispetto a talune merci e che, in tale occasione, si limiti a includervi informazioni relative unicamente a una lettera di vettura redatta conformemente alla Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1978, che accompagni tali merci al momento della loro uscita dalla zona franca interessata, recante indicazione della posizione doganale di dette merci, certificata dal timbro doganale e firmata da un funzionario doganale, purché le autorità doganali abbiano autorizzato siffatte modalità di appuramento in applicazione del suddetto articolo 178, paragrafo 3; inoltre, i menzionati articoli non esigono che tale titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività in zona franca verifichi la veridicità di detta indicazione.

Il principio del legittimo affidamento deve essere interpretato nel senso che il titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività in zona franca può fondare un siffatto affidamento quanto alla conformità delle sue scritture all’articolo 178, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento delegato 2015/2446 su una prassi costante delle autorità doganali da cui risulta in modo preciso e incondizionato che l’inclusione, in tali scritture, unicamente di informazioni relative a una lettera di vettura redatta conformemente alla Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1978, che accompagni le merci di cui trattasi al momento della loro uscita da una zona franca, corredata dell’indicazione manoscritta della posizione doganale, certificata dal timbro doganale e firmata da un funzionario doganale, è sufficiente per soddisfare gli obblighi derivanti da tale disposizione.

 Il diritto dell’Unione non osta all’applicazione di una disposizione nazionale vertente sull’autorità di cosa giudicata, che obbliga un giudice di uno Stato membro ad annullare l’obbligazione doganale dovuta dal titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività in zona franca in applicazione dell’articolo 79 del Codice doganale dell’Unione, per il motivo che il giudice di tale Stato membro competente a controllare la legittimità della sanzione amministrativa inflitta a tale titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività in zona franca, per le stesse operazioni doganali e per gli stessi motivi da cui deriva tale obbligazione, ha accertato, in una decisione giudiziaria passata in giudicato, che quest’ultimo non è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della normativa doganale dell’Unione.

 La Baltic Container, titolare di un’autorizzazione ad esercitare attività di carico, scarico e magazzinaggio di merci nella zona franca del porto di Riga, si vedeva approvare dall’amministrazione tributaria le scritture, ai sensi dell’articolo 214 del codice doganale dell’Unione, nelle quali registrava le merci collocate in zona franca.

Nell’ambito di un controllo della contabilità delle merci collocate in zona franca, l’amministrazione tributaria ha ritenuto che talune merci non unionali, ai sensi dell’articolo 5, punto 24, del codice doganale dell’Unione, nella fattispecie cestini di plastica in rattan, entrati via mare in zona franca in tre container il 2 ottobre 2018, il 18 dicembre 2018 e il 15 gennaio 2019 e iscritti nelle scritture della Baltic Container, avessero lasciato la zona franca di Riga il 2 ottobre 2018, il 18 dicembre 2018 e il 17 gennaio 2019 senza essere vincolate a un regime doganale successivo. Pertanto, il regime doganale speciale di deposito in zona franca non era stato appurato. L’amministrazione tributaria concludeva che le merci in questione erano state sottratte alla vigilanza doganale, il che, secondo tale amministrazione, faceva sorgere un’obbligazione doganale in capo alla Baltic Container in forza dell’articolo 79 del codice doganale dell’Unione.

Con decisione del 19 luglio 2019, l’amministrazione tributaria ingiungeva alla Baltic Container di pagare i dazi all’importazione, l’IVA nonché penalità relative a questi oneri.

A fronte del ricorso della Società, il Giudice adito sottoponeva alla Corte di Giustizia alcune questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva, in sostanza, se l’articolo 214, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione e l’articolo 178, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento delegato 2015/2446 dovesse essere interpretati nel senso che essi non ostano a che il titolare indichi, nelle sue scritture, che il regime doganale della zona franca al quale le merci interessate erano vincolate è stato appurato senza indicare, in tali scritture, l’MRN che identifica la dichiarazione in dogana corrispondente al vincolo di tali merci a un regime doganale successivo.

Nel rispondere nel senso di cui alla prima massima, la Corte ha osservato che l’articolo 214, paragrafo 1, primo comma, del codice doganale dell’Unione impone al titolare l’obbligo di tenere delle scritture adeguate nella forma approvata dalle autorità doganali. Secondo tale articolo 214, paragrafo 1, secondo comma, tali scritture contengono le informazioni e le indicazioni che consentono alle autorità doganali di sorvegliare il regime in questione, in particolare per quanto riguarda l’identificazione, la posizione doganale e i movimenti delle merci vincolate a tale regime.

La portata di tale obbligo è precisata all’articolo 178, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/2446, che elenca gli elementi che dette scritture devono contenere e che prevede, in particolare, le condizioni alle quali il titolare è tenuto ad includere un MRN in esse.

Per quanto riguarda più precisamente tale articolo 178, paragrafo 1, lettera b), detta disposizione enuncia due obblighi distinti, vale a dire che le scritture devono contenere, da un lato, l’MRN o, se non esiste, qualsiasi altro numero o codice che identifichi le dichiarazioni doganali con le quali le merci sono vincolate al regime speciale e, dall’altro, se il regime è stato appurato, le informazioni sulle relative modalità di appuramento.

Per quanto riguarda il primo di tali obblighi, la Corte ha osservato che, ai sensi dell’articolo 158, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione, il vincolo delle merci al regime doganale speciale della zona franca non richiede una dichiarazione in dogana, sicché non viene comunicato alcun MRN in occasione di tale vincolo.

Per quanto riguarda il secondo di tali obblighi, esso riguarda l’appuramento del regime speciale al quale le merci interessate sono state vincolate. Conformemente all’articolo 215, paragrafo 1, di tale codice, il regime doganale speciale della zona franca può essere appurato in quattro modi diversi. In primo luogo, quando le merci che ne sono oggetto sono vincolate a un successivo regime doganale; in secondo luogo, quando sono uscite dal territorio doganale dell’Unione; in terzo luogo, quando sono state distrutte e non restano i residui e, in quarto luogo, quando sono abbandonate allo Stato.

Nel caso di specie, i tre carichi di cui trattasi sono stati vincolati al regime doganale speciale della zona franca come merci non unionali e ne sono usciti in tempi brevi come merci unionali e siffatto cambiamento della posizione doganale può essere effettuato solo a seguito del vincolo di tali merci al regime doganale di immissione in libera pratica.

Di conseguenza, la Corte ha rilevato che per rispondere a tale questione occorreva partire dal presupposto che, contrariamente al vincolo iniziale delle merci interessate al regime speciale della zona franca, il successivo vincolo di tali merci al regime doganale di libera pratica avrebbe dovuto dar luogo a una dichiarazione in dogana e che, di conseguenza, nel momento in cui il regime della zona franca era stato appurato, il dichiarante avrebbe dovuto disporre di un MRN che identificasse tale dichiarazione.

Ciò posto, la Corte ha osservato che il secondo requisito di cui all’articolo 178, paragrafo 1, lettera b), del regolamento delegato 2015/2446 si limita a richiedere che le scritture del titolare contengano informazioni sulle modalità con cui il regime è stato appurato, senza esigere che un MRN figuri in tali scritture.

Analogamente, per quanto riguarda l’articolo 178, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento delegato, tale disposizione impone che i dati che consentono l’identificazione inequivocabile dei documenti oggetto di tale disposizione siano menzionati nelle scritture del titolare, senza esigere che un MRN figuri in queste ultime.

Ne consegue che tale disposizione non impone al titolare di indicare, nelle sue scritture, l’MRN che identifica la dichiarazione in dogana che ha dato luogo all’appuramento del regime doganale speciale di deposito in una zona franca mediante il vincolo delle merci di cui trattasi al regime doganale di immissione in libera pratica.

Con la seconda e la terza questione, esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte, in sostanza, se l’articolo 214, paragrafo 1, e l’articolo 215, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione, nonché l’articolo 178, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento delegato 2015/2446, dovessero essere interpretati nel senso che:

–        essi ostano a che il titolare iscriva nelle sue scritture l’appuramento del regime doganale speciale della zona franca rispetto a talune merci e che, in tale occasione, si limiti a includervi informazioni relative unicamente a una lettera di vettura CMR che accompagni tali merci al momento della loro uscita dalla zona franca interessata, recante indicazione della posizione doganale di dette merci, certificata dal timbro doganale e firmata da un funzionario doganale;

–        essi esigono che il titolare verifichi la veridicità di tale indicazione.

La Corte, nel rispondere nel senso di cui alla seconda massima, ha osservato che il titolare può adempiere i suoi obblighi di tenuta delle scritture relative all’appuramento del regime doganale speciale della zona franca al quale sono vincolate merci non unionali includendo, nelle sue scritture, informazioni relative a una lettera di vettura CMR che accompagni tali merci al momento della loro uscita dalla zona franca interessata, la quale indichi, sotto forma di dicitura apposta dalle autorità doganali, la posizione doganale di queste ultime, purché tali autorità abbiano esonerato dall’obbligo di fornire informazioni più esplicite quanto alle modalità di appuramento di tale regime doganale speciale in applicazione dell’articolo 178, paragrafo 3, del regolamento delegato 2015/2446, circostanza questa che, nel procedimento principale, spetta al giudice del rinvio verificare.

In secondo luogo, per quanto riguarda la verifica dell’indicazione della posizione doganale contenuta nelle lettere di vettura CMR, la Corte ha considerato che il codice doganale non menziona alcun obbligo specifico, per il titolare, di verificare l’esattezza delle enunciazioni e delle altre indicazioni contenute nei documenti che gli vengono trasmessi.

Se è vero che, in quanto professionista, il titolare deve dar prova di un minimo di vigilanza, tuttavia – a condizione che non sia manifesto, per qualsiasi professionista, alla lettura di una lettera di vettura che l’indicazione che quest’ultima menziona sia dubbia (circostanza da verificare tenendo conto che la dicitura relativa alla posizione delle merci interessate che figura nelle lettere di vettura CMR era certificata dal timbro doganale e firmata da un funzionario doganale) – non può essere addebitato al titolare di non aver verificato l’esattezza di detta dicitura.

Con la quarta questione, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di chiarire se il principio di tutela del legittimo affidamento debba essere interpretato nel senso che l’indicazione della posizione doganale di merci unionali figurante su una lettera di vettura CMR che accompagni tali merci al momento della loro uscita da una zona franca, certificata dal timbro doganale e firmata da un funzionario doganale, possa far sorgere un siffatto affidamento in capo al titolare quanto alla validità di un cambiamento della posizione doganale di tali merci alla luce della normativa doganale, sebbene tale lettera non indichi il fondamento di tale cambiamento.

Nell’affermare il principio di cui alla terza massima, la Corte ha premesso che l’articolo 178, paragrafo 3, del regolamento delegato 2015/2446 non prevede modalità precise secondo le quali le autorità doganali possano esonerare dall’obbligo di fornire talune delle informazioni previste ai paragrafi 1 e 2 di tale articolo. In tali circostanze, una prassi amministrativa costante consistente nel ritenere che l’inclusione, nelle scritture del titolare, delle informazioni relative a una lettera di vettura di CMR che accompagni le merci interessate al momento della loro uscita da una zona franca, corredata dall’indicazione della posizione doganale, certificata dal timbro doganale e firmata da un funzionario doganale, sia sufficiente ai fini dell’appuramento del regime doganale speciale non è in contrasto con l’articolo 178, paragrafo 1, lettere b) e c), e paragrafo 3, del regolamento delegato 2015/2446.

Pertanto il titolare può avvalersi, in presenza di una prassi siffatta, di un legittimo affidamento quanto alla conformità delle sue scritture all’articolo 178 del regolamento delegato 2015/2446. Ciò può verificarsi, in particolare, se le autorità doganali hanno, in passato, indicato al titolare in modo preciso, incondizionato e concordante che l’inclusione, nelle sue scritture, dei dati che consentono di identificare una lettera di vettura CMR recante tale indicazione era sufficiente per ritenere che quest’ultimo avesse adempiuto i suoi obblighi ai sensi di detto articolo. In un caso del genere, il titolare può nutrire un legittimo affidamento quanto al fatto che le autorità doganali, conformemente all’articolo 178, paragrafo 3, del regolamento delegato 2015/2446, lo abbiano esonerato dall’obbligo di fornire talune delle informazioni previste al paragrafo 1 di tale articolo.

Con la quinta questione, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di chiarire se il diritto dell’Unione ostasse all’applicazione di una disposizione nazionale vertente sull’autorità di cosa giudicata, che obbliga un giudice di uno Stato membro ad annullare un’obbligazione doganale dovuta dal titolare in applicazione dell’articolo 79 del codice doganale dell’Unione, per il motivo che il giudice di tale Stato membro competente a controllare la legittimità della sanzione amministrativa inflitta a tale titolare per le stesse operazioni doganali e per gli stessi motivi da cui deriva tale obbligazione ha accertato, in una decisione giudiziaria passata in giudicato, che quest’ultimo non è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della normativa doganale dell’Unione.

Nel rispondere al quesito, la Corte ha preliminarmente ricordato l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali. Infatti, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non possano più essere rimesse in discussione.

Pertanto, il diritto dell’Unione non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono forza di giudicato a una decisione, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale incompatibile con detto diritto. Il diritto dell’Unione non esige quindi che, per tener conto dell’interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto offerta dalla Corte, un organo giurisdizionale nazionale debba, necessariamente, ritornare sulla propria decisione avente autorità di cosa giudicata.

In assenza di una normativa dell’Unione in materia, le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Esse non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, sentenza 24/1/2025, n. 1743 – Pres. Bruschetta, Est. La Rocca – A.I.T. AG / Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e altri.

Valore doganale delle merci – Commissioni d’acquisto e compensi per mediazioni – Differenza.

Quando un commissionario per l’acquisto è intervenuto in nome proprio, ma ha rappresentato l’importatore il quale ha sostenuto da solo il rischio finanziario dell’avvenuta transazione, la transazione da prendere in considerazione per determinare il valore in dogana della merce importata è quella avvenuta fra il produttore/fornitore e l’importatore. Per tale motivo, la commissione d’acquisto versata dall’importatore al commissionario per l’acquisto non deve essere inclusa nel valore in dogana anche qualora l’importatore abbia qualificato come venditore il commissionario per l’acquisto nella sua dichiarazione di valore in dogana ed abbia dichiarato il prezzo della merce fatturato da detto commissionario. Ove, invece, si configuri l’esistenza di un terzo che agisce in favore di entrambe le parti del contratto di compravendita (venditore ed acquirente), mettendole in contatto ed avendo come unico fine la conclusione dell’affare, totalmente svincolato dal rapporto di fiducia che caratterizza invece la commissione d’acquisto, ricorre la figura del mediatore (broker) la cui commissione deve essere aggiunta al prezzo di vendita. Spetta, quindi all’importatore fornire prova all’Ufficio delle dogane della natura del rapporto e del ruolo svolto dall’intermediario, attraverso contratti, pagamenti, corrispondenza, lettere di credito e altri elementi fattuali da valutare caso per caso.

Alessandro

Già partner per oltre 12 anni in altro prestigioso studio legale tributario italiano, si occupa di diritto doganale e delle accise e di IVA, fornendo consulenza alle imprese ed assistenza innanzi alle autorità giudiziarie italiane e dell’Unione europea in caso di contenziosi.
E’ docente in corsi di formazione in materia doganale e processuale tributaria e dal 2008 al 2016 ha insegnato, quale aggiunto della materia “Legislazione e servizi in materia di dogane”, presso l’Accademia della Guardia di Finanza. Già docente a contratto di “Diritto doganale” presso alcune Università italiane, è autore di articoli, note a sentenze e monografie.