Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione V, sentenza 21/9/2023, causa C-770/21 – Pres. Regan, Rel. Gratsias – OGL-Food Trade Lebensmittelvertrieb GmbH c/ Direktor na Teritorialna direktsia «Mitnitsa Plovdiv» pri Agentsia «Mitnitsi»
Codice doganale dell’Unione – Articoli 70 e 74 – Determinazione del valore in dogana – Valore in dogana di prodotti ortofrutticoli ai quali si applica un prezzo di entrata – Regolamento (UE) n. 1308/2013 – Articolo 181 – Regolamento delegato (UE) 2017/891 – Articolo 75, paragrafi 5 e 6 – Valore di transazione dichiarato superiore al valore forfettario all’importazione – Smercio dei prodotti in condizioni che confermano la veridicità del valore di transazione – Vendita sottocosto da parte dell’importatore – Legami tra l’importatore e l’esportatore – Controllo giurisdizionale della decisione di fissazione dell’obbligazione doganale
L’articolo 75, paragrafi 5 e 6, del regolamento delegato (UE) 2017/891 della Commissione, del 13 marzo 2017 (che integra il regolamento UE n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i settori degli ortofrutticoli e degli ortofrutticoli trasformati, integra il regolamento UE n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le sanzioni da applicare in tali settori e modifica il regolamento di esecuzione UE n. 543/2011 della Commissione), deve essere interpretato nel senso che esso:
– osta a che un importatore che non abbia scelto, entro i termini previsti da tali disposizioni, di determinare il valore in dogana della partita importata ai sensi dell’articolo 74, paragrafo 2, lettera c), del Codice doganale dell’Unione, ma che abbia determinato invece tale valore conformemente all’articolo 70 di tale regolamento, si basi validamente, a sostegno del suo ricorso giurisdizionale avverso una decisione delle autorità doganali di fissazione dell’obbligazione doganale, su un calcolo del valore in dogana effettuato conformemente all’articolo 74, paragrafo 2, lettera c), del detto Codice, al fine di dimostrare, invocando l’articolo 134, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione, del 24 novembre 2015, recante disposizioni di applicazione del Codice, la veridicità dei prezzi di cui al detto articolo 70;
– osta a che l’autorità giudiziaria investita di un ricorso avverso una decisione di un’autorità doganale che fissa l’obbligazione doganale possa sollevare, d’ufficio e per la prima volta nel contesto della controversia dinanzi ad essa pendente, la questione se l’importatore e l’esportatore siano collegati, ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 3, lettera d), del Codice doganale dell’Unione, e, in caso di risposta affermativa, se gli eventuali legami esistenti tra loro abbiano influito o meno sul prezzo effettivamente pagato o da pagare, ai sensi di quest’ultima disposizione, quando il controllo doganale effettuato dall’autorità doganale non ha riguardato l’esistenza di tali legami, in quanto detta autorità ha respinto il valore di transazione dichiarato per motivi diversi, vertenti sulle condizioni di smercio della partita in questione sul mercato dell’Unione europea.
L’articolo 75, paragrafo 5, del regolamento delegato n. 2017/891 deve essere interpretato nel senso che:
lo smercio della partita di merci importate mediante una vendita sottocosto costituisce un serio indizio del carattere artificiosamente elevato del valore di transazione dichiarato che non obbliga l’importatore a fornire alle autorità doganali, al fine di dimostrare la veridicità di tale valore, oltre ai documenti relativi al trasporto, all’assicurazione, alla movimentazione e al magazzinaggio, espressamente menzionati al quarto comma di tale disposizione, e la prova del pagamento del valore di transazione dichiarato, anche un contratto o un documento equivalente contenente la stipulazione del prezzo al quale egli ha acquistato la partita importata, qualora tali primi documenti siano sufficienti a dimostrare la veridicità del valore di transazione dichiarato.
L’articolo 75, paragrafo 5, del regolamento delegato n. 2017/891 deve essere interpretato nel senso che:
ai fini della determinazione del valore in dogana, le autorità doganali devono respingere il valore di transazione dichiarato di una partita di merci importate qualora tale valore sia nettamente superiore al valore forfettario all’importazione fissato dalla Commissione europea, tale partita sia stata venduta sottocosto nel territorio doganale dell’Unione europea e, nonostante il fatto di essere stato invitato a presentare ogni documento comprovante che detta partita è stata smerciata in condizioni tali da confermare la veridicità di tale valore, l’importatore non abbia presentato documenti sufficienti a tal fine, quand’anche tali autorità non contestino l’autenticità della fattura emessa dall’esportatore né il pagamento effettivo di quest’ultima da parte dell’importatore.
Il 23 aprile 2019 la OGL-Food, in qualità di importatore, presentava all’Ufficio doganale di Svilengrad (Bulgaria) una dichiarazione in dogana per il regime di immissione in libera pratica per il consumo finale di «zucchine fresche», originarie della Turchia, rientranti nella sottovoce 0709 93 10 della nomenclatura tariffaria e statistica delle merci, per un peso di 4 800 kg e un valore in dogana, convertito in euro, di EUR 90,81 per 100 kg. L’esportatore era una società con sede in Antalya (Turchia).
La Commissione aveva fissato, per il 23 aprile 2019, il valore forfettario all’importazione per le zucchine di qualsiasi provenienza in EUR 53,80 per 100 kg. Poiché il valore di transazione dichiarato per la partita controversa superava di oltre l’8% il valore forfettario all’importazione, la OGL-Food forniva una garanzia pari a 982,17 leva bulgari (BGN) (circa EUR 502), ai sensi dell’articolo 75, paragrafo 2, del regolamento delegato 2017/891.
Tenuto conto delle spese di trasporto, scarico, lavorazione e assicurazione sostenute fino al punto di entrata della partita controversa nell’Unione europea, delle spese di trasporto dopo l’arrivo al suddetto punto di entrata e delle spese sostenute presso l’Agenzia bulgara per la sicurezza alimentare, le autorità doganali bulgare fissavano il prezzo totale che la OGL-Food aveva pagato per acquistare la partita controversa in EUR 109,6 per 100 kg.
Con lettera del 24 aprile 2019, le autorità doganali bulgare informavano la OGL-Food che, conformemente all’articolo 75, paragrafo 5, del regolamento delegato 2017/891, essa era tenuta a dimostrare, entro i termini previsti da tale disposizione, che la partita controversa era stata smerciata a condizioni tali da confermare la veridicità del valore di transazione dichiarato, fornendo documentazione probatoria.
In base al calcolo del prezzo di vendita derivante dai documenti forniti dalla OGL-Food, quest’ultima risultava aver venduto la partita controversa al prezzo di EUR 106 per 100 kg. Tenuto conto del fatto che quest’ultimo prezzo era inferiore al prezzo totale di EUR 109,6 per 100 kg che la OGL-Food aveva pagato per acquistare la merce, le autorità doganali bulgare concludevano che essa non avesse fornito la prova dello smercio di tale partita in condizioni che confermassero la veridicità del valore di transazione dichiarato e che, pertanto, conformemente all’articolo 75, paragrafo 5, terzo comma, del regolamento delegato 2017/891, la garanzia prestata dalla Società dovesse essere incamerata a titolo di pagamento dei dazi all’importazione.
La OGL-Food ricorreva avverso tale decisione sostenendo, anzitutto, che l’articolo 75 del regolamento delegato 2017/891 non impone di fornire la prova di una rivendita delle merci con un margine di utile per dimostrare la veridicità del valore di transazione dichiarato come valore in dogana. Inoltre, essa ha sottolineato che la vendita della partita controversa si inseriva nell’ambito di un rapporto commerciale di lunga durata con una catena internazionale di supermercati e che l’esame di tale rapporto su un periodo più lungo avrebbe permesso di osservare che quest’ultimo gli consentiva di realizzare utili. Infine, la OGL-Food osservava che il prezzo a cui essa aveva venduto la partita controversa era nettamente superiore al valore forfettario all’importazione calcolato dalla Commissione, il 23 aprile 2019, per prodotti identici a quelli facenti parte della partita controversa.
Il giudice adito, premesso che l’analisi su cui si fondava la decisione di fissazione dell’obbligazione doganale, sfavorevole alla OGL-Food, non appariva conforme alla giurisprudenza nazionale in tema di valutazione delle prove relative alla veridicità del valore di transazione dichiarato in applicazione dell’articolo 75, paragrafo 5, del regolamento delegato 2017/891, riteneva opportuno investire la Corte di Giustizia di alcune questioni pregiudiziali, rilevando d’ufficio l’eventualità che la OGL-Food intrattenesse con l’esportatore della partita controversa e con il suo cliente nell’Unione, rapporti che consentissero di qualificarli tutti come persone «collegate» ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 70, paragrafo 3, lettera d), e dell’articolo 74, paragrafo 2, lettera c), del codice doganale dell’Unione e chiedendo alla Corte di interpretare il detto articolo 75 nonché le norme del codice in tema di soggetti “collegati” ai fini del valore: la Corte di Giustizia ha affermato i principi di cui alle massime che precedono.
Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, ordinanza 13/7/2023, n. 20058 – Pres. Bruschetta, Rel. Gori – Agenzia delle Dogane e dei Monopoli c/ N. M. F.
Sanzioni doganali – Art. 303, d.P.R. n. 43/1973 – Principio di proporzionalità – Violazione – Conseguenze – disapplicazione della norma – Legittimità
Le modalità di quantificazione delle sanzioni previste, nel caso specifico, dall’art. 303, comma 3, lett. e) del d.P.R. n. 43 del 1973 (TULD), come sostituito dall’art.11 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla l. 26 aprile 2012, n. 44, che le determinano per l’importo dei diritti di confine recuperati (nella specie: € 4.851) in un ammontare minimo di 30.000 euro, eccedono il limite necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare l’evasione di un dazio doganale non versato superiore a 4mila ma inferiore a 5mila euro, attesa la misura fissa del minimo e l’impossibilità di adeguare le sanzioni alle circostanze specifiche del singolo caso. Pertanto, le norme di cui all’art. 303, citato, vanno disapplicate in quanto contrarie al diritto comunitario in tema di proporzionalità delle sanzioni, così come interpretato dalla Corte di giustizia.
La fattispecie riguardava la mancata dichiarazione in dogana di monete d’oro introdotte dalla Svizzera in Italia per un valore che aveva comportato il recupero di 4.851 euro di maggiori diritti doganali. La Corte, nell’affermare il principio di cui in massima, ha rilevato che l’art. 303 TULD “eccede il limite necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la violazione della norma tributaria, attesa l’entità dell’importo minimo applicabile in sede di sanzione, di 30.000 euro, pari ad oltre sei volte la misura dell’evasione contestata di 4.841,50 euro. E’ inoltre impossibile adeguare la sanzione alle circostanze specifiche del caso”: pertanto è stato condiviso l’operato del Giudice d’appello, che ha disapplicato l’art. 303, citato, rideterminando la sanzione in € 2.200, pari al 10% del valore delle monete d’oro, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della legge n. 7/2000, recante la disciplina del mercato dell’oro.
Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, ordinanza 19/7/2023, n. 21306 – Pres. Bruschetta, Rel. Hmeljak – Agenzia delle Dogane e dei Monopoli c/ XY S.a.
Classificazione doganale delle merci – Informazioni Tariffarie Vincolanti rilasciate successivamente ad importazioni oggetto di revisione – Valore probatorio della classificazione individuata nelle ITV – Sussiste
Sebbene, ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. a) del Reg. UE 952/2013 (recante il Codice Doganale dell’Unione), l’Informazione Tariffaria Vincolante (ITV) sia vincolante per le Autorità doganali dell’Unione soltanto in relazione alle merci per le quali le formalità doganali sono state espletate dopo la data a decorrere dalla quale tale Informazione ha efficacia, la Corte di Giustizia dell’Unione ha riconosciuto alla ITV una portata generale, potendo essere applicata alla generalità dei prodotti identici a quello esaminato. Ne discende che una ITV rilasciata da uno Stato membro a un soggetto terzo o a un importatore le cui merci siano oggetto di una revisione circa la classificazione è utilizzabile come mezzo di prova al fine di individuare la corretta classificazione della merce, se tale mezzo di prova è consentito dalle norme processuali vigenti nello Stato membro, nell’ambito delle controversie relative alla classificazione doganale della merce e al successivo pagamento dei dazi doganali.
Nel rigettare il ricorso dell’Agenzia, la Corte di Cassazione ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (sentenza 7 aprile 2011, C-153/10, Sony Supply Chain Solutions Europe, punto 44), affermando che la classificazione doganale di una merce, nell’ambito di una controversia con l’Amministrazione, possa essere provata anche tramite una Informazione Tariffaria Vincolante rilasciata all’importatore successivamente alle operazioni doganali oggetto di revisione, costituendo in quel caso la decisione non un provvedimento vincolante per la dogana bensì un mezzo di prova della corretta classificazione da attribuire alla merce.
Alessandro Fruscione
Già partner per oltre 12 anni in altro prestigioso studio legale tributario italiano, si occupa di diritto doganale e delle accise e di IVA, fornendo consulenza alle imprese ed assistenza innanzi alle autorità giudiziarie italiane e dell’Unione europea in caso di contenziosi.
E’ docente in corsi di formazione in materia doganale e processuale tributaria e dal 2008 al 2016 ha insegnato, quale aggiunto della materia “Legislazione e servizi in materia di dogane”, presso l’Accademia della Guardia di Finanza. Già docente a contratto di “Diritto doganale” presso alcune Università italiane, è autore di articoli, note a sentenze e monografie.