Corte di Giustizia, Sezione X, sentenza 15/6/2023, causa C-292/22 – Pres. e Rel. Gratsias – Teritorialna direktsia Mitnitsa Varna c/ «NOVA TARGOVSKA KOMPANIA 2004» e altro
Classificazione delle merci – Nomenclatura combinata – Voci 1511 e 1517 – Olio di palma raffinato, sbiancato e deodorato – Insussistenza di un metodo previsto per verificare la consistenza di un prodotto
La nomenclatura combinata che figura all’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune, nelle sue versioni risultanti dal regolamento di esecuzione (UE) 2018/1602 della Commissione, dell’11 ottobre 2018, e dal regolamento di esecuzione (UE) 2019/1776 della Commissione, del 9 ottobre 2019, deve essere interpretata nel senso che rientra nella voce 1517 una preparazione alimentare di olio di palma non ricompresa nella voce 1516 di tale nomenclatura e che sia stata sottoposta a un trattamento diverso dalla raffinazione, mentre la questione se tale preparazione sia stata chimicamente modificata a causa di tale trattamento è al riguardo irrilevante.
In mancanza di metodi e di criteri definiti in tale nomenclatura al fine di determinare se una siffatta preparazione abbia subito un trattamento diverso dalla raffinazione, le autorità doganali possono scegliere il metodo appropriato a tal fine, a condizione che esso possa condurre a risultati conformi a detta nomenclatura, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
L’8 aprile 2019 otto container provenienti dalla Turchia, aventi come destinatario la NTK 2004, giungevano al terminale portuale di Varna Ovest (Bulgaria). Secondo la dichiarazione in dogana, la merce contenuta era «olio di palma MP 36-39 in CA 20-20 kg netti in cartoni», rientrante nel codice TARIC 1511 90 99 00, con aliquota dei dazi doganali all’importazione del 9%.
Il 28 settembre 2020 cinque container con la stessa provenienza, lo stesso esportatore e lo stesso destinatario giungevano allo stesso terminal portuale ed erano dichiarati con il medesimo codice TARIC. I servizi doganali competenti eseguivano un controllo prelevando un campione delle merci, esaminato dal competente Laboratorio centrale delle dogane bulgare.
Questo, il 7 gennaio 2021, presentava una relazione in cui indicava che, secondo il metodo adottato, tale campione costituiva «“shortening” d’olio di palma», ossia una preparazione composta esclusivamente da olio di palma o da sue frazioni, non chimicamente modificata ma ottenuta mediante testurizzazione, destinata ad essere utilizzata in prodotti alimentari, come la pasta.
Sulla base di tali caratteristiche, la dogana bulgara classificava il prodotto nella sottovoce 1517 90 99, assoggettato ad un’aliquota di dazio doganale del 16%, dato che esso aveva subito, oltre alla raffinazione, un’ulteriore trasformazione irreversibile volta a modificare la struttura cristallina, mediante un processo di testurizzazione specificamente menzionato nelle note esplicative del SA relative alla voce 1517.
Inoltre, l’esito delle analisi veniva esteso anche alle merci dichiarate l’8 aprile 2019, in quanto tali merci erano identiche a quelle dichiarate il 28 settembre 2020. Pertanto, la dogana bulgara infliggeva alla NTK 2004 una sanzione pecuniaria pari a 17 895,95 leva bulgari (BGN) (circa EUR 9 153), pari al 100% dei dazi non versati.
Il Tribunale distrettuale di Devnia, Bulgaria, adito con ricorso dalla NTK 2004, annullava la decisione della dogana, poiché la frode doganale non era stata accertata. Tale giudice ha ritenuto, in particolare, che non fosse stata provata una convalida ufficiale del metodo utilizzato dal laboratorio chimico e che tale decisione fosse erroneamente fondata sulle note esplicative del SA, che fanno riferimento al processo di testurizzazione, in quanto prive di forza vincolante.
La dogana bulgara impugnava la sentenza e il giudice adito sottoponeva alcune questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia.
Con le questioni dalla prima alla terza e quinta, il giudice del rinvio ha chiesto, in sostanza, se la NC debba essere interpretata nel senso che una merce descritta dal suo produttore come «olio di palma testurizzato» rientri nella voce 1511 o nella voce 1517 di tale nomenclatura.
Nel rispondere nel senso di cui in massima, la Corte di Giustizia ha rilevato che la voce 1511 della NC comprende, secondo la sua formulazione, «olio di palma e sue frazioni, anche raffinat[e], ma non chimicamente modificat[e]».
Dalla nota esplicativa del Sistema Armonizzato relativa alla voce 1511, il cui testo è identico a quello della voce 1511 della NC, risulta che l’olio di palma è destinato a diversi usi e che, quando è raffinato, è utilizzato per l’alimentazione, in particolare come grasso di cottura e per la fabbricazione della margarina.
Per quanto riguarda la voce 1517 della NC, essa comprende, oltre alla «margarina», le «miscele o preparazioni alimentari di grassi o di oli animali o vegetali o di frazioni di differenti grassi o oli di questo capitolo, diversi dai grassi e dagli oli alimentari e le loro frazioni della voce 1516», vale a dire diversi dai «[g]rassi e oli animali o vegetali e loro frazioni, parzialmente o totalmente idrogenati, interesterificati, riesterificati o elaidinizzati, anche raffinati, ma non altrimenti preparati».
La Corte ne ha dedotto che la caratteristica essenziale delle merci che possono rientrare nella voce 1517 è che esse costituiscono «miscele», vale a dire prodotti ottenuti da miscele di grassi e/o di oli, o «preparazioni», vale a dire prodotti ottenuti con un solo grasso o olio, che sono stati sottoposti a un trattamento mediante processi che sono, a titolo indicativo, citati nelle relative note esplicative del SA. Nulla indica, né nella NC, né nelle note esplicative della NC o del SA, che per rientrare nella voce 1517 una miscela o una preparazione deve essere stata sottoposta a un trattamento che comporta la modifica chimica dei prodotti che la compongono.
D’altra parte, la Corte ha osservato che la voce 1511 comprende sia l’olio di palma greggio e le sue frazioni, sia l’olio di palma raffinato e le sue frazioni raffinate ma non chimicamente modificate; pertanto, non possono rientrare in tale voce gli oli di palma sottoposti a un trattamento diverso dalla raffinazione. A tal riguardo, la questione se tali prodotti siano stati chimicamente modificati a causa di tale trattamento è irrilevante.
La Corte ha concluso che per escludere la classificazione dei prodotti di cui trattasi nella voce 1511 è sufficiente determinare se detti prodotti abbiano subito un qualsiasi trattamento diverso dalla raffinazione, come la testurizzazione, che consiste, secondo la relativa nota esplicativa del SA, nella modificazione della tessitura o della struttura cristallina del prodotto di cui trattasi.
La Corte ha poi risposto ad un ulteriore quesito del giudice del rinvio, con cui è stato chiesto di precisare se, in mancanza di metodi e criteri regolamentari relativi alla verifica della consistenza di un prodotto come quello di cui trattasi al fine di dimostrare il suo trattamento mediante testurizzazione, le autorità doganali siano autorizzate a sviluppare e ad applicare le proprie procedure di verifica.
La Corte ha osservato che né la NC né le note esplicative di quest’ultima indicano un metodo specifico secondo il quale occorrerebbe, se del caso, analizzare la consistenza di un prodotto come quello di cui trattasi; tuttavia, anche quando un metodo è specificamente previsto nelle note esplicative della NC, esso non deve essere considerato come l’unico metodo applicabile ai fini della verifica delle caratteristiche essenziali dei prodotti interessati, come la loro consistenza.
Quindi, se le autorità doganali di uno Stato membro o un operatore economico ritengono che un metodo previsto dalle note esplicative della NC non conduca ad un risultato conforme alla NC, esse possono proporre un ricorso dinanzi all’autorità competente. Spetterà, in tal caso, al giudice adito decidere quale sia il metodo più appropriato per determinare le caratteristiche dei prodotti di cui trattasi essenziali per la loro classificazione. A fortiori, si deve ritenere che, qualora nessun metodo sia previsto dalla normativa applicabile, le autorità doganali sono libere di applicare il metodo di loro scelta, a condizione che tale metodo possa condurre a risultati conformi alla NC, circostanza che, in caso di contestazione, spetterà al giudice nazionale verificare.
Corte di Giustizia, Sezione V, sentenza 8/6/2023, causa C-640/21 – Pres. Regan, Rel. Gratsias – SC Zes Zollner Electronic SRL c/ Direcţia Regională Vamală Cluj – Biroul Vamal de Frontieră Aeroport Cluj-Napoca
Codice doganale dell’Unione – Quantitativo eccedente di merci scoperto dopo la concessione dello svincolo delle merci – Articolo 173 – Modifica di una dichiarazione in dogana – Merci diverse da quelle che costituivano originariamente oggetto della dichiarazione da modificare – Articolo 174 – Invalidamento di una dichiarazione in dogana – Articolo 42 – Sanzioni inflitte dalle autorità doganali competenti – Regolamento delegato (UE) 2015/2446
Gli articoli 173 e 174 del Codice doganale dell’Unione devono essere interpretati nel senso che essi non sono applicabili nel caso in cui il dichiarante constati, dopo aver presentato la sua dichiarazione in dogana e dopo la concessione dello svincolo, che un quantitativo eccedente di merci rispetto a quello inizialmente oggetto di tale dichiarazione avrebbe anch’esso dovuto costituire oggetto di detta dichiarazione, qualora:
– da un lato, una domanda di modifica di una dichiarazione in dogana, sulla base della prima di tali disposizioni, non possa essere ammessa ove essa sia diretta a modificare tale dichiarazione al fine di farne diventare oggetto un quantitativo di merci eccedente rispetto a quello ivi indicato e
– dall’altro, una domanda di invalidamento di una dichiarazione in dogana, sulla base della seconda di tali disposizioni, non possa essere accolta ove tale domanda sia stata presentata dopo la concessione dello svincolo delle merci, senza tuttavia rientrare tra i casi determinati dalla Commissione europea in applicazione dell’articolo 175 di tale regolamento.
Il Codice doganale dell’Unione, in particolare l’articolo 42, l’articolo 139, paragrafo 1, e l’articolo 158, paragrafo 1, del medesimo, deve essere interpretato nel senso che qualora un dichiarante constati, dopo la concessione dello svincolo, che il quantitativo delle merci importate è superiore a quello indicato nella sua dichiarazione in dogana, egli è tenuto a procedere a una nuova dichiarazione per quanto riguarda tale quantitativo eccedente. Se, nel caso di una simile dichiarazione tardiva, le autorità doganali sono indotte ad applicare una normativa nazionale che prevede sanzioni conformemente all’articolo 42 di tale regolamento, esse devono tener conto, per procedere alla qualificazione giuridica dell’infrazione eventualmente commessa e per determinare, se del caso, le sanzioni relative all’inosservanza della normativa doganale da imporre, di tutti gli elementi pertinenti, ivi compresa, se del caso, la buona fede del dichiarante, al fine di garantire che tali sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive.
La Zes Zollner Electronic (ZZE) riceveva una spedizione dalla Svizzera di circuiti integrati elettronici. Al ricevimento di tale spedizione, i dipendenti della ZZE constatavano che il pacco conteneva un quantitativo doppio rispetto a quello indicato nella fattura n. VFE19‑03169 del 2 luglio 2019 e che il fornitore aveva emesso, in pari data, la fattura n. VFE19‑03168 per la residua parte della merce, fattura che non era stata inclusa nella dichiarazione resa alle autorità doganali.
Pertanto, il 9 luglio 2019 la ZZE presentava, presso l’ufficio doganale di frontiera dell’aeroporto di Cluj-Napoca, in Romania, una richiesta di correzione dell’irregolarità constatata tramite l’adozione, da parte delle autorità doganali, di una decisione di regolarizzazione della situazione e di calcolo dei relativi obblighi doganali.
Il 2 settembre 2019 l’autorità doganale competente emetteva un processo verbale, secondo il quale la ZZE avrebbe intenzionalmente sottratto al controllo doganale i beni relativi alla fattura n. VFE19-0318 del 2 luglio 2019. Essa ha quindi inflitto a tale società una sanzione amministrativa pecuniaria dell’importo di RON 3 000 per aver commesso l’infrazione amministrativa di cui all’articolo 653, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di applicazione del codice doganale romeno, nonché una sanzione complementare dell’importo di RON 27 839 in forza dell’articolo 654 di detto regolamento.
La ZZE contestava tale processo verbale dinanzi ai giudici romeni, che sottoponevano alcune questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Con le prime due questioni, il giudice del rinvio ha chiesto sostanzialmente se gli articoli 173 e 174 del codice doganale dell’Unione (CDU) debbano essere interpretati nel senso che essi sono applicabili nel caso in cui il dichiarante constati, dopo aver presentato la sua dichiarazione in dogana e dopo la concessione dello svincolo, che un quantitativo eccedente di merci rispetto a quelle inizialmente oggetto di tale dichiarazione avrebbe anch’esso dovuto costituire oggetto di detta dichiarazione.
La Corte ha osservato che dal combinato disposto dei paragrafi 1 e 3 dell’articolo 173 CDU la modifica di una dichiarazione in dogana non può, in nessun caso, essere autorizzata se ha l’effetto di far diventare oggetto della dichiarazione in dogana merci diverse da quelle che ne costituivano l’oggetto iniziale. Pertanto, per determinare se tale articolo sia applicabile in un caso come quello sottopostole, la Corte ha interpretato la nozione di «merci diverse da quelle che costituivano l’oggetto iniziale della dichiarazione in dogana».
Per quanto riguarda, in primo luogo, il tenore letterale dell’articolo 173, paragrafo 1, ultima frase, CDU, la Corte ha constatato che l’utilizzo dell’aggettivo «diverse» rende la formulazione di tale disposizione sufficientemente ampia da escludere qualsiasi modifica riguardante merci non contemplate dalla dichiarazione iniziale, ivi comprese merci quantitativamente eccedenti rispetto alle merci dichiarate. Infatti, anche se le merci di cui trattasi sono qualitativamente identiche alle merci contemplate da tale dichiarazione, una simile eccedenza corrisponde a merci che, per l’appunto, non sono state inizialmente oggetto di detta dichiarazione in dogana.
In secondo luogo, un’interpretazione restrittiva dell’articolo 173, paragrafo 1, CDU, che esclude la possibilità di una modifica relativa a merci che rappresentano un quantitativo eccedente rispetto a quello indicato nella dichiarazione in dogana iniziale è corroborata dal contesto in cui tale disposizione si inserisce e di cui fa parte il paragrafo 3 di tale articolo 173. Tale paragrafo 3 prevede certamente la possibilità di modificare una dichiarazione in dogana dopo lo svincolo, ma solo «per consentire al dichiarante di adempiere ai suoi obblighi riguardanti il vincolo delle merci al regime doganale in questione». A tale riguardo, nei limiti in cui si può ritenere che una merce sia stata vincolata a un simile regime solo dopo essere stata dichiarata, l’articolo 173 del codice doganale dell’Unione può riguardare soltanto merci portate all’attenzione delle autorità doganali mediante la dichiarazione in dogana di cui si chiede la modifica. Orbene, ciò non può verificarsi nel caso di un quantitativo di merci eccedente rispetto a quello inizialmente dichiarato.
Per quanto riguarda, in terzo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui al procedimento principale, la Corte ha rilevato che essi avvalorano un’interpretazione dell’articolo 173, paragrafo 1, CDU, che esclude la possibilità di una modifica relativa a merci che rappresentano un quantitativo eccedente rispetto a quello indicato nella dichiarazione in dogana iniziale, in particolare l’obiettivo della lotta antifrode, enunciato al “considerando” 15 del CDU.
Infatti, da un lato, l’obbligo per i dichiaranti di fornire nelle loro dichiarazioni informazioni esatte e complete svolge un ruolo essenziale nel buon funzionamento dei controlli doganali nonché nella lotta contro frodi e irregolarità. È quindi coerente con il perseguimento di tale obiettivo che le possibilità di modifica delle dichiarazioni in dogana siano strettamente limitate. Dall’altro lato, da tale “considerando” risulta che i controlli doganali sono inerenti alla realizzazione di tale obiettivo.
Pertanto, l’articolo 173 CDU deve essere interpretato nel senso che una domanda di modifica di una dichiarazione in dogana non può essere ammessa qualora sia diretta a modificare tale dichiarazione al fine di farne diventare oggetto un quantitativo di merci eccedente rispetto a quello ivi indicato.
Per quanto riguarda poi l’articolo 174 CDU, esso dispone che, in determinati casi di cui al suo paragrafo 1, le autorità doganali possono invalidare una dichiarazione in dogana già accettata, con la conseguenza che l’obbligazione doganale risultante dalla dichiarazione invalidata è estinta e quest’ultima diviene nulla.
Orbene, come precisato dal paragrafo 2 dell’articolo 174 di tale codice, un simile invalidamento è possibile, «salvo che sia altrimenti disposto», solo prima della concessione dello svincolo. Pertanto, dopo tale concessione, l’articolo 174 non è, in linea di principio, applicabile.
L’articolo 175 di tale codice conferisce tuttavia alla Commissione il potere di adottare atti delegati al fine di stabilire i casi in cui la dichiarazione in dogana è invalidata dopo lo svincolo delle merci di cui all’articolo 174, paragrafo 2, CDU.
È in particolare sulla base di tale disposizione che la Commissione ha adottato il regolamento delegato 2015/2446 che, all’articolo 148, prevede i casi in cui l’invalidamento di una dichiarazione in dogana sia autorizzato anche dopo la concessione dello svincolo delle merci, casi nei quali non rientra quello sottoposto alla Corte.
Tenuto conto di quanto sopra esposto, per la Corte l’articolo 174 CDU deve essere interpretato nel senso che, in un caso come quello in esame, una domanda di invalidamento di una dichiarazione in dogana non può essere accolta qualora tale domanda sia stata presentata dopo la concessione dello svincolo delle merci, senza tuttavia rientrare tra i casi determinati dalla Commissione in applicazione dell’articolo 175 CDU.
Con la sua terza questione, il giudice del rinvio ha chiesto poi sostanzialmente se il codice doganale dell’Unione debba essere interpretato nel senso che, qualora un dichiarante constati, dopo la concessione dello svincolo, che il quantitativo delle merci importate è superiore a quello indicato nella sua dichiarazione in dogana, egli può regolarizzare la sua situazione in applicazione delle disposizioni di tale codice diverse dagli articoli 173 e 174 senza che gli siano inflitte sanzioni.
A tale riguardo la Corte ha rilevato che, in un caso del genere, il dichiarante è comunque tenuto, in forza dell’articolo 139, paragrafo 1, e dell’articolo 158, paragrafo 1, di tale codice, a dichiarare i quantitativi di merci eccedenti rispetto a quelli indicati in tale dichiarazione. Detto codice non esclude tuttavia che le autorità doganali possano, pur accettando una simile dichiarazione tardiva, imporre a tale dichiarante sanzioni relative all’inosservanza della normativa doganale.
Infatti, conformemente all’articolo 42, paragrafo 1, CDU, ciascuno Stato membro prevede sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa doganale che devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Al riguardo, in assenza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri sono competenti a scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi sono tuttavia tenuti a esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità.
Pertanto, quando le autorità doganali applicano delle sanzioni, esse devono tener conto, sia per procedere alla qualificazione giuridica dell’infrazione eventualmente commessa sia per determinare, se del caso, le sanzioni relative all’inosservanza della normativa doganale da imporre, di tutti gli elementi pertinenti, ivi compresa la buona fede del dichiarante, al fine di garantire che tali sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive.
Già partner per oltre 12 anni in altro prestigioso studio legale tributario italiano, si occupa di diritto doganale e delle accise e di IVA, fornendo consulenza alle imprese ed assistenza innanzi alle autorità giudiziarie italiane e dell’Unione europea in caso di contenziosi.
E’ docente in corsi di formazione in materia doganale e processuale tributaria e dal 2008 al 2016 ha insegnato, quale aggiunto della materia “Legislazione e servizi in materia di dogane”, presso l’Accademia della Guardia di Finanza. Già docente a contratto di “Diritto doganale” presso alcune Università italiane, è autore di articoli, note a sentenze e monografie.