Premessa

La Commissione europea ha adottato, con sempre maggior frequenza, regolamenti di classifica finalizzati a garantire l’applicazione uniforme della nomenclatura combinata dell’Unione europea. Spesso, infatti, accade che società situate nello stesso ovvero in diversi Stati membri attribuiscano al medesimo bene differenti voci doganali, dando luogo a obbligazioni doganali non omogenee. In sede di sdoganamento, pertanto, un operatore economico potrebbe subire un trattamento daziario più oneroso rispetto a un suo concorrente che ha importato prodotti identici, dichiarandoli tuttavia sotto un codice tariffario diverso.

Circostanza analoga si verifica quando due Paesi membri emettono Informazioni tariffarie vincolanti (ITV) contrastanti aventi a oggetto merci del tutto analoghe, generando così una disparità di trattamento tra importatori.

In tutte queste ipotesi la Commissione europea, di propria iniziativa ovvero su segnalazione di un’impresa o di associazioni di categoria, può emettere un regolamento di classifica, allo scopo di definire la corretta voce doganale; occorre tuttavia valutare con estrema attenzione quali possano essere le conseguenze pratiche. Per le aziende, infatti, si potrebbero verificare diversi scenari a seconda della tipologia di regolamento e di classificazione dallo stesso attribuita. Potrebbe, infatti, sorgere, da un lato, un’obbligazione tributaria più elevata, che, in talune circostanze, potrebbe condurre l’Agenzia delle dogane al recupero dei maggiori diritti, dall’altro, invece, potrebbe determinarsi un’obbligazione doganale inferiore, con conseguente possibilità per l’operatore di chiedere il rimborso della differenza daziaria indebitamente versata.

I regolamenti di classificazione

L’Organizzazione mondiale delle dogane (OMD) pubblica regolarmente note esplicative relative al SA ed emette pareri di classificazione. In mancanza di tali pareri o quando l’interpretazione data da questi sembra inconciliabile con i termini della voce della NC, o se questi superano manifestamente il potere discrezionale concesso all’OMD, nonché laddove via sia evidenza che prodotti identici siano classificati con codici differenti, spetta al legislatore unionale interpretare, per via regolamentare e sotto il controllo della Corte di Giustizia, la nomenclatura combinata per stabilire come deve essere applicata nell’UE.

A tale scopo, il Consiglio ha attribuito alla Commissione europea, che agisce di concerto con gli esperti doganali degli Stati membri, un ampio potere discrezionale quanto alla precisazione del contenuto delle voci tariffarie di cui tenere conto per la classificazione di una determinata merce.

In particolare, ai sensi dell’art. 9, par. 1, lett. a), b), d) ed e) del Reg. (CEE) n. 2658/87, la Commissione può adottare regolamenti di classificazione aventi lo scopo di garantire l’applicazione uniforme della nomenclatura combinata nel territorio unionale[1]. Tali regolamenti, che, a differenza delle note esplicative, sono legalmente vincolanti, sono emanati nella forma di regolamenti di esecuzione e individuano, singolarmente o per gruppi di prodotti, l’esatta classifica doganale.

Poiché la Commissione europea non può modificare il contenuto del SA, un regolamento di classifica che riguarda le prime sei cifre della nomenclatura può essere solo interpretativo; se, invece, disponesse che un prodotto riconducibile a una voce debba essere classificato sotto un’altra voce del SA, modificando così il contenuto di una voce del SA, tale regolamento sarebbe dichiarato invalido dalla Corte di Giustizia, avendo lo stesso violato gli impegni internazionali della Commissione[2].

Per contro, nel quadro delle sottovoci della NC (settima e ottava cifra), la Commissione dispone di maggiore margine di manovra e può adottare sia regolamenti interpretativi che regolamenti di carattere normativo, atti a precisare requisiti complementari per classificare un prodotto in una determinata voce della NC. Se i primi, di norma, possono applicarsi al passato, tuttavia, i secondi produrranno effetti solo per il futuro.

Di conseguenza, la questione relativa al rimborso, allo sgravio o al recupero a posteriori dell’obbligazione doganale si pone esclusivamente per i regolamenti aventi carattere interpretativo, i quali, da un punto di vista giuridico, non hanno effetto retroattivo.

Al riguardo, infatti, la Corte di Giustizia ha affermato che “il principio della certezza del diritto osta a che un regolamento venga applicato retroattivamente, e ciò a prescindere dalle conseguenze favorevoli o sfavorevoli che una siffatta applicazione potrebbe avere per l’interessato, a meno che vi siano indizi sufficientemente chiari, vuoi nella sua lettera, vuoi nei suoi obiettivi, i quali consentano di concludere che il regolamento non disponga esclusivamente per l’avvenire (sentenza Duchon, C‑290/00, EU:C:2002:234, punto 21 e giurisprudenza ivi citata). Nel caso di specie, nessun elemento nel preambolo del regolamento n. 754/2004, nel testo delle sue disposizioni o nel suo allegato suggerisce che tale regolamento debba essere applicato retroattivamente. In ogni caso, la Corte ha già avuto occasione di precisare che un regolamento che definisce le condizioni di classificazione in una voce o in una sottovoce tariffaria della NC non può avere effetti retroattivi (v., in tal senso, sentenze Siemers, 30/71, EU:C:1971:111, punto 8; Gervais‑Danone, 77/71, EU:C:1971:129, punto 8, e Biegi, 158/78, EU:C:1979:87, punto 11)”[3].

La Commissione europea ha, tuttavia, chiarito che, sebbene i regolamenti di classificazione non abbiano efficacia retroattiva, “l’esattezza della classificazione che impongono dipende da fatti e norme di diritto applicabili non soltanto per il futuro, ma anche per il passato. In altri termini, tali regolamenti di classificazione possono essere presi in considerazione per l’interpretazione della NC anche per il periodo precedente alla loro adozione[4].

Alcuni regolamenti interpretativi, limitandosi a chiarire regole già esistenti relative alla classificazione doganale di una determinata merce, potrebbero valere anche per il passato e, pertanto, occorre esaminare quali potrebbero essere gli effetti nei confronti degli operatori economici, a seconda delle diverse circostanze.

Tipologie di regolamento ed effetti

Le conseguenze dell’adozione di un regolamento di classifica “interpretativo” con riferimento al recupero a posteriori, allo sgravio o al rimborso dei dazi doganali sono diverse a seconda della tipologia di regolamento. In particolare, la Commissione europea ha effettuato una distinzione tra: i) i regolamenti di classifica che intervengono ex novo (c.d. “nuovi” regolamenti) e ii) quelli che modificano o abrogano un regolamento precedente[5].

In tale ultima circostanza, il regolamento potrebbe intervenire per tenere conto di elementi che non erano stati presi in considerazione in passato ovvero per precisare le ragioni che inducono a classificare un prodotto sotto una determinata voce, diversa rispetto a quella indicata in precedenza. La classificazione “aggiornata” potrebbe determinare un’obbligazione doganale meno elevata e, per l’effetto, le società interessate possono chiedere il rimborso o lo sgravio dei dazi doganali entro il termine di tre anni dalla data in cui è sorta l’obbligazione[6]. Tale richiesta, tuttavia, non può essere avanzata laddove il regolamento di classifica fa esplicitamente riferimento, nei suoi considerando, al fatto che lo stesso non abbia effetto retroattivo né fornisce un orientamento interpretativo su base retroattiva[7].

Più articolato, invece, è il caso in cui il secondo regolamento prevede un’obbligazione doganale più elevata rispetto al precedente, imponendo, ad esempio, una voce che impone un dazio del 5% in luogo del dazio “abrogato” dell’1%. In virtù dei principi di legalità, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento degli importatori che hanno beneficiato, per un certo periodo, di una classificazione tariffaria più favorevole, l’Agenzia delle dogane non potrebbe pretendere il pagamento di importi più elevati, considerando altresì che il primo regolamento risulterebbe abrogato dalla data di entrata in vigore del secondo.

Gli operatori economici che, tuttavia, nel corso di validità del regolamento abrogato, avessero dichiarato il prodotto interessato sotto una voce che comporta un dazio doganale superiore (nell’esempio, all’1%) potrebbero, anche dopo la pubblicazione del secondo regolamento, ottenere un rimborso o uno sgravio dei dazi corrispondente alla differenza tra l’importo determinato sulla base dell’aliquota superiore utilizzata e quello determinato sulla base dell’aliquota risultante dal primo regolamento. E invero, poiché tale regolamento sarebbe abrogato con effetto alla data di entrata in vigore del secondo, le società potrebbero ancora fondare una domanda di rimborso di dazi pagati in eccesso prima dell’entrata in vigore del secondo regolamento invocando il primo, sempre a condizione che tale richiesta sia effettuata nel termine triennale di prescrizione.

Infine, occorre analizzare cosa può accadere quando la Commissione europea emette un regolamento di classificazione “nuovo”. Anche in tale ipotesi la voce doganale specificata potrebbe determinare un’obbligazione tributaria più o meno elevata rispetto alla situazione precedente.

Nel primo caso, poiché il regolamento di classifica non fa che consolidare (e interpretare) le note esplicative e una fattispecie anteriore alla sua entrata in vigore, il rimborso (o lo sgravio) dei dazi è possibile[8].

Qualora, invece, risultasse l’applicazione di diritti doganali superiori, le autorità doganali potrebbero avviare il recupero del maggiore importo, a meno che l’operatore economico non dimostri la presenza delle condizioni per la non contabilizzazione a posteriori, di cui all’art. 119 del CDU[9].

I regolamenti di classifica in presenza di ITV

Un caso particolare riguarda gli effetti giuridici che i regolamenti di classifica producono quando si riferiscono a determinati prodotti oggetto di Informazioni tariffarie vincolanti (ITV). Per avere certezza in ordine alla classificazione doganale dei propri prodotti e, pertanto, conoscere le formalità doganali connesse in importazione e in esportazione relativamente a uno specifico bene, nonché allo scopo di prevenire possibili contestazioni da parte dell’Agenzia delle dogane, gli operatori economici possono chiedere un parere vincolante all’Amministrazione doganale, attraverso l’istituto dell’ITV[10].

Ai sensi dell’art. 33, c. 2, del CDU, la decisione ITV è vincolante, per tre anni, sia per le autorità doganali che l’hanno emessa, sia per tutte le autorità doganali dei Paesi membri, ma soltanto per le merci per le quali le formalità doganali sono espletate dopo la data a decorrere dalla quale l’ITV ha efficacia[11]. La decisione è altresì vincolante per l’operatore economico, il quale, ricevuta l’ITV, non può discostarsi dalla voce doganale attribuita al bene esaminato[12].

Le ITV non possono essere modificate, ma, in tassativi casi previsti dal legislatore comunitario, perdono la loro efficacia[13].

In particolare, ai sensi dell’art. 34, par. 1 del CDU, “una decisione ITV cessa di essere valida prima dello scadere del periodo di cui all’articolo 33, paragrafo 3 [tre anni], qualora non sia più conforme alla legislazione in conseguenza […] dell’adozione delle misure di cui all’articolo 57, paragrafo 4, con effetto dalla data di applicazione della modifica o delle misure”. Nello specifico, l’art. 57, par. 4 del CDU – su cui si basa la Commissione europea per emettere i regolamenti di classifica – riconosce alla Commissione il potere di “adottare misure intese a determinare la classificazione tariffaria delle merci”. Rientra, per l’appunto, tra tali misure il regolamento di classifica, che può essere adottato dalla Commissione, ai sensi dell’art. 58, par. 2 del CDU, il quale stabilisce che “la Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, le misure di cui all’articolo 57, paragrafo 4”.

In definitiva, pertanto, un’ITV cessa di essere valida a seguito della pubblicazione di un regolamento di classifica che impone l’applicazione di una specifica voce doganale a una determinata merce in tutto il territorio unionale[14].

A seguito di tale circostanza, la Commissione europea ha individuato due possibili scenari a seconda che la classifica specificata nel regolamento corrisponda oppure differisca da quella riportata nell’ITV[15]. Se nel primo caso l’ITV resta valida, poiché non modifica l’obbligazione doganale, nel secondo, invece, si potrebbe verificare una tassazione più o meno elevata.

Qualora il regolamento di classifica individuasse un codice tariffario che prevede un’imposizione daziaria maggiore, l’ITV può continuare a essere invocata per un periodo non superiore a sei mesi (c.d. periodo di grazia), salvo che il provvedimento stesso escluda l’uso esteso o stabilisca un periodo di tempo più breve[16]. Tenuto conto del principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto, l’Agenzia delle dogane non può recuperare a posteriori i maggiori diritti doganali.

Se, al contrario, è prevista un’obbligazione doganale meno elevata, l’ITV cessa di essere valida a partire dalla data di pubblicazione, ma per le operazioni passate è possibile chiedere il rimborso (o lo sgravio) dei dazi doganali, nel limite del termine triennale di prescrizione. In particolare, l’operatore economico potrà presentare, all’Agenzia delle dogane presso la quale è sorta l’obbligazione, tante istanze di rimborso, utilizzando il modello REP, quante sono state le dichiarazioni doganali a fronte delle quali sono stati pagati i maggiori diritti in relazione alla medesima merce oggetto del provvedimento legislativo. Alle domande dovrà essere ri-allegata la documentazione presentata a suo tempo all’atto dell’importazione (fatture, documenti di trasporto, ecc.), nonché dovrà essere inserito il nominativo del rappresentante doganale, il codice delle merci, la quantità e il peso. Inoltre, dovranno essere indicati sia l’importo del dazio da recuperare sia la ratio giuridica della domanda di rimborso che, nel caso di specie, sarà “A” (importo del dazio all’importazione applicato in eccesso[17]). Spesso, infine, le autorità doganali chiedono alle società di presentare, unitamente all’istanza o in separata sede, un’autodichiarazione in cui si rinuncia al recupero dell’Iva all’importazione (sia sui beni che sul dazio), essendo la stessa già stata portata in detrazione dall’impresa.

Lorenzo Ugolini

[1] L’adozione di un regolamento di classifica avviene nell’ambito della procedura definita dall’art. 10 del Reg. (CEE) n. 2658/87.

[2] Il potere della Commissione europea, infatti, non comporta l’autorizzazione a modificare il contenuto delle voci tariffarie stabilite sulla base del SA. La Commissione si è infatti impegnata, in virtù dell’art. 3 della Convenzione internazionale di Bruxelles, “a non modificare la portata delle sezioni, dei capitoli, delle voci o delle sottovoci del sistema armonizzato” (cfr. anche Corte di Giust., 27 aprile 2006, C-15/05, p. 35, Kawasaki. Anche Agenzia delle dogane, nota 15 novembre 2007, prot. n. 4957 e TAXUD/741/2003 del 4 luglio 2007).

[3] Corte di Giust., 17 luglio 2014, C-472/12; in tal senso anche sentenze Siemers, C-30/71, p. 8; Gervais‑Danone, C-77/71, p. 8, e Biegi, C-158/78, p. 11, tutte in www.curia.eu.

[4] TAXUD/741/2003 del 4 luglio 2007.

[5] TAXUD/741/2003, cit.

[6] Art. 103, Reg. Ue 9 ottobre 2013, n. 952 (CDU).

[7] Si veda, ad esempio, il Reg. CE n. 949/2006, il cui considerando 9 stabilisce espressamente che “il presente regolamento […] non ha effetto retroattivo né fornisce un orientamento interpretativo su base retroattiva”.

[8] TAXUD/1666/2002 del 12 febbraio 2002 e TAXUD/741/2003, cit. Tra l’altro un simile approccio sussiste anche a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia, che dispone l’applicazione di un dazio inferiore.

[9] Tale circostanza si verifica se: i) l’errore non poteva essere ragionevolmente scoperto dal debitore e ii) se il debitore ha agito in buona fede (si veda il previgente art. 220, par. 1, lett. b) del Reg. CEE 2913/1992). Sul punto, la Commissione ha esaminato alcuni casi trasmessi dagli Stati membri in cui è stata considerata giustificata la non contabilizzazione (REC 6/96 e REC 09/03), nonché casi in cui il recupero a posteriori è stato ritenuto corretto (REM 5/97).

[10] Artt. 33 e ss del CDU e artt. 16 e ss. del RE.

[11] Al riguardo, è opportuno segnalare che la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto valenza probatoria a una informazione tariffaria vincolante rilasciata successivamente alle importazioni contestate, in casi in cui è stata dimostrata l’identità dei beni oggetto di verifica (Cass., 19.4.2019, n. 11052; 18.09.2020, n. 19452, in Banca dati BIG Suite, IPSOA).

[12] La Corte di Giustizia ha, tuttavia, esteso l’ambito soggettivo delle ITV, affermando che “l’esistenza di ITV rilasciate da uno Stato membro a un terzo sono comunque utilizzabili come mezzo di prova – ove, come in Italia, sia processualmente allegabile in giudizio una prova documentale – nel contenzioso avente a oggetto la richiesta di pagamento di un maggior debito doganale conseguente alla classificazione della merce” (Corte Giust., 7.4.11, causa C-153/10, in eur-lex.it).

[13] Art. 34 del CDU.

[14] Per quanto riguarda l’efficacia nel tempo della cessazione di validità, l’art. 34, par. 3, CDU chiarisce che “La cessazione della validità delle decisioni ITV (…) non ha effetto retroattivo”. Tale circostanza è stata specificata anche dall’Agenzia delle dogane, la quale ha affermato che per le ITV la cessazione di validità ha efficacia ex nunc, ossia dal momento in cui si verifica in poi. In particolare, la Commissione europea, con provvedimento del 21 dicembre 2018, ha affermato che “una decisione ITV cessa di essere valida qualora non sia più conforme alla normativa in conseguenza: […] dell’adozione, da parte della Commissione, di una misura intesa a determinare la classificazione tariffaria delle merci (articolo 34, paragrafo 1, lettera b), del CDU e articolo 57, paragrafo 4). Le autorità doganali non hanno l’obbligo giuridico di informare il destinatario della decisione ITV in merito alla cessata validità della decisione. È tuttavia consigliabile che tale informazione sia trasmessa quando la decisione cessa di essere valida in seguito all’adozione delle misure di cui all’articolo 34, paragrafo 1, lettera b), del CDU. A norma dell’articolo 34, paragrafo 1, del CDU, le decisioni ITV cessano di essere valide a partire […] dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di esecuzione della Commissione relativi alla classificazione (regolamenti in materia di classificazione) (lettera b) dell’articolo). La cessazione della validità delle decisioni ITV non ha effetto retroattivo” (cfr. TAXUD 21 dicembre 2018 e Agenzia delle dogane, circ. 8/D del 19 aprile 2016). Si tratta di un provvedimento reso necessario a seguito dell’entrata in vigore del CDU, allo scopo di rivedere gli orientamenti amministrativi sul processo di rilascio delle ITV. In particolare, la TAXUD ha precisato che “La revisione degli orientamenti provvisori aveva un duplice scopo: i) prendere in esame le modifiche apportate al sistema EBTI-3 in vigore dal 1° ottobre 2017 e ii) rispondere alla necessità delle autorità doganali degli Stati membri di chiarire alcune disposizioni giuridiche della normativa doganale”. Tale documento, di fatto, per quanto riguarda gli effetti della cessazione delle ITV riprende sostanzialmente la norma, nulla specificando o aggiungendo in merito all’efficacia retroattiva dei regolamenti di classifica.

[15] TAXUD/741/2003 del 4 luglio 2007.

[16] Art. 34, c. 9 del CDU.

[17] Il riferimento normativo è l’art. 117 del CDU.

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