Premessa

Negli ultimi mesi si è registrato un aumento dei controlli da parte dell’Agenzia delle dogane sulle importazioni di biciclette elettriche (e-bike), volti a contrastare comportamenti elusivi della normativa antidumping da parte degli operatori economici.

Nelle diverse contestazioni, in particolare, le autorità doganali hanno ritenuto che gli importatori avrebbero dovuto dichiarare la voce doganale delle biciclette finite e non quella dei singoli componenti, in ossequio alla Regola generale per l’interpretazione della Nomenclatura Combinata 2a), di cui all’allegato I al Reg. CE n. 2658/1987, con conseguente applicazione dei relativi dazi antidumping e compensativi.

Sulla correttezza della classificazione doganale operata sono stati instaurati numerosi contenziosi con approdi giurisprudenziali non sempre univoci: talvolta, infatti, i giudici di merito hanno riconosciuto la legittimità degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia, considerando il comportamento di coloro che non avevano dichiarato la voce tariffaria delle biciclette finite alla stregua di un artificioso frazionamento dell’operazione di importazione, e prescindendo, ai fini di tale giudizio, da qualsiasi valutazione circa la complessità delle operazioni di assemblaggio effettuate nel territorio dello Stato[1].

In altri casi, invece, le Corti di merito hanno valorizzato la tipologia di lavorazioni svolte presso la sede dell’importatore e la categoria merceologica del prodotto finito, diversa rispetto a quella che si sarebbe ottenuta dal mero montaggio di singoli componenti[2].

Le misure antidumping contro la Cina e il regime di uso finale

Al fine di impedire che le importazioni di determinate merci da Paesi terzi beneficino di un indebito vantaggio competitivo, la Commissione europea può adottare, in forza dei Regolamenti UE 8 giugno 2016, nn. 1036 e 1037, un dazio antidumping e un dazio compensativo; a determinate condizioni, possono essere incluse tra le operazioni elusive anche le operazioni di assemblaggio di parti nell’UE o in un Paese terzo[3].

Con particolare riferimento all’importazione di e-bike dalla Cina, il Reg. UE 17 gennaio 2019, n. 73 ha istituito un dazio antidumping definitivo pari al 62,1%, mentre il Reg. UE 17 gennaio 2019, n. 72 ha previsto un dazio compensativo definitivo pari al 17,2%.

L’importazione di parti essenziali di biciclette elettriche, invece, è soggetta al dazio esteso del 48,5%. Si tratta, nello specifico, di “telai di biciclette verniciati o anodizzati, telai di biciclette verniciati o anodizzati o lucidati e/o verniciato a smalto attualmente classificabili nel codice, forcelle frontali di biciclette verniciate o anodizzate o lucidate e/o verniciate a smalto attualmente classificabili nel codice, deragliatori, pedaliere, ruota libera e ruote dentate (presentati insieme in complessi o no) altri freni e leve dei freni (presentati insieme in complessi o no), ruote complete con o senza tubi, cerchioni e pignoni e manubri attualmente classificabili nel codice, presentati o no con braccia, freno e/o leva del cambio[4].

In deroga a tali previsioni, tuttavia, la Commissione europea ha introdotto delle esenzioni dal dazio antidumping esteso, disciplinate dal Reg. CE n. 88 del 1997. L’art. 14 di tale ultimo Regolamento, in particolare, consente all’importatore di dichiarare parti essenziali di biciclette in esenzione dal dazio antidumping esteso se sono state vincolate al regime di uso finale e se: (i) sono state consegnate a soggetti esentati, ossia operatori economici che hanno presentato apposita domanda di esenzione alla Commissione europea dimostrando l’assenza di intenti elusivi, ovvero a soggetti titolari del regime di uso finale; (ii) sono importate in quantitativi mensili inferiori alle 300 unità; (iii) sono destinate alla realizzazione di biciclette elettriche.

Con specifico riguardo al caso (i), il regime di uso finale consente al suo titolare di immettere in libera pratica merci in esenzione da dazio o a dazio ridotto, in ragione di un loro specifico utilizzo, purché nel territorio dell’UE siano effettuate lavorazioni idonee a determinare un nuovo prodotto dal punto di vista merceologico. Per poter ottenere e beneficiare di tale regime, l’importatore deve farsi rilasciare un’autorizzazione da parte dell’Ufficio doganale territorialmente competente e prestare una garanzia parametrata all’importo dei dazi sui prodotti che intende vincolare. A tal fine, è necessario che l’operatore richiedente presenti un’apposita istanza, la quale, oltre al codice NC delle parti importate e alla descrizione delle merci, deve contenere una rappresentazione dettagliata delle lavorazioni e trasformazioni che si intendono effettuare sui prodotti sottoposti a uso finale. L’Ufficio, dopo aver valutato la correttezza formale dell’istanza, effettua un contraddittorio con l’operatore, allo scopo di verificare che le importazioni dei componenti che saranno vincolati al regime di uso finale non siano elusive delle disposizioni doganali e delle misure antidumping; ove accerti la sussistenza di tutti i requisiti, adotta una decisione, di validità annuale, che autorizza il titolare del regime a importare in esenzione da dazio o a dazio ridotto.

Quando l’operatore presenta il conto di appuramento – entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la conclusione del regime – l’Ufficio concede l’appuramento soltanto se abbia verificato che le merci sono state utilizzate ai fini stabiliti, ovvero che i beni sono usciti dal territorio doganale dell’UE, distrutti o abbandonati allo Stato ovvero se gli stessi sono stati impiegati per fini diversi da quelli indicati nell’autorizzazione e sono stati pagati i dazi dovuti all’importazione.

In sintesi, è proprio in forza dell’autorizzazione al regime di uso finale rilasciata dall’Agenzia delle dogane che l’operatore economico può importare parti essenziali di e-bike, dichiarandole alla relativa voce doganale e senza applicazione del dazio esteso, fatta salva l’indicazione del codice addizionale 8835 nella bolletta doganale; ai restanti componenti e ai ricambi, invece, deve essere comunque applicato il dazio antidumping.

La Regola 2a) nella recente elaborazione giurisprudenziale

Alla luce della Regola generale 2a), come noto, un prodotto incompleto o non finito che al momento dell’importazione presenti le caratteristiche essenziali del bene completo deve essere classificato alla stregua di un prodotto finito.

In ordine all’applicabilità di tale Regola, sia i giudici unionali[5] che la World Customs Organization (WCO), hanno recentemente chiarito che non è dirimente il grado di complessità delle operazioni di montaggio, quanto piuttosto la necessità o meno di procedere con lavorazioni ulteriori sugli elementi importati per ultimare la fabbricazione prima dell’assemblaggio.

Sulla base di tale orientamento, pertanto, la Regola 2a) troverebbe applicazione quando i componenti importati sono destinati a essere riuniti in un unico oggetto in un momento successivo e senza subire trasformazioni. Di conseguenza, ciò che rileverebbe per l’attribuzione del corretto codice tariffario è che le attività di lavorazione effettuate sulle parti importate siano tali da offrire al consumatore finale un prodotto diverso da quello che si otterrebbe dalla mera riunione delle stesse.

Tale soluzione interpretativa è stata recepita dalla Corte di Giustizia tributaria di Latina[6], la quale ha accolto il ricorso del contribuente ritenendo che le lavorazioni effettuate dalla società in Italia richiedessero un processo produttivo complesso e articolato, all’esito del quale veniva realizzato un prodotto nuovo, ossia un prodotto con un valore aggiunto che una semplice riunione di parti non avrebbe potuto apportare.

Diversamente, altra giurisprudenza di merito ha ritenuto applicabile la Regola 2a) tutte le volte in cui gli elementi importati destinati a essere assemblati non avessero subito essi stessi alcuna lavorazione, finalizzata a rifinire la loro fabbricazione[7].

Riflessioni conclusive

Un operatore economico che abbia ottenuto l’autorizzazione a uso finale dovrebbe poter dichiarare, all’atto dell’importazione, la voce doganale delle singole parti essenziali, beneficiando dell’esenzione dal dazio antidumping, proprio perché autorizzato dalla stessa Amministrazione doganale a utilizzarli per la fabbricazione nell’UE di un prodotto diverso e nuovo, consistente in un e-bike[8]. E invero, al ricorrere di questa specifica circostanza è da escludersi che la condotta dell’operatore possa integrare un comportamento elusivo, dal momento che, fin dalla presentazione dell’istanza, questi rende noto all’Agenzia la destinazione d’uso della componentistica da importare, descrivendo compiutamente tutte le fasi di realizzazione delle biciclette elettriche.

[1] Tra le più recenti si veda Corte di Giustizia tributaria di Roma, 6 novembre 2023, nn. 13193, 13194 e 13195.

[2] Corte di Giustizia tributaria di Latina, 14 giugno 2023, n. 560.

[3] Art. 13, par. 2, Reg. UE n. 1036 del 2016.

[4] Art. 1, Reg. CE 10 gennaio 1997, n. 71.

[5] Corte di Giustizia, 27 aprile 2023, C-107/22.

[6] Corte di Giustizia tributaria di Latina, 14 giugno 2023, n. 560, cit.

[7] Corte di Giustizia tributaria di II grado della Campania, 27 luglio 2023, n. 4639; Corte di Giustizia tributaria di I grado di Napoli, sentenza n. 6018 del 2022; Commissione tributaria provinciale di Latina, sentenza n. 997 del 2021.

[8] Si vedano Cass., sez. trib., 16 febbraio 2023, n. 4888; Cass., sez. trib., 14 dicembre 2019, n. 33023; Cass., sez. trib. 17 luglio 2018, n. 18922, e Cass., sez. trib., 6 giugno 2018, n. 14582.

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