Con sentenza depositata in data 29 settembre 2025, n. 154, la Corte di giustizia di primo grado di Imperia ha annullato undici avvisi di accertamento, notificati dall’Agenzia delle entrate di Imperia a diverse società di diritto estero, nonché al comune rappresentante fiscale, aventi a oggetto la determinazione della base imponibile Iva sulle charter fees, relative alle prestazioni di noleggio a breve termine (charter nautico) di navi per il trasporto marittimo e costiero di passeggeri.

La sentenza in oggetto giunge al termine di una lunga e articolata vicenda, originata da una importante operazione condotta dalla Guardia di finanza di Imperia di concerto con l’Agenzia delle entrate di Imperia, che ha visto coinvolti trenta soggetti non residenti, comunitari ed extracomunitari, e il loro comune rappresentante fiscale, in qualità di responsabile in solido.

Nel corso dell’operazione di verifica, l’Amministrazione ha acquisito numerosi MYBA Charter Agreement, stipulati tra le società armatrici di diritto estero e il soggetto utilizzatore, relativi a prestazioni di servizi di noleggio a breve termine, effettuate nei mesi estivi degli anni 2018 e 2019.

Tali contratti, in conformità a quanto indicato dall’Amministrazione finanziaria italiana nella prassi vigente ratione temporis, che stabiliva quale criterio generale per il calcolo della base imponibile Iva dei corrispettivi pattuiti per le prestazioni di noleggio territorialmente rilevanti quello delle percentuali presuntive forfettarie, indicavano espressamente, quale base imponibile, la percentuale del 30% sulle charter fees, trattandosi, nel caso di specie, di unità a motore di lunghezza superiore a 24 metri.

In tale contesto, il presunto aspetto di criticità, evidenziato dalla Guardia di finanza, riguardava proprio la determinazione della base imponibile Iva con il criterio delle percentuali forfettarie, anziché con quello dell’effettivo tempo di utilizzo e di fruizione del servizio in acque internazionali.

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Per comprendere compiutamente la vicenda, è indispensabile inquadrare la questione giuridica sottesa, avente a oggetto la determinazione della base imponibile Iva, in relazione alle prestazioni territorialmente rilevanti di servizi di locazione, anche finanziaria, noleggio e simili, a breve termine, di mezzi di trasporto.

Secondo l’ordinamento nazionale, tali prestazioni sono territorialmente rilevanti ai fini Iva, in forza di quanto previsto dall’art. 7, quater, lett. e), d.p.r. 633 del 1972, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. c) d.lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, ai sensi del quale “In deroga a quanto stabilito dall’art. 7 ter, comma 1, si considerano effettuate nel territorio dello Stato: (…) e) le prestazioni di servizi di locazione, anche finanziaria, noleggio e simili, a breve termine, di mezzi di trasporto quando gli stessi sono messi a disposizione del destinatario nel territorio dello Stato e sempre che siano utilizzate all’interno del territorio della Comunità. Le medesime prestazioni si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando i mezzi di trasporto sono messi a disposizione del destinatario al di fuori del territorio della Comunità e sono utilizzati nel territorio dello Stato”.

Tale norma ha presentato evidenti criticità e oggettive difficoltà interpretative e applicative, in relazione alla determinazione della parte di canone di locazione/noleggio rilevante ai fini Iva, riferibile all’utilizzo del mezzo durante il periodo di permanenza nelle acque territoriali unionali, rispetto alla durata totale della locazione o del noleggio.

Fino all’anno 2020, nessun criterio per determinare la quota di utilizzo dei mezzi di trasporto al di fuori delle acque territoriali comunitarie era mai stato dettato dal legislatore.

Conseguentemente, i contribuenti si trovavano in difficoltà nel ricostruire la parte di navigazione in acque extra Ue, giacché i criteri avrebbero potuto essere molteplici (tra gli altri, ore del contratto, miglia navigate, ore di navigazione, ecc.).

In tale situazione di incertezza, alcune associazioni di categoria (Ucina e Assilea) hanno sollecitato chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria, la quale ha elaborato diversi documenti di prassi che, sin dalla loro pubblicazione, hanno costituito il riferimento per gli operatori del settore.

In particolare, con la circolare dell’Agenzia delle entrate, 2 agosto 2001, n. 76/E, l’Ufficio, constatate le “oggettive difficoltà riscontrabili nella dimostrazione del reale utilizzo delle unità da diporto al di fuori delle acque comunitarie”, ha introdotto per la prima volta le percentuali forfettarie di utilizzo da impiegare in sede di accertamento da parte dell’Amministrazione.

Nella suddetta circolare emerge come lo stesso Ministero dei trasporti e della navigazione avesse condiviso il principio della determinazione forfettaria, in considerazione anche delle caratteristiche geografiche dei mari italiani, che consentono ai mezzi di trasporto di uscire facilmente dalle acque territoriali dell’Unione europea per raggiungere Paesi extracomunitari di particolare attrazione turistica.

L’adozione del principio della determinazione forfettaria, che la stessa circolare n. 76/E del 2001 ritiene comportare una “più semplice applicazione della normativa” e “un’agevole applicazione dell’imposta”, rispondeva all’esigenza di agevolare gli operatori del settore nautico e la stessa Amministrazione, evitando di rendere gravoso il calcolo dell’Iva, laddove la navigazione risultasse “mista” tra acque comunitarie ed extra comunitarie, e ciò anche in un’ottica di diritto tributario comparato, al fine di evitare disparità di trattamento, laddove le legislazioni degli altri Stati mediterranei in materia (in primis la Francia, ma anche Grecia, Malta e Cipro) avevano già operato semplificazioni e forfettizzazioni del regime Iva.

Successivamente, con la circolare 7 giugno 2002, n. 49/E, l’Agenzia delle entrate ha ribadito la validità generale del criterio forfettario, affermando che “Con circolare n. 76/E del 2 agosto 2001 sono state date indicazioni in ordine all’applicazione della disposizione di cui all’art. 7, quarto comma, lett. f), del DPR 26 ottobre 1972 n. 633 [vigente ratione temporis], per la parte concernente le prestazioni di locazione, compresa quella finanziaria, noleggio e simili delle unità da diporto, rese da soggetti identificati ai fini Iva in Italia. In particolare, considerato che la rilevanza territoriale, ai fini dell’assoggettamento ad Iva delle suddette prestazioni, è limitata all’utilizzo dei mezzi di trasporto in discorso in acque territoriali comunitarie e tenuto conto della obiettiva difficoltà a seguire con precisione gli spostamenti degli stessi, si è ritenuto utile enucleare delle percentuali presuntive di tassazione dei relativi corrispettivi. Con nota n. 30439 del 19 marzo 2002, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha fornito ulteriori precisazioni sulla effettiva capacità delle unità da diporto alla navigazione al di fuori delle acque comunitarie, suggerendo le seguenti nuove percentuali indicative del presumibile utilizzo delle imbarcazioni al di fuori della Comunità, basate sulla lunghezza e sul tipo di propulsione. A tal fine il contribuente (soggetto locatore identificato ai fini Iva in Italia) valuterà la permanenza al di fuori delle acque territoriali comunitarie in rapporto alla durata totale della locazione, ferma restando la possibilità di un eventuale controllo da parte degli Uffici locali dell’Agenzia delle Entrate. Detta valutazione sarà effettuata sulla base del contratto di locazione, ma anche di altri elementi in possesso del contribuente da cui risulti l’effettivo utilizzo del natante. Tuttavia, qualora risulti difficoltoso ricorrere a tali mezzi di prova, i contribuenti potranno determinare forfettariamente il tempo di utilizzo al di fuori delle acque territoriali comunitarie, attenendosi, ai fini della individuazione della base imponibile, alle sottoelencate percentuali, distinte secondo la categoria di appartenenza delle unità da diporto”.

Con la risoluzione n. 284 del 2007, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito definitivamente “In via preliminare, si osserva che le percentuali forfettarie indicate nelle circolari n. 76 del 2001 e n. 49 del 2002, sono state stabilite al fine di superare le difficoltà connesse alla prova dell’effettivo utilizzo dell’imbarcazione in acque territoriali comunitarie. Ciò non esclude la possibilità di applicare l’Iva su una percentuale della base imponibile diversa, anche inferiore a quella stabilita in via forfettaria, a condizione che si dimostri, sulla base di riscontri oggettivi, un utilizzo dell’imbarcazione diverso da quello presunto in via generale”.

Con tale documento di prassi, l’Agenzia delle entrate ha esplicitato che le percentuali forfettarie si atteggiano come una sorta di presunzione generale a favore del contribuente.

Sintomatico, al riguardo, è il fatto che l’Amministrazione abbia ritenuto di esplicitare che era onere del contribuente dimostrare, eventualmente, di aver diritto ad una riduzione della base imponibile maggiore rispetto a quella forfettaria, evidentemente perché riteneva che quest’ultima fosse il criterio guida generale.

Con la circolare 22 luglio 2009, n. 38/E, l’Agenzia delle entrate ha ancora una volta puntualizzato che “Il ricorso a percentuali forfettarie è diretto ad individuare il luogo di utilizzo dell’imbarcazione, in mancanza di prove concrete, tenuto conto che, nella maggior parte dei casi, risulterebbe problematico sia per l’Amministrazione che per il contribuente dare una concreta dimostrazione delle rotte effettivamente seguite”.

Nel 2011, la stessa Agenzia delle entrate, con la circolare 29 settembre 2011, n. 43/E, ha affermato che. “Con la circolare n. 49 del 7 giugno 2002, sono state indicate delle percentuali presuntive di tassazione ai fini Iva dei corrispettivi relativi a prestazioni di locazione, compresa quella finanziaria, noleggio e simili delle unità da diporto, rese da soggetti identificati ai fini Iva in Italia, considerato che la rilevanza territoriale di tali prestazioni – in base all’art. 7, quarto comma, lett. f) del d.p.r. n. 633, nel testo allora vigente – era limitata all’utilizzo dei mezzi di trasporto in discorso in acque territoriali comunitarie e tenuto conto della obiettiva difficoltà di seguire con precisione gli spostamenti degli stessi. Ciò posto, si ritiene che i chiarimenti e le precisazioni fornite con le richiamate circolari possano ritenersi ancora validi in relazione alle ipotesi in cui la rilevanza territoriale dell’operazione è collegata all’utilizzo delle unità da diporto nella Comunità europea. In particolare, trattasi delle ipotesi disciplinate dall’articolo 7-quater, lettera e), primo periodo, e dall’articolo 7-sexies, lettera e), del d.p.r. n. 633 e cioè, rispettivamente, delle prestazioni di servizi di locazione, anche finanziaria, noleggio e simili, a breve termine, di mezzi di trasporto messi a disposizione del destinatario in Italia e utilizzati all’interno del territorio comunitario e delle prestazioni di servizi di locazione, anche finanziaria, noleggio e simili, non a breve termine, di mezzi di trasporto rese da prestatori stabiliti in Italia a committenti non soggetti passivi d’imposta e sempre che siano utilizzate nel territorio della Comunità.

Con la citata circolare 43/E del 2011, l’Agenzia delle entrate ha quindi ritenuto di ovviare alle problematiche connesse all’applicazione di tale disposizione normativa, introducendo un criterio generale forfettario della base imponibile.

Ai fini dell’applicazione dell’Iva, pertanto, gli elementi rilevanti sono essenzialmente due: il porto di imbarco e il luogo di utilizzo.

In particolare, per “luogo di utilizzo” si intende l’itinerario che la nave segue durante la crociera.

Da ciò consegue che, ad esempio, i contratti charter con partenza dall’Italia si considerano territorialmente rilevanti ai fini Iva soltanto per la parte di navigazione effettuata nelle acque territoriali dell’Unione europea.

Ne discende che, la parte di corrispettivo che attiene alla navigazione in acque al di fuori dell’Unione europea (oltre il limite delle 12 miglia nautiche dalla linea di base) non è territorialmente rilevante e quindi non è imponibile ai fini Iva (né nel Paese di partenza, né in quello di utilizzo).

Ai fini della interpretazione e dell’esegesi della normativa tributaria de qua, occorre richiamare altresì l’art. 12 preleggi, che stabilisce che “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.

L’applicazione di tale principio conduce a ritenere che, in base alle conclusioni contenute nei numerosi documenti di prassi sopra illustrati, in assenza di un criterio legislativo, il regime forfettario Iva – anche per le operazioni di noleggio a breve termine – era diventato il regime normale e generalizzato.

La stessa Amministrazione finanziaria, con la Guida Nautica & Fisco 4 edizione di ottobre 2013, pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, a pagina 73, ha affermato “Date le oggettive difficoltà di seguire con precisione gli spostamenti delle unità da diporto nelle acque internazionali ed in quelle territoriali comunitarie, al fine di stabilire la quota parte di corrispettivo sia da assoggettare a imposta è stata riconosciuta in via amministrativa la facoltà di utilizzare percentuali presuntive di utilizzo delle unità da diporto entro il territorio dell’Unione europea stabilite forfettariamente in relazione al tipo di propulsione (motore o vela) e alla lunghezza dell’unità da diporto”.

Alla luce di quanto sopra, l’Amministrazione finanziaria, in considerazione delle oggettive difficoltà nel determinare l’effettivo percorso della nave in acque internazionali, ha chiaramente individuato il criterio forfettario quale metodo principale di determinazione della base imponibile Iva e non residuale ovvero da impiegare solo in casi eccezionali.

Il meccanismo forfettario indicato dall’Amministrazione finanziaria è divenuto talmente consolidato nel corso del tempo da suscitare l’attenzione e costituire oggetto di censure da parte della Commissione europea.

Quest’ultima, con parere motivato del 25 luglio 2019, in particolare, ha ritenuto che l’Italia, applicando in via di prassi e in attuazione dell’art. 7, quater, lett. e), d.p.r. 633 del 1972 le percentuali forfettarie presunte per stimare l’utilizzo delle navi fuori dalle acque territoriali dell’Unione europea, fosse venuta meno agli obblighi che le incombevano, “applicando l’art. 59 bis della Direttiva 2006/112/CE [criterio dell’effettiva fruizione], non in senso restrittivo, come indicato dalla costante giurisprudenza europea, ma in modo generalizzato, senza che sia dimostrato caso per caso il luogo di effettivo utilizzo”.

In tale parere la Commissione europea ha, conclusivamente, affermato esplicitamente che “la Commissione europea conclude che, in pratica, il ricorso alle percentuali forfettarie costituisce la regola generale in Italia”.

Tale parere ha indotto il legislatore italiano, con la legge di bilancio 2020, a dettare per la prima volta un criterio specifico per applicare l’art. 7 quater lettera e), d.p.r. 633 del 1973, stabilendo che il luogo della prestazione dei servizi di locazione e noleggio e simili a breve termine di mezzi di trasporto “si considera al di fuori dell’Unione Europea, qualora sia dimostrata, sulla base di adeguati mezzi di prova, l’effettiva utilizzazione e l’effettiva fruizione del servizio al di fuori dell’Unione europea” (art. 1, comma 725, l. 160 del 2019).

L’art. 1, comma 726, l. 160 del 2019 precisa altresì che “il comma 725 si applica alle operazioni effettuate a partire dal 1° novembre 2020”.

La novità normativa determina in pratica la fine delle percentuali presuntive forfettarie.

A seguito della novella normativa, con le risoluzioni 17 agosto 2020, 47/E e 30 settembre 2020, n. 62/E, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che le percentuali indicative del presumibile utilizzo delle navi al di fuori delle acque territoriali dell’Unione, come delineate nei precedenti documenti di prassi, avrebbero potuto continuare a trovare applicazione in relazione alle operazioni effettuate anteriormente al 1° novembre 2020.

In particolare, coerentemente con quanto previsto dal punto 6 del provvedimento direttoriale 234483 del 15 giugno 2020, l’Agenzia delle entrate, nelle predette risoluzioni, ha affermato che “le percentuali indicative del presumibile utilizzo delle imbarcazioni al di fuori delle acque territoriali dell’Unione europea potranno continuare ad avere applicazione in relazione alle operazioni dipendenti da contratti di locazione, noleggio a breve termine e non a breve termine, di imbarcazioni da diporto, conclusi anteriormente alla data del 1° novembre 2020”.

Nonostante il chiaro contesto normativo, l’Ufficio delle entrate di Imperia ha rideterminato tutte le percentuali di effettiva fruizione e di utilizzo del servizio in acque internazionali, notificando a trenta società di diritto estero i relativi avvisi di accertamento per operazioni compiute negli anni 2018 e 2019, pretendendo conseguentemente ingenti importi, a titolo di Iva e sanzioni.

Le trenta società di diritto estero coinvolte nell’operazione hanno intrapreso strade differenti per ragioni di economicità e di opportunità: alcune hanno definito la vicenda con l’Agenzia delle entrate, mediante l’istituto del ravvedimento operoso speciale (pagando interamente il tributo e la sanzione a 1/18); altre hanno concluso positivamente la procedura di accertamento con adesione (pagando esclusivamente l’Iva sulla base del criterio delle miglia, senza sanzioni).

Per le residue nove società di diritto estero, che non hanno mai riscontrato le tempestive e numerose comunicazioni del rappresentante fiscale, circa l’attività di verifica intrapresa dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle entrate, quest’ultimo, certo della legittimità del proprio operato e in considerazione dell’ingente importo al quale, in qualità di responsabile in solido, avrebbe dovuto far fronte, ha intrapreso diversi giudizi.

All’esito del giudizio, i giudici tributari hanno accolto integralmente i motivi di ricorso (violazione dell’art. 7, quater, lett. e), d.p.r. 633 del 1972, in combinato disposto con l’art. 1, commi 725 e 726, l. 160 del 2019; violazione del principio di tutela dell’affidamento e di buona fede di cui all’art. 10, l. 212 del 2000; violazione dell’art. 3, l. 212 del 2000, sull’irretroattività delle disposizioni tributarie), riconoscendo l’illegittimità dell’attività di accertamento condotta dall’Amministrazione finanziaria, sotto due profili, quello della violazione del principio di irretroattività delle disposizioni tributarie e quello della violazione del principio del legittimo affidamento e della buona fede nei rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria.

In particolare, i giudici di merito di Imperia hanno affermato che “la fattispecie oggetto di contesa deve essere risolta, in favore della contribuente, in base ai principi di irretroattività della disposizione tributaria (art. 11 preleggi; art. 3, l. 212/2000) e dell’affidamento e buona fede nei rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria (art. 10, l. 212/2000), congiuntamente declinati nella dinamica dei fatti che ci occupa. La legge, in ossequio al principio irrinunciabile della certezza del diritto, non può che disporre per l’avvenire; l’ente impositore, in applicazione del principio di non contraddizione, non può venire contra factum proprio.

Declinando siffatti principi nella fattispecie oggetto di contesa, risulta quanto mai evidente che l’Ufficio, attivando i recuperi Iva, abbia contravvenuto al principio della irretroattività delle norme fiscali, applicando, come dallo stesso ammesso, a dei contratti di charter nautico stipulati negli anni 2018 e 2019, le disposizioni di cui alla legge di bilancio del 2020, che, per espressa previsione normativa, entravano in vigore dal 1° novembre 2020, non prima, generando un legittimo affidamento tutelabile in questa sede, di aver chiarito, con le risoluzioni n. 47/E del 2020 e 62/E del 2020, che le percentuali indicative del presumibile utilizzo delle navi al di fuori delle acque territoriali dell’Unione, come delineate nei precedenti documenti di prassi, avrebbe potuto continuare a trovare applicazione in relazione alle operazioni effettuate anteriormente al 1° novembre 2020.

Il comportamento della società ricorrente nel caso di specie è stato corretto e legittimo in quanto frutto di un chiari affidamento in ordine alla effettiva possibilità di poter ancora liquidare l’imposta Iva secondo il criterio delle percentuali forfettarie di utilizzo, in tal senso indotta dai richiamati provvedimenti esplicativi ed interpretativi emessi dalla autorità finanziaria, rispetto ai quali, ed all’impiego, fino al 2019, in sede di accertamento del criterio delle percentuali forfettarie di utilizzo, è recessiva l’asserzione erariale che avrebbe comunque potuto ricostruire analiticamente il tragitto seguito dai natanti con mezzi di prova comprovanti l’effettivo utilizzo dei natanti”.

Laureata con lode all'Università di Genova con una tesi di Diritto Privato Internazionale, è iscritta all'Albo degli avvocati dal 1999 e all'Albo speciale dei patrocinatori davanti alla Corte di Cassazione dal 2014.

Ha collaborato dal 2001 al 2007 con lo Studio De André, importante studio genovese specializzato in diritto societario e commerciale, e in seguito con un noto studio legale specializzato in diritto tributario (nazionale e internazionale) e in diritto doganale.

Nel 2014 ha fondato con l'avv. Zunino lo Studio legale Zunino - Picco, specializzato in diritto tributario e doganale.

Dal 2016 è socio ordinario dell'Associazione Nazionale Tributaristi Italiani (ANTI).

Laureata all’Università di Genova, è iscritta all’Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale dei patrocinatori davanti alla Corte di Cassazione dal 2014.
Principali settori di attività: contenzioso tributario, diritto tributario nazionale e internazionale, diritto doganale.
Ha approfondito le problematiche doganali connesse alla realtà degli operatori del settore, ponendo quesiti, avanzando interpelli presso le Autorità competenti e impugnando presso le competenti sedi i provvedimenti delle Agenzie fiscali.
Dal 2016 è socio dell'Associazione Nazionale Tributaristi Italiani (ANTI).
Dal 2017 è componente del Consiglio di disciplina territoriale degli spedizionieri doganali della Liguria.