È illegittima la rettifica dell’origine dei prodotti tessili importati dal Bangladesh, in quanto tali beni non possono più considerarsi di origine “sospetta”. A stabilirlo è la Corte di giustizia tributaria di primo grado di La Spezia, con la sentenza 24 novembre 2022, n. 366, la quale, richiamando un avviso agli operatori della Commissione europea, ha chiarito che non vi è più più nessun “fondato dubbio” sulla veridicità delle attestazioni di origine rilasciate dalle autorità del Bangladesh (avviso agli importatori 2022/C 166/06 del 20 aprile 2022).

Nel caso esaminato dal giudice spezzino, l’Agenzia delle dogane aveva contestato l’origine dei prodotti tessili importati dal Bangladesh, escludendo l’applicazione dell’agevolazione daziaria prevista per i Paesi Spg e pretendendo il pagamento di un dazio pari al 12% del valore della merce.

Com’è noto, il Bangladesh è uno dei Paesi in via di sviluppo economico, destinatari di agevolazioni unilaterali riconosciute dall’Unione europea all’interno del Sistema delle preferenze generalizzate (c.d. Spg, disciplinato dal Reg. UE 978/2012). Tale strumento, previsto nell’ambito del principio di cooperazione allo sviluppo (art. 208 Tfue), ha l’obiettivo di garantire un accesso agevolato, tramite riduzioni tariffarie o esenzioni, ai beni originari dei Paesi meno sviluppati, per favorirne la crescita economica e la riduzione della povertà. Tale sistema rappresenta, tra l’altro, la più rilevante eccezione al principio Wto della “nazione più favorita”, nell’ambito della c.d. “enabling clause”, condivisa a livello internazionale.

Occorre ricordare che il sistema Spg costituisce un incentivo non soltanto per lo sviluppo della produzione locale e il rafforzamento del commercio internazionale dei Paesi che ne usufruiscono, ma tende a valorizzare e promuovere un modello virtuoso di crescita economica, politica e sociale. Le agevolazioni, invero, sono subordinate all’effettiva applicazione di misure a tutela dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente, nonché a limitare fenomeni di corruzione. Il sistema delle preferenze generalizzate è, quindi, sottoposto a un continuo monitoraggio, che determina un aggiornamento continuo dei Paesi beneficiari.

Per accedere alle agevolazioni tariffarie previste dal Spg, i beni importati dai Paesi in via di sviluppo devono presentare i presupposti sostanziali stabiliti dall’art. 64, par. 3, Reg. UE 952/2013 (prodotti interamente ottenuti o lavorazioni sufficienti nel Paese beneficiario) ed essere accompagnati da un documento che ne provi l’origine preferenziale (dichiarazione su fattura o certificato di origine).

Nel corso degli ultimi anni, i certificati di origine rilasciati dall’Autorità del Bangladesh sono stati oggetto di innumerevoli contestazioni. L’Agenzia delle dogane ha, infatti, notificato a numerose società importatrici diversi avvisi di rettifica, contestando l’origine dei beni tessili prodotti in Bangladesh.

In particolare, nel caso esaminato dalla sentenza in commento, la contestazione dell’Agenzia delle dogane trae origine da un “avviso agli importatori” del 2008 (2008/C 41/06), con il quale la Commissione Ue ha informato le imprese europee dell’esistenza di “fondati sospetti”, in relazione all’origine dei beni classificati nei capitoli 61 e 62 del Sistema Armonizzato (indumenti e accessori d’abbigliamento a maglia e altri capi e accessori di abbigliamento non a maglia). La Commissione Ue aveva ipotizzato che tali prodotti non avessero subito Bangladesh una lavorazione sufficiente a conferire l’“origine doganale Bangladesh”. Stando a quanto riportato dalla nota agli importatori del 2008, durante una missione di cooperazione unionale, effettuata con l’assistenza delle autorità locali, sarebbe, infatti, emerso che una percentuale consistente di attestazioni di origine “Form A” erano “falsi o rilasciati sulla base di informazioni fraudolente o fuorvianti”.

Occorre sottolineare che l’Unione europea non ha stabilito, chiaramente, che tutti i certificati di origine rilasciati in Bangladesh fossero falsi, ma si è limitata a invitare gli operatori unionali a prestare particolare “attenzione”, al fine di adottare specifiche misure di prevenzione dei rischi di contestazione, sia tramite un’attenta selezione dei fornitori che attraverso apposite clausole contrattuali.

A seguito della pubblicazione di tale avviso, l’Agenzia delle dogane ha dato luogo a numerosi accertamenti relativi all’origine dei beni importati dal Bangladesh, contestando la veridicità delle attestazioni di origine rilasciate dalle autorità straniere competenti.

Anche nel caso esaminato dal giudice spezzino, la contestazione dell’Ufficio si fondava unicamente su tale avviso agli importatori e sull’esistenza di un generico sospetto sull’origine dei prodotti importati.

In particolare, la Dogana ha avviato un’attività di cooperazione amministrativa con le autorità del Bangladesh, chiedendo conferma dell’autenticità e della regolarità delle fatture e dei certificati di origine, rilasciati dall’Export Promotion Bureau di Dhaka, presentati a La Spezia al momento dell’importazione per fruire dell’esenzione daziaria. Poiché tali autorità estere non hanno fornito un tempestivo riscontro, l’Ufficio delle dogane ha ipotizzato che non sussistessero i requisiti per poter beneficiare dell’esenzione daziaria di cui al Regolamento UE n. 978/2012, riguardante l’applicazione di un sistema di preferenze generalizzate a favore dei beni originari del Bangladesh, e ha applicato il dazio previsto per gli scambi con i Paesi terzi, pari al 12%.

Nel corso del giudizio, dopo aver ricevuto (seppur tardivamente) conferma dalle Autorità del Bangladesh sulla regolarità delle operazioni doganali compiute, la Dogana ha annullato in autotutela alcuni dei provvedimenti di rettifica impugnati.

Con la sentenza in commento, la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di La Spezia ha, inoltre, ribadito che con il nuovo “avviso agli importatori” del 20 aprile 2022, l’Unione europea ha superato il precedente avviso del 2008, riconoscendo che “i ragionevoli dubbi” su cui si fondava la precedente comunicazione agli operatori “non sono più suffragati da alcun elemento di prova che dimostri il persistere dei rischi sottostanti”.

A partire dal 1° gennaio 2021, infatti, in ambito Spg è stato deciso di superare il meccanismo del certificato delle autorità estere d’esportazione competenti (nel caso in esame l’Export Promotion Bureau di Dhaka), per evolvere verso un sistema di autocertificazione dell’origine preferenziale da parte dell’esportatore registrato al sistema Rex. Gli esportatori appartenenti ai Paesi beneficiari Spg, preventivamente autorizzati dalla Dogana, possono autocertificare l’origine dei prodotti in fattura, indicando il proprio codice Rex. Le autorità governative dei Paesi beneficiari Spg, dunque, non sono più tenute al rilascio di certificati di origine “Form A”.

Come chiaramente affermato dalla Commissione Ue, “l’avviso agli importatori pubblicato nella Gazzetta ufficiale C 41 del 15 febbraio 2008 è pertanto divenuto privo di oggetto per quanto riguarda le partite dei prodotti in questione dichiarate per l’immissione in libera pratica a decorrere dalla data di pubblicazione dell’avviso, ed è pertanto revocato”.

Tale recente chiarimento assume, pertanto, fondamentale rilievo in relazione alle contestazioni già in essere, poiché dimostra che non sussiste più nessun “fondato dubbio” sull’origine dei prodotti tessili importati dal Bangladesh.

Laureata in Giurisprudenza nel 1993, con lode e la dignità di stampa, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Genova dal 1996, conseguendo 300/300 all’esame finale, ha esercitato, dal 1993 al 2008, attività professionale con il prof. Victor Uckmar, per il quale ha svolto per diversi anni attività di ricerca e didattica in diritto tributario presso l’Università di Genova

Nel 2008 ha fondato lo Studio Armella & Associati, con sedi in Milano e Genova, indicato dalla rivista Forbes tra “Le 100 eccellenze del legal in Italia” e dalla rivista Top legal tra i migliori studi di diritto tributario. Lo Studio è tra i fondatori e unico membro italiano di Green lane, associazione internazionale di studi professionali indipendenti, specializzata in dogane e diritto del commercio internazionale

Membro della Commissione di esperti in materia doganale, nominata dal Vice Ministro delle finanze on.le Maurizio Leo per l’attuazione della riforma fiscale (decreto n. 99/2023)

Presidente della Commissione Dogane & trade facilitation della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce e delegato italiano presso la Commission on Customs and trade facilitation della ICC di Parigi

Docente di diritto doganale presso Università Bocconi, Università Statale di Milano e La Sapienza di Roma in Master e Corsi post universitari, professore a contratto presso ICE