Aumentano le contestazioni doganali nei confronti di importatori e rappresentanti doganali indiretti coinvolti in accertamenti che scaturiscono da indagini Olaf: le inchieste più recenti riguardano il settore siderurgico, le e-bike e i pannelli fotovoltaici. Molti i Paesi terzi coinvolti: dall’India alla Thailandia, a Malesia e Turchia. La contestazione è la medesima: la Dogana contesta la veridicità dell’origine dichiarata, sulla base delle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), applicando un dazio antidumping molto elevato e sanzioni spesso del tutto sproporzionate.

Molto importante può essere l’attività di consulenza preventiva del doganalista nei confronti del proprio cliente. In particolare, la segnalazione del rischio relativo a un’eventuale contestazione dell’origine dichiarata, il suggerimento di operare sempre un’attenta selezione dei propri fornitori.

Occorre contribuire a una diffusione della cultura doganale, che passa anche attraverso la consapevolezza, per le imprese italiane, che operare con l’estero comporta anche rischi, oltre alle opportunità, e che occorre presidiare tali rischi con adeguate procedure di compliance. Tra queste, la scelta della propria filiera produttiva non può prescindere da un controllo sul fornitore extra-UE e sulla correttezza dell’origine doganale dichiarata. È fondamentale, inoltre, essere in possesso di un regolare certificato di origine della merce e, per rafforzare la tutela dell’importatore, anche un’Informazione vincolante sull’origine del prodotto, rilasciata dalla competente Dogana del Paese esportatore, come ormai previsto dall’art. 3 del Trade Facilitation Agreement.

Occorre, inoltre, apprestare un’adeguata tutela contrattuale nei confronti del fornitore e meccanismi, anche arbitrali, di rapida risoluzione delle controversie.

Com’è noto, l’Olaf è un organo indipendente della Commissione europea, che ha il potere di svolgere indagini nei confronti di operatori e autorità in Paesi extra-UE, con l’obiettivo di rilevare eventuali casi di frode o di elusione dei dazi doganali. In ambito doganale, assumono particolare rilievo le indagini sull’origine delle merci, finalizzate a rilevare una possibile evasione delle misure di salvaguardia applicate dall’Unione europea, come i dazi antidumping. Tali misure assolvono una funzione non propriamente fiscale, bensì sanzionatoria e di tutela del mercato, mediante un riequilibrio del prezzo del prodotto, con l’intento specifico di equiparare il prezzo del bene estero a quello nel mercato di produzione, mediante un dazio specifico, di importo equivalente al margine di dumping praticato.

I dazi antidumping rappresentano lo strumento più utilizzato, nell’ambito dell’Unione europea, per tutelare il mercato interno e il bilancio unionale. Occorre ricordare, infatti, che nel 2021 erano in vigore 163 misure di difesa commerciale, di cui 109 misure antidumping. Sempre nel 2021 l’Unione europea ha avviato più di 80 inchieste, volte a confermare i dazi antidumping esistenti o a istituirne di nuovi.

Se, da un lato, l’Unione europea istituisce sempre più misure di tutela, soprattutto nei confronti della Cina, dall’altro, è in aumento anche l’attività di indagine nei confronti di operatori in Paesi terzi, che potrebbero realizzare una triangolazione, importando prodotti di origine cinese ed effettuando lavorazioni non idonee all’acquisizione dell’origine doganale, per poi rivenderli nell’Unione europea senza assolvere i dazi antidumping.

Di recente, Olaf ha avviato una nuova indagine sui tubi senza saldatura di ferro (derivanti dalla ghisa) o di acciaio (diversi dall’acciaio inossidabile) importati dalla Thailandia. Secondo l’indagine svolta da Olaf, i prodotti realizzati in Thailandia avrebbero in realtà origine cinese, dal momento che non avrebbero subito una lavorazione sufficiente a determinare l’origine doganale thailandese. Secondo la Dogana, tali prodotti avrebbero pertanto origine cinese, con conseguente applicazione di un dazio antidumping pari al 54,9% del valore della merce.

Da alcuni anni, inoltre, Olaf ha avviato un’indagine sulle importazioni di tubi di acciaio inossidabile importati dall’India. All’esito di un’inchiesta svolta sulla base di un incrocio di dati relativi alle importazioni ed esportazioni dall’India, Olaf è giunto a concludere che i prodotti importati da alcuni fornitori indiani avrebbero origine doganale cinese, con conseguente applicazione di un dazio antidumping pari al 71,9% del valore della merce.

Anche il settore dell’e-bike è oggetto di numerose contestazioni. Nell’ultimo anno, Olaf ha diffuso nuovi Report di indagine, dai quali emergerebbe che le bici elettriche importate dalla Thailandia e dalla Turchia non avrebbero subito una lavorazione sufficiente e dovrebbero, pertanto, considerarsi di origine cinese, con conseguente applicazione di un dazio antidumping pari al 62,10% e di un dazio compensativo pari al 17,20%. Anche in questo caso l’Agenzia delle dogane ha avviato un’attività di accertamento, volta a contestare l’origine dichiarata all’importazione.

Di fronte a questo genere di contestazioni, occorre considerare attentamente tutti gli elementi di prova a supporto del dichiarante doganale. In particolare, assume fondamentale rilievo il certificato di origine non preferenziale rilasciato dalle autorità competenti del Paese terzo da cui provengono i prodotti, in genere dalla Camera di Commercio. Nei casi in cui il fornitore abbia regolarmente richiesto, dando piena garanzia dell’origine della merce da esportare, e ottenuto, all’esito positivo delle verifiche previste dalla normativa vigente, regolari certificati di origine della merce dalla Camera di Commercio, la pretesa dell’Agenzia delle dogane è stata ritenuta illegittima (Cassazione, sez. V, 29 aprile 2020, n. 8337; Cassazione, sez. V, 28 febbraio2019, nn. 5931, 5932, 5933, 5934; Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, 23 novembre 2022, n. 1361).

È, infatti, compito della Dogana dimostrare l’invalidità del certificato di origine non preferenziale, come chiaramente espresso dalla fondamentale sentenza della Corte di Giustizia 9 marzo 2006, C-293/04, Beemsterboer Coldstore Services BV. Secondo la Corte di Cassazione, l’onere probatorio in merito alla diversa origine non può ritenersi assolto nell’ipotesi in cui l’Amministrazione doganale si limiti a richiamare un report Olaf, se tale segnalazione non è supportata da ulteriori elementi che dimostrino l’irregolarità dell’operazione, poiché spetta all’Agenzia delle dogane dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi della maggior pretesa tributaria (Cassazione, sez. V, 31 luglio 2020, n. 16469; Cassazione, sez. V, ord. 24 luglio 2020, n. 15864; Cassazione, sez. V, ord. 29 aprile 2020, n. 8337).

Secondo la giurisprudenza, pertanto, al fine di contestare l’origine documentata nel certificato estero, la Dogana deve porre in essere una puntuale e completa istruttoria per confutarne la veridicità e per dimostrare la diversa origine dello specifico prodotto oggetto di contestazione.

Laureata in Giurisprudenza nel 1993, con lode e la dignità di stampa, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Genova dal 1996, conseguendo 300/300 all’esame finale, ha esercitato, dal 1993 al 2008, attività professionale con il prof. Victor Uckmar, per il quale ha svolto per diversi anni attività di ricerca e didattica in diritto tributario presso l’Università di Genova

Nel 2008 ha fondato lo Studio Armella & Associati, con sedi in Milano e Genova, indicato dalla rivista Forbes tra “Le 100 eccellenze del legal in Italia” e dalla rivista Top legal tra i migliori studi di diritto tributario. Lo Studio è tra i fondatori e unico membro italiano di Green lane, associazione internazionale di studi professionali indipendenti, specializzata in dogane e diritto del commercio internazionale

Membro della Commissione di esperti in materia doganale, nominata dal Vice Ministro delle finanze on.le Maurizio Leo per l’attuazione della riforma fiscale (decreto n. 99/2023)

Presidente della Commissione Dogane & trade facilitation della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce e delegato italiano presso la Commission on Customs and trade facilitation della ICC di Parigi

Docente di diritto doganale presso Università Bocconi, Università Statale di Milano e La Sapienza di Roma in Master e Corsi post universitari, professore a contratto presso ICE