Con la sentenza 15 novembre 2021, n. 234, la Commissione tributaria provinciale di Alessandria ha annullato l’avviso di pagamento, recante una pretesa unicamente a titolo di accise (periodo d’imposta 2015-2020) e non di sanzioni, applicando, sotto diversi aspetti, il principio della tutela del legittimo affidamento.

Nel caso di specie, la Società, titolare di una licenza di esercizio allo svolgimento dell’attività di impianto petrolchimico (produzione e stoccaggio di olii combustibili e gasolio), ha usufruito dei benefici fiscali previsti dall’art. 22, secondo comma, d.lgs. 504 del 1995 (da ora, Tua), in forza di un’autorizzazione rilasciata dall’Agenzia delle dogane nel 2001.

In particolare, in tale autorizzazione l’Agenzia delle dogane ha affermato che “considerato che dal decreto di concessione del deposito costiero in questione risulta che nell’ambito dello stesso sono installati tre serbatoi per il contenimento di olio da gas per consumi interni, nulla osta all’impiego in esenzione d’accisa di olio da gas per le operazioni di riscaldamento tecnicamente necessarie per conservare la fluidità degli oli combustibili stoccati nei vari serbatoi del deposito”.

In relazione a tali operazioni, la Società ha sempre contabilizzato separatamente i consumi dei prodotti energetici interni nei registri di carico e scarico dell’impianto, inviando telematicamente i dati all’Ufficio delle dogane competente e recandosi periodicamente presso gli uffici della Dogana per far allibrare tali registri.

Nel corso di tali incontri periodici, i funzionari preposti al controllo non hanno mai sollevato obiezioni sulla gestione dell’impianto, né sull’esenzione dei prodotti in questione, proprio in forza dell’esistenza e della validità dell’autorizzazione rilasciata dall’Agenzia delle dogane nel 2001. Neanche durante i controlli ordinari e gli inventari quadrimestrali la Dogana ha mai mosso alcuna contestazione, riscontrando sempre i quantitativi debitamente scaricati dai registri fiscali in esenzione di imposta.

A seguito della risoluzione dell’Agenzia delle dogane del 22 gennaio 2020, n. 1/D, che ha affermato l’incompatibilità della categoria dei depositi commerciali di prodotti energetici gestiti ai sensi dell’art. 23, commi 3 e 4, Tua con la fattispecie di esclusione dall’applicazione dell’accisa ex art. 22, Tua, in data 1° dicembre 2020, l’Ufficio ha annullato in autotutela l’autorizzazione rilasciata alla Società nel 2001.

A seguito di ciò, nel mese di dicembre 2020, l’Agenzia delle dogane ha notificato alla Società avviso di pagamento, chiedendo il pagamento di un rilevante importo a titolo di accisa sui prodotti energetici, per il periodo dal 1° giugno 2015 al 22 gennaio 2020, senza irrogare, tuttavia, alcuna sanzione.

La Società ha impugnato l’avviso di pagamento, invocando, tra i motivi, l’irretroattività del provvedimento di revoca dell’autorizzazione concessa, nonché la violazione dell’art. 10, l. 212 del 2000 e la tutela del legittimo affidamento.

In particolare, la Società, da un lato, ha evidenziato che il provvedimento di revoca dell’autorizzazione rilasciata nel 2001, pur qualificato dall’Agenzia quale annullamento in autotutela dell’autorizzazione medesima, non può avere efficacia retroattiva; dall’altro lato, ha invocato il principio della tutela del legittimo affidamento, che trova applicazione sia a livello europeo che nazionale.

Sotto il primo aspetto, la Commissione tributaria provinciale di Alessandria, condividendo l’assunto della ricorrente, si è spinta oltre, affermando che “La rappresentazione dell’Agenzia delle dogane e la rivisitazione del precedente orientamento sfuma e degrada con maggiore valenza verso l’istituto revocatorio più che di annullamento, posto che è indubitabile che l’approdo a cui è prevenuta da ultima l’Agenzia delle dogane è la risultante delle molteplici disposizioni normative e attuative intervenute nel tempo più che il ripristino di una situazione originaria di legalità lesa ab origine della quale viceversa l’Ufficio  nel tempo ne ha costantemente affermato la legittimità”.

Sotto il profilo dell’invocato principio di tutela del legittimo affidamento, i giudici di merito si sono dimostrati categorici nel rendere applicabile tale principio anche in una fattispecie, quale quella in esame, che non riguarda l’irrogazione di sanzioni, ma unicamente tributi (accise).

In particolare, la Commissione tributaria provinciale ha affermato che “la fattispecie rappresenta a sua volta e sostanzia non già e non solo un legittimo affidamento della parte ricorrente nel proprio operato, ma bensì ne ha improntato l’attività commerciale e funzionale, nonché produttiva secondo i dettami volta a volta approvati e prescritti dall’Ufficio, come da questi accertato annualmente e come da questi recepiti in occasione delle segnalazioni quadrimestrali fornite da parte ricorrente e approvate dall’Agenzia delle dogane; di talché fino all’atto del prospettato varietur da ultimo l’ufficio confermava parte ricorrente nell’operato come disposto e segnalato, rafforzando nella parte stessa il convincimento di operare nella piena osservanza delle disposizioni normative”.

Con tale decisione, i giudici tributari hanno pertanto ancora una volta confermato che l’Autorità finanziaria ha il dovere di esercitare i propri poteri, senza tradire quella situazione soggettiva di affidamento dei contribuenti che è la base di ogni rapporto tributario, e di comportarsi secondo correttezza e lealtà, guidando e facilitando l’adempimento dei doveri fiscali da parte dei privati, i quali non devono subire interpretazioni discrezionali e strumentali non aderenti al dettato normativo.

Trattasi di buona fede oggettiva, che trova la sua massima espressione nella tutela dell’affidamento del contribuente, il quale può legittimamente confidare nel fatto che l’Autorità finanziaria si comporti con coerenza e correttezza.

In particolare, l’art. 10, l. 212 del 2000 ha qualificato la buona fede come principio generale, al quale contribuente e Amministrazione devono ispirarsi nell’attuazione del rapporto tributario.

In tale direzione si è espressa la sentenza in commento che ha, sul punto, evidenziato che “da ultimo l’evoluzione normativa e giurisprudenziale invero tende sempre più a tutelare la buona fede e il corretto convincimento normativo di parte laddove, come nella fattispecie, la stessa si pone costantemente nei confronti dell’Ufficio, rappresentando al medesimo la res facti sia interna a mezzo gli accessi disposti dalle Dogane e sia esterna con le segnalazioni di legge e ogni volta venendo confermata nella legittimità del proprio operato riflettente quindi una valenza assoluta in esito alla esplicazione delle funzioni imprenditoriali”.

Nel caso di specie, infatti, come riconosciuto espressamente dai giudici, la ricorrente ha riposto affidamento su atti e comportamenti dell’Amministrazione, nonché sui periodici riscontri e controlli operati dalla Dogana che hanno sempre confermato la correttezza dell’operato della Società.

Al riguardo, la Suprema Corte ha affermato che “l’Amministrazione (…) deve salvaguardare le situazioni soggettive che si sono consolidate per effetto di atti o comportamenti della stessa Amministrazione, idonei a ingenerare un ragionevole affidamento nel destinatario dell’atto.

La tutela dell’affidamento risponde a ragioni di certezza e stabilità dei rapporti giuridici, prevedendo il consolidamento della situazione di vantaggio nell’ambito della sfera del cittadino, che non può essere successivamente sacrificata, in quanto ha determinato la convinzione di essere diritti acquisiti al patrimonio del cittadino beneficiario” (Cass., 9 giugno 2020, n. 1091; Cass., 27 marzo 2019, n. 8514).

In conclusione, sulla base delle argomentazioni sopra illustrate, la Commissione tributaria di Alessandria ha ritenuto “incongrua e illegittima la disposta retroattività della pretesa erariale e ciò sia per quanto attiene all’operato dell’ufficio e in particolare in esito alla qualificazione dell’annullamento in autotutela dell’autorizzazione originaria (mera qualificazione di annullamento non rispondente al corpus del provvedimento) e sia per l’applicazione del principio del legittimo affidamento a cui la parte ha dato e prestato ossequio fidando nel corretto operato dell’Amministrazione”.

Laureata con lode all'Università di Genova con una tesi di Diritto Privato Internazionale, è iscritta all'Albo degli avvocati dal 1999 e all'Albo speciale dei patrocinatori davanti alla Corte di Cassazione dal 2014.

Ha collaborato dal 2001 al 2007 con lo Studio De André, importante studio genovese specializzato in diritto societario e commerciale, e in seguito con un noto studio legale specializzato in diritto tributario (nazionale e internazionale) e in diritto doganale.

Nel 2014 ha fondato con l'avv. Zunino lo Studio legale Zunino - Picco, specializzato in diritto tributario e doganale.

Dal 2016 è socio ordinario dell'Associazione Nazionale Tributaristi Italiani (ANTI).

Laureata all’Università di Genova, è iscritta all’Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale dei patrocinatori davanti alla Corte di Cassazione dal 2014.
Principali settori di attività: contenzioso tributario, diritto tributario nazionale e internazionale, diritto doganale.
Ha approfondito le problematiche doganali connesse alla realtà degli operatori del settore, ponendo quesiti, avanzando interpelli presso le Autorità competenti e impugnando presso le competenti sedi i provvedimenti delle Agenzie fiscali.
Dal 2016 è socio dell'Associazione Nazionale Tributaristi Italiani (ANTI).
Dal 2017 è componente del Consiglio di disciplina territoriale degli spedizionieri doganali della Liguria.