Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione VIII, sentenza 30/10/2025, causa C-500/24 – Pres. f.f. Rodin, Rel. Fenger – Massimo Dutti S.A. c/ Administracion General del Estado

Codice doganale comunitario – Articolo 29 – Valore in dogana delle merci – Determinazione – Merci vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione europea – Regolamento (CEE) n. 2454/93 – Articolo 147 – Vendite successive

L’articolo 29 del codice doganale comunitario e l’articolo 147 delle sue  disposizioni d’applicazione devono essere interpretati nel senso che quando talune merci sono state oggetto di due vendite prima della loro introduzione nel territorio doganale dell’Unione europea per esservi o vincolate al regime del deposito doganale o immesse in libera pratica, la prima vendita non può essere considerata conclusa ai fini dell’esportazione di tali merci verso il territorio doganale dell’Unione, qualora, al momento di tale prima vendita, fosse unicamente dimostrato che dette merci erano destinate a essere introdotte in tale territorio, senza che il luogo di commercializzazione finale di queste ultime fosse ancora stato determinato.

 

La Massimo Dutti è una società la cui attività principale consiste nella distribuzione di articoli di moda. Tali merci sono fabbricate in paesi asiatici e sono vendute (cd. “prima vendita”), dai fabbricanti, alla ITX TRADING S.A., società con sede in Svizzera e, successivamente, rivendute (cd. “seconda vendita”) dalla ITX alla Massimo Dutti.

Successivamente a tale seconda vendita, le merci sono trasportate direttamente dai paesi di fabbricazione verso la Spagna. La maggior parte di tali merci è immessa in libera pratica mentre un’altra parte di queste ultime è vincolata al regime di deposito doganale. Le merci immesse in libera pratica sono o commercializzate nell’Unione o esportate verso paesi terzi. Infatti, le etichette consentono la commercializzazione delle merci in diversi paesi.

Per gli anni 2014 e 2015, la Massimo Dutti ha dichiarato come valore in dogana il valore fatturato dai fabbricanti asiatici alla ITX, vale a dire il prezzo al quale è stata conclusa la prima vendita, ma l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che la prima vendita non fosse stata conclusa ai fini dell’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione. Di conseguenza, essa ha ritenuto che il valore in dogana da prendere in considerazione era quello che aveva effettivamente condotto all’importazione delle merci nell’Unione, ossia la seconda vendita.

Detta amministrazione ha dunque emesso avvisi di accertamento vertenti sui dazi doganali per gli anni 2014 e 2015, impugnati dalla Massimo Dutti con un ricorso respinto sia in primo che in secondo grado.

La Corte Suprema spagnola, adita quale giudice di ultima istanza, ha ritenuto di dover sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea due questioni pregiudiziali.

Con esse è stato chiesto, in sostanza, se l’articolo 29 del codice doganale comunitario e l’articolo 147 delle sue disposizioni di applicazione debbano essere interpretati nel senso che, quando talune merci sono state oggetto di due vendite prima della loro introduzione nel territorio doganale dell’Unione per esservi o vincolate al regime del deposito doganale o immesse in libera pratica, la prima vendita non può essere considerata conclusa ai fini dell’esportazione di tali merci verso il territorio doganale dell’Unione, qualora, al momento di tale prima vendita, fosse unicamente dimostrato che dette merci erano destinate a essere introdotte in tale territorio, senza che il luogo di commercializzazione finale di queste ultime fosse ancora stato determinato.

Nell’affermare il principio di cui in massima, la Corte ha osservato che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto dell’Unione in materia di valutazione in dogana mira a stabilire un sistema equo, uniforme e neutro che escluda l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi. Il valore in dogana deve dunque riflettere il valore economico reale di una merce importata, valore che dev’essere determinato, in via prioritaria, secondo il metodo cosiddetto «del valore di transazione» delle merci importate.

Tale metodo è descritto all’articolo 29, paragrafo 1, del codice doganale comunitario, ai sensi del quale il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione, previa eventuale rettifica.

Dalla formulazione di tale disposizione, e in particolare dall’espressione «vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale del[l’Unione]», emerge che il valore di transazione deve corrispondere a un prezzo di esportazione a destinazione dell’Unione. Deve quindi essere dimostrato, al momento della vendita, che le merci originarie di uno Stato terzo sono destinate al territorio doganale dell’Unione.

Ai fini dell’applicazione di detta disposizione, l’articolo 147, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 2454/93 dispone, nella prima frase, che il fatto che le merci oggetto di una vendita siano dichiarate per l’immissione in libera pratica è da considerarsi un’indicazione sufficiente che esse sono state vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione. Nella seconda frase, tale disposizione precisa che, in caso di più vendite successive realizzate prima della valutazione, detta indicazione vale solo nei confronti dell’ultima vendita sulla cui base le merci sono state introdotte in tale territorio doganale, o nei confronti di una vendita in detto territorio anteriore all’immissione in libera pratica delle merci. Per contro, l’articolo 147, paragrafo 1, del regolamento n. 2454/93 prevede, al secondo comma, che, qualora venga dichiarato un prezzo relativo ad una vendita anteriore all’ultima vendita sulla cui base le merci sono state introdotte nel territorio doganale dell’Unione, deve essere dimostrato adeguatamente all’autorità doganale che tale vendita è stata conclusa ai fini dell’esportazione verso tale territorio.

Pertanto – ha rilevato la Corte – qualora si debba applicare tale secondo comma, deve essere provato che la vendita di cui trattasi è stata conclusa ai fini dell’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione.

Infatti, a differenza del primo comma dell’articolo 147, paragrafo 1, del regolamento n. 2454/93, il secondo comma di tale disposizione non conferisce all’introduzione delle merci nel territorio doganale dell’Unione un valore d’indicazione sufficiente per ritenere che la vendita che esso riguarda è stata conclusa ai fini dell’esportazione verso tale territorio. Di conseguenza, per dimostrare che la vendita anteriore all’ultima vendita sulla cui base le merci sono state introdotte nel territorio doganale dell’Unione è stata conclusa ai fini dell’esportazione verso tale territorio, devono essere forniti elementi che vadano oltre la sola indicazione che tali merci sono state introdotte in detto territorio, inteso come ambito geografico.

Orbene, la prova che una siffatta vendita è stata conclusa ai fini dell’esportazione delle merci verso il territorio doganale dell’Unione non può considerarsi fornita se, al momento della stessa, la destinazione commerciale delle merci di cui trattasi non era nota e l’introduzione programmata di tali merci in tale territorio era prevista soltanto nell’attesa di una decisione in merito alla loro destinazione finale.

Poiché la dimostrazione richiesta all’articolo 147, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 2454/93 riguarda la situazione quale essa si presentava al momento della vendita, gli elementi derivanti dalle circostanze intervenute successivamente alla conclusione di quest’ultima, pur potendo consentire, se del caso, di trarre conclusioni su tale situazione sono, in linea di principio, irrilevanti. Ciò si verifica in particolare con l’introduzione effettiva delle merci di cui trattasi nel territorio doganale dell’Unione, con la loro immissione in libera pratica o, al contrario, con la loro riesportazione verso un paese terzo. Infatti, tali elementi non consentono, nei casi menzionati in tale disposizione, di concludere o, al contrario, di escludere che la vendita menzionata dalla medesima sia stata conclusa ai fini dell’esportazione di dette merci verso tale territorio.

 

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione IX, sentenza 1/8/2025, causa C-375/24 – Pres. Jaaskinen, Rel. Arabadjeev – Keesing Deutschland GmbH c/ Finanzamt für Körperschaften II

Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 98 – Facoltà per gli Stati membri di applicare un’aliquota IVA ridotta a talune cessioni di beni e prestazioni di servizi – Normativa nazionale che fa ricorso alla nomenclatura combinata per delimitare la categoria dei beni soggetti ad un’aliquota ridotta – Regolamento (CEE) n. 2658/87 – Nomenclatura combinata – Voci doganali – Voce 4902 – Portata – Nozione di “pubblicazioni periodiche stampate” – Quaderni contenenti giochi di sudoku numerici e pubblicati periodicamente – Assenza di un testo composto principalmente da caratteri alfabetici

La voce doganale 4902 della nomenclatura combinata contenuta nell’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune, nella versione risultante dal regolamento di esecuzione (UE) 2018/1602 della Commissione, dell’11 ottobre 2018, deve essere interpretata nel senso che rientrano in tale voce merci descritte come quaderni di carta legati alla rustica contenenti principalmente giochi di sudoku stampati, nei quali taluni numeri della serie da 1 a 9 sono già inseriti in una griglia, mentre gli altri numeri devono esservi inseriti in un ordine preciso, e che sono pubblicati ogni otto settimane.

 

Nel corso del 2019, la Keesing Deutschland ha commercializzato quaderni di giochi consistenti in prodotti stampati in carta legati alla rustica, ciascuno dei quali comprendente un centinaio di pagine tenute insieme da un punto metallico. Ciascun quaderno conteneva una prefazione, indicazioni legali, una spiegazione delle regole del sudoku, 88 giochi di sudoku – nei quali alcuni numeri della serie da 1 a 9 erano già inseriti in una griglia, mentre gli altri numeri devono esservi inseriti in un ordine preciso -, le soluzioni corrispondenti e una pubblicità, stampata sull’ultima pagina. Sulla copertina figuravano il numero del fascicolo, il riferimento alla periodicità della pubblicazione, cioè ogni otto settimane, e la data di uscita di ciascun quaderno di giochi.

Nella sua dichiarazione del fatturato, la Keesing Deutschland ha applicato agli importi generati dalla vendita dei quaderni di cui trattasi l’aliquota IVA ridotta del 7%, prevista all’articolo 12, paragrafo 2, punto 1, dell’UStG, in combinato disposto con il punto 49, lettera b), dell’allegato 2 di tale legge, ritenendo che detti quaderni fossero ricompresi nella voce 4902 della NC.

Il Finanzamt ha negato l’applicazione della suindicata aliquota IVA, ritenendo che fosse applicabile l’aliquota ordinaria, in quanto i quaderni di gioco di cui al procedimento principale dovevano essere classificati sotto la voce 4911 della NC, non contenendo un “testo qualificato” e non rientrando, di conseguenza, nella nozione di «Druckschrift» («scritto stampato»), utilizzata nella versione in lingua tedesca della voce 4902 della NC.

A fronte del ricorso della Keesing, il Giudice adito ha sottoposto alla Corte di Giustizia una questione pregiudiziale, chiedendo, in sostanza, se la voce doganale 4902 della NC includesse i prodotti considerati oppure no.

La Corte, nel rispondere positivamente, ha osservato che, ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 3, della direttiva IVA, quando applicano le aliquote ridotte alle categorie relative a cessioni di beni, gli Stati membri possono far ricorso alla NC per delimitare con precisione la categoria in questione. Tuttavia, il ricorso alla NC non è che uno dei vari modi di delimitare con precisione la categoria di cui trattasi, sicchè se le operazioni alle quali si applica l’aliquota ridotta rientrino in una delle categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA e il principio di neutralità fiscale è rispettato, il legislatore nazionale è libero, quando delimita, nel suo diritto interno, le categorie alle quali intende applicare tale aliquota ridotta, di classificare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi incluse nelle categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA secondo il metodo che ritiene più adeguato. Nel caso di specie, tuttavia, dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio emerge che, per quanto riguarda la fornitura di “scritti stampati periodici”, il legislatore tedesco ha attuato la facoltà prevista dall’articolo 98 della direttiva IVA facendo riferimento unicamente alla voce 4902 della NC, la cui interpretazione è di spettanza della Corte di Giustizia.

Quanto alla formulazione della voce 4902 della NC, la Corte ha osservato che vi sono divergenze tra le varie versioni linguistiche di tale voce, in particolare tra le versioni in lingua tedesca, francese e inglese della stessa.

Poiché in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della Convenzione sul Sistema Armonizzato (SA), le parti contraenti di quest’ultima, tra le quali figura l’Unione, si impegnano a far sì che le loro nomenclature tariffarie e statistiche siano conformi al SA e a non modificare la portata delle voci di quest’ultimo, occorre fare riferimento alle versioni in lingua francese e inglese della voce 4902 della NC, le quali corrispondono rispettivamente alle versioni in lingua francese e inglese della voce 4902 del SA, in quanto la NC è stata redatta sulla base del SA di cui solo i testi in lingua francese e inglese fanno fede, in forza della formula finale della convenzione sul SA.

Al riguardo, sotto un primo profilo, dalla formulazione della voce 4902 della NC, nelle sue versioni in lingua francese e inglese, risulta che in tale voce rientrano, in particolare, le pubblicazioni periodiche stampate; tale interpretazione è confermata dalla nota esplicativa relativa alla voce 4902 del SA, la quale precisa, da un lato, che “[il] carattere distintivo dei prodotti compresi in questa voce risiede nel fatto che essi sono pubblicati in serie continua, con uno stesso titolo e a intervalli regolari, con ciascun esemplare datato (…) e generalmente numerato” e, dall’altra, che le pubblicazioni periodiche rientranti in detta voce sono «provviste, il più delle volte, di testi stampati [e] possono essere anche largamente illustrate o costituite, principalmente, da incisioni e contenere della pubblicità».

Sotto un secondo profilo, nulla nel testo della voce 4902 della NC, nelle sue versioni in lingua francese e inglese, suggerisce che debbano essere classificate in tale voce solo le pubblicazioni periodiche contenenti principalmente degli scritti e ancor meno che detta voce includa solo le pubblicazioni periodiche contenenti principalmente un testo.

Al contrario, l’uso dell’espressione “il più delle volte” nella parte della nota esplicativa relativa alla voce 4902 del SA citata induce a ritenere che le pubblicazioni periodiche contenenti principalmente testo stampato ricadano, certo, sotto tale voce, ma che questa ricomprenda anche pubblicazioni periodiche aventi un contenuto diverso dal testo.

Infine, dalle considerazioni generali contenute nelle note esplicative relative al capitolo 49 del SA emerge che, nel testo di tale capitolo, il termine “stampato” non ha una portata diversa in funzione della “natura dei caratteri impiegati: alfabeti e sistemi di numerazione di qualsiasi specie, segni stenografici, segni dell’alfabeto Morse o codici convenzionali simili, caratteri Braille, notazioni e simboli di musica, né [in funzione] della presenza di illustrazioni o di schizzi”.

Per quanto riguarda, da ultimo, l’esame comparativo delle versioni del testo della voce 4902 della NC in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, occorre rilevare che tale esame rivela che la versione in lingua tedesca della disposizione in parola è l’unica a riferirsi agli “scritti stampati” (Druckschriften). A titolo di esempio, vanno citate le versioni di tale voce in lingua spagnola, ceca, greca, inglese, francese, olandese, finlandese e svedese, che impiegano rispettivamente i termini «publicaciones periódicas, impresos», «periodika», «περιοδικές εκδόσεις τυπωμένες», «periodicals», «publications périodiques  imprimées», «tijdschriften», «aikakauslehdet» e «tidskrifter».

Pertanto, devono essere classificate nella voce 4902 della NC, in particolare, le pubblicazioni periodiche stampate senza che esse debbano necessariamente contenere principalmente testo.

Già partner per oltre 12 anni in altro prestigioso studio legale tributario italiano, si occupa di diritto doganale e delle accise e di IVA, fornendo consulenza alle imprese ed assistenza innanzi alle autorità giudiziarie italiane e dell’Unione europea in caso di contenziosi.
E’ docente in corsi di formazione in materia doganale e processuale tributaria e dal 2008 al 2016 ha insegnato, quale aggiunto della materia “Legislazione e servizi in materia di dogane”, presso l’Accademia della Guardia di Finanza. Già docente a contratto di “Diritto doganale” presso alcune Università italiane, è autore di articoli, note a sentenze e monografie.