La legge di bilancio 2024 ha prorogato l’entrata in vigore della Plastic tax al 1° luglio 2024.
La Circolare 2 febbraio 2024, n. 2 di Assonime ha rilevato che, nonostante si tratti del quinto rinvio per questa imposta, introdotta nel nostro sistema per la prima volta con la legge di bilancio 2020, manchino ancora del tutto i provvedimenti attuativi e circolari, necessarie per regolare gli adempimenti legati a queste nuove forme di imposizione tributaria.
La Plastic tax, già in vigore da anni in diversi Paesi membri UE come la Spagna, si configura come un’imposta sul consumo, simile alle accise, che colpirà i produttori e gli importatori di plastiche monouso (c.d. MACSI, ossia Manufatti per il consumo con singolo impiego). Il costo della Plastic tax, come Iva e accise appunto, è destinato a ripercuotersi principalmente sui consumatori finali ma, al tempo stesso, obbliga molte imprese a modificare i propri standard industriali e le filiere di approvvigionamento, anche e soprattutto extra-UE, muovendo verso obiettivi di efficienza ambientale.
Alle aziende è richiesto un aggiornamento dei modelli produttivi di intere filiere commerciali. Al tempo stesso, comporterà nuovi adempimenti di cui dovranno tenere conto tutti gli operatori attivi nel settore del commercio internazionale. Da questo punto di vista, si tratta di introdurre un vero e proprio nuovo tributo doganale ambientale.
Il dibattito politico circa la necessità dell’introduzione di un’imposta sulle plastiche monouso ha coinvolto per anni molti tavoli istituzionali europei nel contrasto al fenomeno della crescente produzione dei rifiuti di plastica. Pur riconoscendo il ruolo cardine che tale materiale ancora svolge nell’industria, l’Unione europea, con la direttiva 5 febbraio 2019, n. 904 stigmatizzò l’utilizzo sempre più diffuso in applicazioni di breve durata, come imballaggi e confezioni. L’Unione promuove per il futuro cicli di riciclaggio innovativi, finalizzati al superamento del modello “produzione-consumo-smaltimento”, in favore di un sistema in cui il prodotto di scarto finale viene re-immesso in circolo. L’obiettivo finale è raggiungere la riciclabilità di tutti gli imballaggi di plastica entro il 2030.
Dopo ben cinque proroghe disposte dai vari governi succedutisi negli anni, nel luglio 2024 la Plastic tax dovrebbe entrare in vigore anche in Italia. Per il momento, si conosce solo la misura dell’imposta è pari a 0,45 euro per ogni Kg di plastica monouso prodotta in Italia, introdotta da altri Paesi appartenenti all’Unione europea o importata dai territori extra unionali.
A seguito di un ulteriore intervento contenuto nella legge di bilancio 2021, 3 anni fa l’Agenzia delle dogane ha anticipato online la prima bozza di una circolare che dovrebbe contenere le istruzioni relative all’introduzione del nuovo tributo. Nei prossimi mesi si attende la versione definitiva di tale provvedimento.
Da un punto di vista oggettivo, per plastica monouso si intendono i manufatti con singolo impiego (c.d. “MACSI”) che hanno – o sono destinati ad avere – funzione di contenimento di merci o prodotti alimentari, realizzati sotto forma di fogli, pellicole o strisce, con l’impiego, anche parziale, di materiale plastico. Generalmente, i MACSI non sono prodotti o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati.
Sono esclusi dall’applicazione dell’imposta i prodotti in materiale compostabile, i dispositivi medici e i manufatti adibiti a contenere e proteggere medicinali. La legge di bilancio 2021 ha escluso anche i MACSI provenienti da processi di riciclo e quelli importati nel nostro Paese in regime di franchigia doganale.
Da un punto di vista soggettivo, saranno obbligati al pagamento della Plastic tax coloro che producono MACSI mediante impianti siti nel territorio nazionale, coloro che acquistano o vendono ai consumatori MACSI provenienti da altri Paesi UE e gli importatori di MACSI provenienti da Paesi terzi. La legge di bilancio 2021 ha modificato la norma introduttiva, aggiungendo al novero dei debitori d’imposta i c.d. “committenti”, ossia soggetti (sia residenti che non residenti in Italia) che intendono vendere ad altri soggetti nazionali MACSI, ottenuti per loro conto in un impianto di produzione. Il Legislatore ha anche precisato che non possono essere qualificati come soggetti obbligati a versare l’imposta i c.d. “trasformatori”, ossia i produttori di MACSI che utilizzano nella propria filiera altre plastiche monouso, per i quali l’imposta è già dovuta dal fornitore delle stesse.
Il tributo diventa esigibile all’atto dell’immissione in consumo nel territorio nazionale. Per i MACSI realizzati in Italia tale momento coinciderà con la cessione ad altri soggetti nazionali, mentre per quelli prodotti in altri Paesi UE il presupposto impositivo si identificherà con l’acquisto nell’esercizio dell’attività economica d’impresa o la cessione al consumatore. Per quanto riguarda le plastiche monouso provenienti da Paesi terzi, l’esigibilità del tributo coinciderà con l’importazione definitiva nel territorio nazionale.
La liquidazione e l’accertamento dell’imposta avverrà sulla base di una dichiarazione, che dovrà essere presentata trimestralmente all’Agenzia delle dogane. L’importo derivante da tale dichiarazione dovrà essere versato entro il primo mese successivo al trimestre solare di competenza, mediante F24 accise. Il Legislatore ha previsto una soglia di esenzione dal tributo molto bassa, pari a 25 euro trimestrali.
In caso di mancato o tardivo versamento dell’imposta, è prevista una sanzione dal doppio al quintuplo dell’importo dovuto, mentre, in caso di tardiva presentazione della dichiarazione trimestrale, la violazione partirà da un minimo di 250 euro fino ad arrivare a un massimo di 2.500 euro.
Nel 2021 l’Agenzia delle dogane ha previsto ulteriori adempimenti a carico dei fabbricanti di MACSI. Essi dovranno trasmettere telematicamente una comunicazione preventiva recante l’elenco dei MACSI prodotti in sede, indicando le caratteristiche degli impianti utilizzati, nonché una stima della produzione annua. Dovranno predisporre, inoltre, una contabilità giornaliera, con dettaglio dei venditori e altri impianti ai quali sono destinate le proprie forniture.
Con riferimento agli aspetti strettamente legati al settore del commercio internazionale, gli importatori saranno tenuti a indicare in sede di dichiarazione doganale il codice di classifica doganale, aggiungendo lo specifico codice addizionale “Z050”, che indicherà che la merce importata è soggetta alla Plastic tax. L’importo dovuto verrà quantificato (in autoliquidazione) sulla base del quantitativo di MACSI dichiarato.
Per le fatture di accompagnamento dei MACSI ceduti o importati, l’Agenzia delle dogane nel febbraio 2021 ha previsto una necessaria annotazione dell’imposta assolta. Tale adempimento è finalizzato alla fruizione dell’eventuale rimborso del tributo, in caso di successiva rivendita dei medesimi prodotti.
Occorre, infine, evidenziare come, attualmente, in Italia risulti già in vigore una Plastic tax “europea”, recepita dal decreto Milleproroghe del 31 dicembre 2020. Il tributo è a carico dello Stato e, rispetto all’imposta italiana, non deriva dal consumo di MACSI. L’importo da versare, infatti, ammonta a 0,80 euro per ogni kg di rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati e generati in ciascuno Stato appartenente all’Unione europea.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ha frequentato il corso di perfezionamento in Diritto Tributario presso l’Università di Genova e il Master in Diritto Tributario presso l’Università Cattolica di Milano.
Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Genova, dopo una lunga esperienza presso un noto studio legale specializzato in fiscalità indiretta, dal 2019 entra a far parte del team dello Studio Armella & Associati.
È autore di numerosi articoli e svolge attività di docenza in seminari e corsi di formazione in materia tributaria.
È membro del gruppo di lavoro Accise della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce.