Premessa

Con sentenza 6 febbraio 2023, n. 3532, la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini della classificazione doganale, per poter qualificare un prodotto come “parte” di un bene principale, è necessario che esso risulti indispensabile per il suo funzionamento; in assenza di tale presupposto, il prodotto deve essere classificato secondo le regole generali, con la voce doganale sua propria.

Nella fattispecie sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, una società italiana ha importato videocamere del tipo action cam e i relativi accessori (quali l’attacco per il treppiede e le custodie protettive in silicone), dichiarando per entrambi un’unica voce doganale, ossia il codice NC 8525 80 30 (“Fotocamere digitali”). L’Agenzia delle dogane ha rettificato la voce doganale attribuita non soltanto alle videocamere importate, ma anche ai rispettivi accessori, ritenendo che tali prodotti non rientrassero nella nozione giuridica di “parti” e che, pertanto, dovesse essere loro attribuita una diversa sottovoce doganale, con conseguente recupero dei maggiori diritti.

I giudici di legittimità hanno riconosciuto la correttezza della pretesa erariale, non ritenendo sussistenti, nel caso di specie, le condizioni affinché gli accessori importati potessero essere considerati “parti” delle videocamere.

La classificazione doganale delle merci

La sentenza in commento – al di là del prodotto specificamente in esame – esprime importanti principi in ordine alla classificazione doganale delle merci e in merito ai criteri interpretativi in forza dei quali un bene, “servente” di un altro, possa essere classificato – sotto il profilo doganale – quale parte del bene principale.

Com’è noto, la determinazione della classificazione delle merci è demandata alla responsabilità dei singoli operatori, i quali sono tenuti a indicare in dichiarazione il codice doganale corrispondente al prodotto commercializzato.

L’identificazione della corretta voce tariffaria di un bene, pur essendo un processo sovente complesso, costituisce un momento fondamentale per l’operatore economico, in quanto consente di conoscerne il trattamento daziario e le disposizioni unionali applicabili, limitando il rischio di incorrere in eventuali irregolarità e nelle correlate sanzioni.

Al riguardo, la Corte di Giustizia ha più volte ribadito[1] che la classificazione doganale di un prodotto deve essere effettuata, in via generale, sulla base delle sue caratteristiche e proprietà oggettive, come definite dal tenore letterale delle voci della Nomenclatura Combinata e delle corrispondenti note premesse alle sezioni o ai capitoli[2], tenendo conto della sua destinazione d’uso finale[3] e della funzione principale da esso assolta.

La classificazione doganale delle merci della Nomenclatura Combinata deve avvenire in conformità alle sei “Regole generali di interpretazione della nomenclatura combinata[4]”; ulteriori strumenti utilizzabili, infine, sono le Note Esplicative del Sistema Armonizzato emanate dal WTO, le Note Esplicative della Nomenclatura Combinata emanate dalla Commissione europea con la Comunicazione 2019/C 119/01, le Note complementari alla Taric, i c.d. “Regolamenti di classificazione”, nonché le sentenze emesse dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

La nozione di “parti” nell’interpretazione giurisprudenziale

Sulla definizione di “parti”, nel silenzio del legislatore, è intervenuta la Corte di Giustizia, precisando che tale espressione implica la presenza di un insieme per il cui funzionamento le parti sono indispensabili, a differenza degli “accessori”, i quali consistono in elementi di attrezzatura interscambiabili[5].

Tale soluzione interpretativa è stata confermata dalla recente sentenza 9 marzo 2023, C-725/2021, con la quale la Corte di Giustizia si è pronunciata in merito alla non riconducibilità di beni consistenti in reti per la realizzazione di tasche da fissare su sedili per autoveicoli alla nozione di “parti” di sedili.

Al riguardo, i giudici europei hanno chiarito che “per poter qualificare un articolo come “parte”, […], non basta dimostrare che senza tale articolo la macchina o l’apparecchio non è in grado di rispondere ai bisogni cui è destinato. Occorre altresì dimostrare che il funzionamento meccanico o elettrico della macchina o dell’apparecchio di cui trattasi è condizionato da detto articolo”.

In altri termini, la possibilità di qualificare un bene come “parte” è subordinata al fatto che esso abbia una funzione strutturale e condizioni il funzionamento del prodotto principale.

Alla luce di tale criterio, pertanto, le reti in oggetto non costituirebbero parti dei sedili, poiché, una volta rimosse, questi mantengono comunque inalterate le loro funzioni principali.

In senso analogo si era espressa anche la Suprema Corte con la sentenza 15 ottobre 2019, n. 25966, affermando il principio di diritto secondo cui “in base alla c.d. “nomenclatura combinata” un prodotto è da classificare nella voce doganale o sottovoce doganale di un altro prodotto soltanto se ne costituisce “parte” – e, dunque, per il cui funzionamento sia indispensabile – ovvero “accessorio” – e, dunque tale da renderlo atto a un particolare lavoro o da conferirgli possibilità supplementari o ancora da metterlo in grado di assicurare un servizio particolare in relazione alla sua funzione principale”.

Nel caso di specie, l’Amministrazione doganale aveva escluso che il dispositivo interessato, consistente in un catetere per interventi di angioplastica coronarica, potesse essere considerato come “parte” o “accessorio” di un impianto di stent coronarico, dal momento che il funzionamento di quest’ultimo non dipendeva né era condizionato dalla presenza del medesimo dispositivo. La Corte di Cassazione, nell’accogliere la tesi prospettata dall’Ufficio, ha evidenziato che, soltanto nel caso in cui sia integrato il requisito della dipendenza funzionale tra i beni in questione, questi possono essere classificati alla medesima voce o sottovoce doganale; a tal fine, non costituisce un fattore dirimente la destinazione esclusiva del prodotto a un particolare modello di macchina o impianto.

Da ultimo, in linea con l’orientamento dei giudici unionali e della giurisprudenza di legittimità, la sentenza in commento ha ribadito come i prodotti in esame possano essere qualificati come “parti” non già sulla base della loro natura servente e della loro destinazione esclusiva ai beni principali, bensì valutando se gli stessi siano indispensabili e condizionino, sul piano meccanico o elettrico, il funzionamento degli apparecchi digitali importati. Ad avviso della Corte di Cassazione, i prodotti importati, sebbene destinati alle videocamere importate, non risultano in nessun modo indispensabili per il funzionamento delle stesse, con la conseguenza di non poter essere classificati alla voce doganale delle parti.

In conclusione, in assenza di una specifica sottovoce attribuibile agli accessori per videocamere, la Cassazione ha ritenuto applicabile la Regola generale per l’interpretazione della NC n. 3 b)[6], attribuendo ai predetti beni il codice tariffario del materiale principale di cui è composta la merce importata (i.e. la plastica).

L’importanza della corretta classificazione doganale dei componenti ai fini dell’applicazione della normativa dual use

La corretta classificazione doganale di un prodotto come parte o come bene autonomo rileva non soltanto all’importazione, ai fini dell’individuazione della relativa aliquota daziaria ma, altresì, all’esportazione, soprattutto al fine di valutare quale sia la corretta regola di origine e se allo stesso sia applicabile o meno la disciplina Dual Use.

A tale riguardo, com’è noto, il Reg. UE n. 2021/821, prevede un regime di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti Dual Use[7].

Gli operatori economici, dunque, sono chiamati a controllare che i beni commercializzati non siano sottoposti a misure restrittive, consultando, a tal fine, le note della Taric e individuando il codice duale corrispondente, tenuto conto delle caratteristiche tecniche del prodotto e della loro potenziale rispondenza a quelle individuate nell’Allegato I.

L’esportazione dei beni listati in Allegato I, infatti, è subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte dell’UAMA[8].

Al fine di evitare elusioni della normativa, inoltre, le Note Generali dell’Allegato I al Reg. UE n. 2021/821 stabiliscono che siano sottoposti ad autorizzazione per l’esportazione anche beni non listati, qualora in tali beni siano contenuti componenti – specificati nell’elenco – che ne costituiscano l’elemento principale[9] e da questi possano essere facilmente rimossi per altre utilizzazioni.

Per evitare che beni listati nell’elenco di cui all’Allegato I possano essere esportati senza autorizzazione, in quanto incorporati in un prodotto complesso, di per sé non listato, la nota in esame prevede che il controllo sull’applicabilità della normativa Dual Use debba essere condotto sia in relazione al prodotto finito che ai rispettivi componenti, compresi i ricambi e gli eventuali software, che, di conseguenza, devono essere autonomamente classificati.

È di particolare importanza, in tali casi, addivenire a una corretta classificazione doganale, pertanto, non soltanto del prodotto finito (macchinario o impianto) ma anche dei suoi singoli componenti, al fine di verificarne l’eventuale dualità.

In caso di dubbio – tanto all’import, al fine di scongiurare recuperi daziari e irrogazione di sanzioni, quanto all’export, per evitare di incorrere in gravi violazioni di natura penale – è opportuno procedere alla richiesta, ai sensi dell’art 33 del Reg. UE n. 952/2013 (CDU), di un’Informazione Tariffaria Vincolante (ITV) che consente di ottenere dall’Agenzia delle Dogane, Area Centrale, una pronuncia ufficiale in merito alla classificazione doganale.

[1] Corte Giust., 26 settembre 2000, C-42/99, Eru Portuguesa, punto 13; Corte Giust., 5 marzo 2015, C-178/14, Vario Tek, punto 21; Corte Giust., 25 febbraio 2016, C-143/15, G.E. Security, punto 44; Corte Giuts., 15 maggio 2019, C-306/18, Korado, punto 36; Corte Giust., 30 aprile 2020, C-810/18, DHL Logistics (Slovakia) spol. s r.o., punto 25.

[2] La Regola generale per l’interpretazione della NC n. 1, in particolare, prevede che “la classificazione delle merci è determinata legalmente dal testo delle voci, da quello delle note premesse alle sezioni o ai capitoli, e, occorrendo, dalla regole che seguono, purché non contrastino con il testo di dette voci e note”.

[3] Ex plurimis, Corte Giust., 2 maggio 2019, C-268/18, Onlineshop, punto 29.

[4] Contenute nell’Allegato I al Reg. CEE n. 2658/87.

[5] In tal senso, v. Corte Giust., 7 febbraio 2002, C-276/00, Turbon International GmbH.

[6] Tale Regola stabilisce che “i prodotti misti, i lavori composti di materie differenti o costituiti dall’assemblaggio di oggetti differenti e le merci presentate in assortimenti condizionati per la vendita al minuto, la cui classificazione non può essere effettuata in applicazione della regola 3 a), sono classificati, quando è possibile operare questa determinazione, secondo la materia o l’oggetto che conferisce agli stessi il loro carattere essenziale”.

[7] Ossia, secondo la definizione normativa “i prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare e comprendono i prodotti che possono essere impiegati per la progettazione, lo sviluppo, la produzione o l’uso di armi nucleari, chimiche o biologiche o dei loro vettori, compresi tutti i prodotti che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualsiasi impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri ordigni esplosivi nucleari”.

[8] Sotto il profilo sanzionatorio, l’art. 18, d.lgs. 221 del 2017, punisce l’esportazione dei prodotti dual use non listati senza la relativa autorizzazione, ovvero con autorizzazione ottenuta fornendo dichiarazioni false, con la reclusione da 2 a 6 anni o con la multa da 25.000 a 250.000 euro.

[9] Per giudicare se i componenti specificati nell’elenco di cui all’Allegato I devono essere considerati l’elemento principale occorre tener conto della loro quantità, del loro valore e del loro contenuto tecnologico, nonché di altre circostanze particolari che potrebbero far individuare tali componenti come l’elemento principale dei beni in esportazione.