Con alcuni comunicati stampa[1], l’Agenzia delle dogane ha reso pubblica l’intensa attività di controllo dalla stessa svolta sulle merci in esportazione verso la Russia, per verificare il rispetto dei divieti imposti dal Regolamento UE n. 833/2014. In esito alle verifiche effettuate, in particolare, la Dogana ha contestato le voci doganali dichiarate all’atto dell’esportazione verso la Russia, riqualificando la merce come vietata ai sensi della normativa unionale: i prodotti, pertanto, sono stati sottoposti a sequestro, ai fini della confisca obbligatoria, mentre i legali rappresentanti delle società esportatrici sono stati denunciati alla competente autorità giudiziaria.

 

Il quadro sanzionatorio unionale

Com’è noto, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, l’UE ha imposto alla Russia una serie di nuove sanzioni, che si sono aggiunte a quelle già in vigore dal 2014 a causa dell’annessione della Crimea e della mancata attuazione degli accordi di Minsk[2]. Le sanzioni comprendono misure restrittive individuali, sanzioni economiche (divieti di esportazione o di importazione, restrizioni ai trasporti), finanziarie e diplomatiche.

Con particolare riferimento all’esportazione di beni unionali verso la Russia, salve alcune specifiche eccezioni[3], il Reg. 833/2014 sancisce il divieto di esportare tutti i prodotti c.d. dual use, ossia i beni aventi un utilizzo sia civile che militare, listati dall’Allegato I del Regolamento UE n. 2021/821[4]. Un divieto analogo opera per i beni e le tecnologie destinati ai settori militare, tecnologico, energetico, petrolifero, industriale[5], nonché per i beni di lusso ascrivibili alle categorie merceologiche specificate dall’Allegato XVIII del Reg. 833/2014[6].

La responsabilità penale dell’esportatore

Tale complesso sistema di sanzioni, inevitabilmente, si ripercuote sulle aziende unionali, chiamate a effettuare un’attenta disamina delle proprie controparti contrattuali, dei beni commercializzati e della loro specifica destinazione/provenienza geografica, al fine di evitare di incorrere in violazioni della normativa unionale, e nelle conseguenti responsabilità, di natura penale.

Al riguardo, si osservi come, pur essendo le sanzioni alla Russia imposte da un regolamento europeo, le relative violazioni, eventualmente commesse da imprese unionali, sono punite in forza di norme nazionali, emanate da ciascuno Stato membro.

In materia penale, infatti, il potere legislativo dell’Unione europea è limitato dall’articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)[7] alla cooperazione giudiziaria. Il medesimo articolo, inoltre, prevede che i poteri legislativi dell’Unione in materia penale possano essere esercitati solo attraverso direttive, escludendo sostanzialmente i regolamenti quali atti giuridici destinati a tali specifici scopi. Anche attraverso i regolamenti, l’Unione europea non può che indurre gli Stati membri a punire determinate condotte, senza intervenire direttamente con sanzioni sui cittadini europei, con la conseguenza che ogni Stato membro mantiene il controllo sulle scelte e sul sistema sanzionatorio, con il solo obbligo di allinearsi agli standard minimi armonizzati, qualora previsti.

Con specifico riferimento al complesso normativo delle sanzioni alla Russia, l’articolo 8 del Reg. 833/2014 (e, con analoghe formulazioni, gli articoli 8 del Reg. 692/2014 e 15 del Reg. 269/2014) prescrive che “Gli Stati membri stabiliscono norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano alla Commissione le norme di cui al paragrafo 1 subito dopo l’entrata in vigore del presente regolamento e la informano di ogni successiva modifica”.

In applicazione di tale delega, nell’ordinamento nazionale la disciplina sanzionatoria per le violazioni ai divieti europei di commercializzare con la Russia è contenuta nel D.Lgs. 15 dicembre 2017, n. 221[8].

In particolare, l’art. 20 punisce con la reclusione da 2 a 6 anni la condotta di chiunque effettua operazioni di esportazione di prodotti listati, ovvero presta servizi di intermediazione o di assistenza tecnica concernenti i medesimi prodotti, in violazione dei divieti contenuti nei regolamenti unionali.

Alla stessa pena soggiace chiunque effettua operazioni di esportazione di prodotti listati, ovvero presta servizi di intermediazione o di assistenza tecnica concernenti i medesimi prodotti, senza la prescritta autorizzazione, o con autorizzazione ottenuta fornendo dichiarazioni o producendo documentazione false. In tal caso, in alternativa alla reclusione è prevista la multa da euro 25.000 a euro 250.000. Per l’inosservanza degli obblighi prescritti dalle autorizzazioni rilasciate, invece, è irrogata la reclusione da 1 a 4 anni o la multa da 15.000 a 150.000 euro.

In ogni caso, è prevista la confisca obbligatoria delle cose impiegate o destinate alla commissione del reato o, laddove ciò non sia possibile, la confisca per equivalente[9].

È interessante notare che, in assenza di armonizzazione, i legislatori dei 27 Paesi dell’Unione non hanno manifestato un atteggiamento univoco, perseguendo la stessa condotta violativa dei regolamenti unionali alcuni come reato, altri come reato o illecito amministrativo a seconda della gravità della stessa, e altri, infine, solo come illecito amministrativo[10]. I sistemi sanzionatori nazionali differiscono anche da un punto di vista sostanziale, con una pena detentiva variabile entro un minimo e un massimo edittali fissati rispettivamente a 2 e 12 anni, e una multa che può andare dai 1.200 ai 500.000 euro.

Con l’obiettivo di omogeneizzare questo mosaico frammentato, che facilita l’aggiramento delle misure restrittive favorendo un effetto distorsivo della concorrenza, il 25 maggio 2022 la Commissione europea ha adottato una proposta di direttiva, corredandola con una comunicazione dal titolo “Towards a Directive on criminal penalties for the violation of Union restrictive measures”, mirata all’introduzione di un reato europeo ad hoc, oltre che al rafforzamento delle norme unionali in tema di recupero e confisca dei beni coperti da divieti commerciali. Il Consiglio europeo, dopo aver richiesto la necessaria approvazione del Parlamento, ha deliberato all’unanimità la decisione di aggiungere la violazione delle misure restrittive all’elenco dei reati dell’UE[11]. A seguito dell’adozione della decisione, la Commissione europea presenterà una proposta di direttiva, contenente norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni, che dovrà essere discussa e adottata dal Consiglio e dal Parlamento.

 

La tutela dello spedizioniere doganale

Anche alla luce delle gravose sanzioni previste dalla normativa, i soggetti coinvolti nel commercio internazionale sono dunque chiamati ad agire con la massima diligenza, monitorando la normativa di riferimento ed eventuali modifiche, emendamenti o variazioni apportati dai c.d. “pacchetti sanzioni” periodicamente emessi dall’UE.

Tale diligenza è richiesta anche allo spedizioniere doganale coinvolto nell’operazione di importazione o di esportazione. E invero, sebbene i divieti all’esportazione e all’importazione – e la responsabilità penale conseguente alla violazione di tali divieti – riguardino, principalmente, i proprietari delle merci, ossia l’esportatore e l’importatore, la responsabilità dello spedizioniere doganale che pone in essere l’operazione di import o di export interessata dalla normativa unionale potrebbe non essere esclusa, trattandosi di soggetto direttamente ricompreso dall’applicazione del Sistema Sanzioni.

L’art. 10 del Reg. UE 833/2014, infatti, prevede che “Le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità o organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento”.

Il successivo art. 12, inoltre, vieta di partecipare, consapevolmente e intenzionalmente, ad attività aventi l’obiettivo o l’effetto di eludere i divieti di cui ai regolamenti unionali.

La responsabilità dell’operatore doganale implica, pertanto, l’obbligo di vigilare, con diligenza da ragguagliare, ex art. 1176, secondo comma, c.c., alla natura dell’attività esercitata e all’esattezza delle informazioni ricevute, non essendo di fatto sufficiente a integrare la buona fede l’inconsapevolezza della violazione posta in essere dal proprietario delle merci.

Non può, invece, essere imputata allo spedizioniere doganale alcuna responsabilità laddove lo stesso abbia compiutamente dimostrato di aver operato con il più elevato livello di diligenza professionale e che non avrebbe potuto in nessun modo accorgersi della violazione. In tal caso, infatti, si configurerebbe un’ipotesi di responsabilità oggettiva, contraria ai principi unionali di certezza del diritto e di proporzionalità.

Sotto un profilo concreto è necessario, pertanto, dotarsi di strumenti di compliance che dimostrino l’adempimento dell’onere di ragionevole conoscenza previsto dalla legge e che dimostrino l’effettiva attività di monitoraggio, controllo e prevenzione svolta dall’operatore professionale. A tal fine, è opportuno predisporre un distinto test – più specifico rispetto alla mera dichiarazione di libera esportazione e che si dovrà aggiungere alla stessa – da sottoporre all’attenzione dei propri clienti/committenti, per valutare concretamente la possibilità di effettuare le importazioni/esportazioni da/verso la Russia.

Attraverso la compilazione di tale documento, il proprietario delle merci deve comprovare lo svolgimento di un’accurata due diligence in merito alla legittimità dell’operazione. Per dissipare ogni dubbio sulla conformità o meno del proprio operato alla normativa UE, infatti, è indispensabile condurre un’indagine sotto un triplice ordine di profili: soggettivo, oggettivo e territoriale.

Dal punto di vista soggettivo occorre un’attenta analisi della lista – contenuta nell’Allegato I al Reg. 269/2014 – delle persone ed entità soggette a sanzioni, al fine di verificare la possibilità di portare a compimento transazioni commerciali ed effettuare/ricevere pagamenti verso/da le proprie controparti contrattuali. Occorre notare, al riguardo, che le sanzioni si estendono anche ai soggetti sottoposti al controllo delle persone fisiche o giuridiche listate[12].

Dal punto di vista oggettivo, è necessario che le aziende si dotino di un sistema di controllo idoneo a verificare se i propri prodotti rientrino tra quelli listati. A tal fine, è indispensabile muovere da una corretta classificazione doganale del prodotto commercializzato, nonché possedere una conoscenza tecnica del bene, che consenta di valutare la riconducibilità, o meno, a quelli ricompresi nell’Allegato I al Reg. UE 2021/821 (beni dual use) o negli Allegati al Reg. UE 833/2014.

Anche dal punto di vista territoriale, occorre tenere presente come le misure restrittive subiscano implementazioni o riduzioni dettate dagli aggiornamenti bellici: è il caso dei divieti di import/export da o verso le zone delle oblast di Donetsk e Luhansk dell’Ucraina, estesi con l’ottavo pacchetto sanzioni (Reg. UE 2022/1903 del 6 ottobre 2022) alle zone delle oblast di Kherson e Zaporizhzhia.

Valeria Baldi

Lucilla Raffetto

[1] Si fa riferimento ai comunicati stampa “Piacenza: sequestro di merce esportata verso la Russia”, 7 novembre 2022,

Montano Lucino: sequestro lamelle di acciaio destinate alla Federazione Russa”, 3 novembre 2022, e “Montano Lucino: sequestro rotoli di nastri in gomma destinati alla Federazione Russa”, 11 ottobre 2022.

[2] Si tratta del Regolamento (UE) n. 833/2014, adottato dal Consiglio il 31 luglio 2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina; del Regolamento (UE) n. 269/2014, 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che minacciano o compromettono l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina; e, infine, del Regolamento (UE) n. 692/2014 del Consiglio, 23 giugno 2014, relativo alle restrizioni all’importazione nell’Unione di merci originarie della Crimea o di Sebastopoli, in risposta all’annessione illegale di quest’ultime.

[3] Ossia le esportazioni effettuate per le finalità di cui all’art. 2, par. 3, lett. a)-g) del Reg. 833/2014 (cioè scopi umanitari, usi medici o farmaceutici etc…), che devono essere esplicitate nella dichiarazione doganale e per cui si rende necessario effettuare una notifica all’UAMA entro 30 giorni dalla prima esportazione.

[4] Con cui è stato istituito un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell’intermediazione e del transito dei prodotti ad uso duale.

[5] Si vedano, nell’ordine, gli Allegati VII, II, X, XXIII del Reg. 833/2014.

[6] Nella misura in cui il loro valore sia superiore a 300 euro per articolo, salvo diversamente specificato nell’Allegato (cavalli, caviale, tartufi, vini, sigari, profumi, pelletteria, abbigliamento, tappeti, perle e pietre preziose, dispositivi elettronici per uso domestico di valore superiore a 750 euro, veicoli di valore superiore a 50.000 euro, orologi, strumenti musicali di valore superiore a 1.500 euro, oggetti d’arte, attrezzature sportive…).

[7] Ai sensi dell’art. 83, co.1, par. 1, TFUE: “Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni”.

[8] Recante la disciplina “per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della normativa europea ai fini del riordino e della semplificazione delle procedure di autorizzazione all’esportazione di prodotti e di tecnologie a duplice uso e dell’applicazione delle sanzioni in materia di embarghi commerciali, nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti”.

[9] Cioè dei beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore commisurato al risultato materiale del fatto di reato e al vantaggio di natura economica che ne è derivato. Dal dato letterale della norma de qua si evince la natura penale delle sanzioni, che, tuttavia, non sembrerebbero aver trovato riscontro nella più recente giurisprudenza di merito.

[10] Sul punto v. Genocide Network, Prosecution of sanctions (restrictive measures) violations in national jurisdictions: a comparative analysis, 2021, pp. 22 e ss.

[11] Si veda il comunicato stampa del Consiglio dell’UE, pubblicato il 28 novembre 2022.

[12] L’UE ha, inoltre, vietato ogni transazione, diretta o indiretta, con determinate entità russe controllate dallo Stato.