Il Tribunale dell’Unione europea, con sentenza del 1 marzo 2023, ha respinto un’azione legale intentata dal produttore degli iconici motocicli Harley Davidson contro una decisione della Commissione UE relativa alla determinazione dell’origine non preferenziale. La decisione, che segna uno sviluppo significativo nel dibattito in corso sui criteri da seguire per la definizione dell’origine non preferenziale e sulle sue implicazioni che questa può avere nel commercio internazionale, è destinata a diventare una pietra miliare nell’interpretazione del concetto di lavorazione “economicamente giustificata”.

Da cosa nasce questa sentenza?

Nel 2018 gli Stati Uniti d’America hanno introdotto dazi supplementari sulle importazioni di acciaio e alluminio dall’Unione europea. Per rispondere a questa imposizione l’UE, con il Regolamento di Esecuzione 2018/886, ha istituito a sua volta dazi supplementari (25% a decorrere da giugno 2018 con un ulteriore 25% a decorrere dal giugno 2021) per le importazioni dagli Stati Uniti d’America di motocicli di cilindrata superiore a 800 cm3 (nomenclatura 87115000), che si vanno a sommare al dazio convenzionale previsto del 6%.

Harley Davidson ha prontamente informato gli azionisti che l’applicazione di questi dazi avrebbe avuto un impatto sui costi di produzione per un valore pari almeno a US$ 2.200 per ogni motocicletta esportata dagli Stati Uniti verso l’Unione europea.

Presa coscienza di questo aumento dei costi, l’azienda americana ha compiuto  un’azione che si rivelerà cruciale nella successiva evoluzione della questione: ha presentato alla Security and Exchange Commission (SEC) una relazione ufficiale, su modulo 8-K,  con la quale ha dichiarato ufficialmente l’intenzione di trasferire la produzione di taluni motocicli, destinati al mercato europeo, dagli Stati Uniti verso i suoi impianti internazionali situati in un altro paese (nel caso specifico Thailandia), al fine di “evitare le misure della politica commerciale dell’Unione”.

Per dare corso in modo sicuro all’operazione l’Azienda, tramite un intermediario con sede in Belgio, ha presentato all’autorità doganale UE domande formali di decisioni IVO.

Le autorità doganali belghe, prima di esprimersi, hanno partecipato ad una riunione con la Commissione per valutare tali richieste che avrebbero trovato successiva applicazione nell’importazione nell’Unione di due famiglie di motocicli costruite nella fabbrica della Harley Davidson in Thailandia. Al termine di tale riunione la Commissione ha emesso un parere informale secondo il quale il criterio della giustificazione economica, ai sensi dell’art. 33 Regolamento UE 2015/2446, non sarebbe stato soddisfatto nel caso in esame proprio in ragione delle informazioni contenute nel modello 8-K.

Le autorità belghe hanno comunque dato corso al rilascio di due decisioni IVO (a cui poi ne sono seguite altre tre) riconoscendo l’origine Thailandia alle motociclette prodotte in tale paese.

La Commissione europea, ritenendo  l’operazione posta in essere dalla Harley Davidson lesiva dei suoi principi e “non economicamente giustificata” ai sensi dell’art. 33 («Un’operazione di trasformazione o lavorazione effettuata in un altro paese o territorio non è considerata economicamente giustificata se, sulla base degli elementi disponibili, risulta che lo scopo di tale operazione era quello di evitare l’applicazione delle misure di cui all’articolo 59 del codice”), ha informato l’autorità belga dell’intenzione di  chiedere la revoca delle informazioni vincolanti emesse e, con Decisione del 31 marzo 2021 pubblicata nella GU UE, ha chiesto ufficialmente  alle autorità di revocare le IVO.

Harley Davidson ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale UE avverso la decisione della Commissione, sostenendo che, oltre ad essere scorretta, questa avrebbe avuto effetti negativi sugli scambi commerciali, imponendo potenziali ostacoli e costi aggiuntivi.

L’argomento principale di Harley Davidson era incentrato sull’interpretazione dei regolamenti applicabili che disciplinano la determinazione dell’origine non preferenziale. La società ha affermato che la decisione si discosta dai principi giuridici stabiliti ed ha interpretato erroneamente le norme pertinenti.

Il Tribunale ha invece sposato pienamente la tesi della Commissione, respingendo il ricorso di Harley Davidson.

In particolare è stato sottolineato come l’art. 33 del Regolamento Delegato debba essere letto ed interpretato anche alla luce del considerando n. 21, sempre del medesimo Regolamento che prevede “al fine di evitare manipolazioni dell’origine di merci importate allo scopo di eludere l’applicazione di misure di politica commerciale, in taluni casi l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale dovrebbe essere considerata non economicamente giustificata”.

Inoltre questa lettura, unita al progetto consolidato di atto delegato presentato dalla Commissione prima dell’adozione del Regolamento Delegato del CDU, permette di dimostrare che l’art. 33 deve trovare applicazione in particolare nel momento in cui l’Unione europea adotta misure di politica commerciale.

L’art. 33 mira infatti a garantire la piena attuazione delle misure di politica commerciale dell’Unione europea impedendo che le merci, oggetto di tali misure, possano ottenere un’origine diversa qualora lo scopo di un’operazione di delocalizzazione sia quello di eludere l’applicazione delle suddette misure. Tali operazioni non possono pertanto ritenersi economicamente giustificate.

Il Tribunale specifica che spetta all’operatore economico interessato fornire la prova che lo scopo principale di un’operazione di delocalizzazione non può essere, nel momento in cui la decisione interviene, quello di evitare l’applicazione di misure di politica commerciale dell’Unione. Alla luce della sequenza temporale dei fatti la ricorrente non ha potuto dimostrare che lo scopo della delocalizzazione non fosse solo quanto dichiarato nel modello 8-K, né che tale decisione fosse stata presa prima dell’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2018/886 nell’ambito di una strategia globale volta alla delocalizzazione della produzione.

Si legge infatti nella sentenza che “la ricorrente non ha prodotto innanzi al Tribunale elementi concreti idonei a dimostrare che la delocalizzazione di cui trattasi sarebbe stata giustificata principalmente da considerazioni estranee all’introduzione dei dazi doganali supplementari.” Dalla lettura di tutta la documentazione prodotta negli atti del processo e soprattutto del modello 8 -K risulta evidente che l’istituzione dei dazi supplementari sia stato il “fatto generatore” della decisione di delocalizzare in Thailandia la produzione delle motociclette.

La sentenza sottolinea l’importanza del rispetto non solo della norma ma anche della motivazione per la quale tale regola è stata pensata.

In particolare riteniamo che l’analisi del concetto di “economicamente giustificato” debba essere condotta sia in accordo con il considerando 21 del Regolamento (UE) 2015/2446 ma anche insieme al progetto dell’atto delegato prodotto dalla Commissione, per capire in modo più puntuale che cosa il legislatore unionale volesse realmente intendere con la definizione di lavorazione “economicamente giustificata”.

Ancora una volta l’esegesi della norma dovrebbe partire da lontano e non dalla sua analisi letterale che spesso può portarci a effettuare valutazioni interpretative superficiali.

Commissione di studio origine e lotta alla contraffazione:

Marica Mestieri, Alessandro Cestaro, Lucia Umile, Samuela Mestieri, Andreatta Giorgio, Carlo Annessa, Edoardo Barbero, Emanuele Bucchi, Giuliano Ceccardi, Simone del Nevo, Alberto Galardi, Valerio Jean, Giuseppe Lo Pizzo, Pierluigi Moltedo, Davide Morganti, Monica Polidori, Righetti Chiara, Righetti Elena, Alessio Tecilla

Il Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali (di seguito CNSD) ha istituito, con propria delibera, le seguenti Commissioni di Studio del CNSD:

Commissione di Studio “Tariffa doganale e misure collegate alla TARIC”.
Commissione di Studio “Origine e lotta alla contraffazione”.
Commissione di Studio “Valore in dogana”.
Commissione di Studio “Regimi doganali e contenzioso”.

Le Commissioni sono istituite con le seguenti finalità:

Fornire attività di supporto tecnico ed operativo mediante lo studio e l’analisi della normativa di interesse per l’esercizio professionale.
Effettuare studi ed indagini in specifici settori oggetto dell’attività professionale.
Organizzare eventi seminariali e convegnistici.
Formulare proposte, documenti e pareri.
Produrre materiale utile all’aggiornamento professionale.
Agevolare la consapevolezza e la crescita professionale degli iscritti all’Albo.
Le Commissioni possono realizzare elaborati, pareri, trattazioni, opere comunque denominate da loro prodotte.