Entra in vigore il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), il nuovo dazio ambientale sulle importazioni dei prodotti realizzati dalle industrie più inquinanti dei Paesi extra-UE. A stabilirlo è il Regolamento UE 10 maggio 2023, n. 956/2023.

Un vero e proprio tributo doganale, che interesserà alcuni dei settori più importanti per la nostra economia: il nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere interesserà, infatti, prodotti come cemento, fertilizzanti, ferro e acciaio, idrogeno, alluminio ed elettricità.

Il CBAM rappresenta una vera e propria carbon tax europea, che sarà applicata alle importazioni di prodotti ad alta intensità di carbonio, al fine di ridurre il c.d. “dumping ecologico”, ossia la scelta di delocalizzare la produzione in Paesi che consentono le emissioni di gas a effetto serra. Tale misura, infatti, è volta a eliminare la differenza dei costi di produzione delle aziende extra-UE, dovuta al minore impegno di alcuni Paesi terzi nel contrasto alle emissioni di carbonio.

La normativa dell’Unione europea sulle emissioni di CO2 è, infatti, molto stringente. In particolare, nell’ambito del Green Deal europeo, gli Stati membri UE si sono impegnati a ridurre, entro il 2030, i gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli degli anni ‘90. Il CBAM è uno degli strumenti previsti dal Green Deal per raggiungere tale importante obiettivo, volto a prevenire i cambiamenti climatici, a tutela dell’ambiente.

Gli sforzi profusi per ridurre l’inquinamento non hanno prodotto gli effetti desiderati. Negli ultimi anni, per  “aggirare” le limitazioni imposte dalle aziende UE, molte aziende hanno iniziato a delocalizzare la produzione verso Paesi extra-UE che hanno una normativa ambientale meno attenta agli effetti climatici delle produzioni inquinanti.

Il CBAM si propone, pertanto, di riequilibrare, dal punto di vista economico, il dumping ambientale realizzato da Paesi non impegnati nell’attuazione dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, secondo il principio “chi inquina paga”. Venuto meno il vantaggio economico della delocalizzazione, il nuovo dazio aspira anche a incentivare il rientro nell’Unione europea di alcune importanti filiere produttive, favorendo il c.d. back-shoring. Con il nuovo tributo ambientale, infatti, i prodotti inquinanti importati nell’Unione europea dovranno scontare un dazio corrispondente alle loro emissioni di carbonio, equivalente al prezzo pagato dai produttori italiani nell’ambito del sistema europeo di scambio delle quote di emissione EU ETS.

Con l’introduzione del CBAM diventa indispensabile tracciare la filiera produttiva e operare un’accurata selezione dei fornitori. È fondamentale, infatti, tenere conto non soltanto della qualità del prodotto o dei tempi e costi di consegna, ma anche del “modo” in cui il bene è stato realizzato. Particolare attenzione deve essere dedicata non solo alle emissioni dirette, generate dalla produzione dei beni CBAM, ma anche alle emissioni indirette, prodotte dall’elettricità utilizzata nella fabbricazione di tali prodotti.

Per consentire agli operatori di eseguire accurate indagini sui quantitativi di carbonio emessi per la realizzazione della merce, l’Unione europea ha previsto un periodo transitorio. Dal 1° ottobre 2023 fino a dicembre 2025, gli importatori dovranno rispettare nuovi obblighi di compliance, comunicando alla Commissione europea la quantità di prodotti CBAM importati e delle emissioni incorporate in tali beni.

A partire dal 2026, invece, gli importatori dovranno acquistare i nuovi certificati CBAM, corrispondenti alle emissioni incorporate nei prodotti importati. Restano, tuttavia, escluse dall’applicazione del CBAM le importazioni dei prodotti che sono già soggetti al pagamento dell’EU ETS, in quanto già applicato nei Paesi terzi o territori o a un sistema di fissazione del prezzo del carbonio pienamente collegato all’EU ETS.

Dal 2026, le dichiarazioni di importazioni di merci CBAM dovranno essere presentate da un dichiarante autorizzato dall’Agenzia delle dogane. I dichiaranti dovranno sostenere un audit preventivo da parte della Dogana e saranno iscritti in un registro istituito dalla Commissione europea.

Il Regolamento UE 956/2023 chiarisce che se per le operazioni di importazione di merci CBAM, l’importatore delega uno spedizioniere doganale, in qualità di rappresentante indiretto, sarà quest’ultimo a dover essere in possesso della qualifica di dichiarante autorizzato.

Il regolamento introduce anche nuove sanzioni in caso di mancata restituzione dei certificati CBAM. L’importo delle ammende sarà equivalente all’importo già previsto dal meccanismo EU ETS (fino a 100 euro ogni tonnellata di Co2 emessa da un impianto il cui gestore non ha restituito le quote di emissione, ai sensi dell’art. 16, par. 3 e 4, direttiva 2003/87/CE) nel caso in cui l’omissione sia attribuibile a un dichiarante autorizzato CBAM. Le sanzioni, invece, saranno considerevolmente più alte nel caso in cui le merci dovessero essere introdotte nell’Unione europea da un soggetto diverso da un dichiarante autorizzato.

Da segnalare che la Commissione europea sta già valutando l’estensione dei nuovi adempimenti anche ad altri beni, tra cui quelli che subiscono processi di fabbricazione complessi, utilizzando diverse materie prime (parti in acciaio, plastica, ecc.) e i prodotti finiti, come automobili e dispositivi elettronici.

Laureato presso l’Università di Parma, ha conseguito un Master in Diritto Tributario e un Master di specializzazione dall’accertamento al processo tributario presso la Scuola di Formazione Ipsoa. È iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 2009. Nel 2011 entra nel team dello Studio Armella & Associati, di cui è socio dal gennaio 2020.

Settori di attività: contenzioso doganale, diritto tributario e commercio internazionale. Esperto di diritto doganale, con particolare riferimento alle tecniche di commercio internazionale, assiste grandi aziende e multinazionali con particolare riferimento alla consulenza e alla pianificazione doganale, all’implementazione delle procedure relative al commercio internazionale e alle certificazioni AEO.

È autore di numerosi articoli e pubblicazioni e collabora con associazioni di categoria in attività seminariali e congressuali.

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ha frequentato il corso di perfezionamento in Diritto Tributario presso l’Università di Genova e il Master in Diritto Tributario presso l’Università Cattolica di Milano.

Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Genova, dopo una lunga esperienza presso un noto studio legale specializzato in fiscalità indiretta, dal 2019 entra a far parte del team dello Studio Armella & Associati.

È autore di numerosi articoli e svolge attività di docenza in seminari e corsi di formazione in materia tributaria.

È membro del gruppo di lavoro Accise della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce.