Il rappresentante doganale indiretto non è responsabile, in solido con l’importatore, dei dazi, dell’Iva e delle sanzioni contestate, se ha operato con la massima diligenza. È questo il principio espresso dalla Corte di Giustizia di primo grado di Bari, con la sentenza 20 dicembre 2022, n. 2850, la quale ha confermato i confini della responsabilità del rappresentante doganale, escludendo una sua responsabilità oggettiva.

Il caso esaminato dalla Corte di Giustizia tributaria di Bari traeva origine da due avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle dogane ha ritenuto il rappresentante indiretto responsabile in solido con l’importatore per i dazi, l’Iva e le sanzioni.

Com’è noto, nel settore doganale, come in quello civile, si distingue tra rappresentanza diretta, in cui il delegato agisce in nome e per conto del proprio cliente, e indiretta, in cui il rappresentante agisce per conto dell’importatore, ma in nome proprio. Il distinguo è fondamentale poiché, nel primo caso, il delegato non è responsabile del pagamento dei maggiori diritti in presenza di un accertamento doganale mentre, se viene utilizzata la rappresentanza indiretta, è prevista, in via generale, una responsabilità solidale del dichiarante con il soggetto per conto del quale è effettuata l’operazione doganale.

Nella prassi, l’Agenzia delle dogane contesta all’importatore e, in via automatica, anche al rappresentante indiretto, l’omesso pagamento di maggiori dazi, anche in presenza di contestazioni relative a informazioni e aspetti che normalmente non rientrano nella conoscenza diretta del rappresentante doganale.

Con la sentenza in commento, la Corte di Bari ha tuttavia precisato che il rappresentante doganale risponde, per eventuali errori nella dichiarazione doganale, soltanto se ha violato i propri doveri di diligenza professionale, circostanza che spetta alla Dogana dimostrare.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha escluso qualsiasi forma di responsabilità oggettiva del rappresentante indiretto nel caso in cui l’operatore abbia agito in modo “diligente ed accorto”, ai sensi dell’articolo 1176, secondo comma, del codice civile.

Questo orientamento ribadisce un principio più volte espresso in giurisprudenza, secondo cui il rappresentante indiretto può essere ritenuto responsabile soltanto se ha violato i propri doveri di diligenza professionale, circostanza che spetta alla Dogana dimostrare (Comm. prov. Milano, 30 marzo 2017, n. 2585; Comm. trib. reg. Genova, 23 novembre 2020, n. 721; Comm. trib. reg. Genova, 8 giugno 2020, n. 379; Cass. Sez. V, 4 agosto 2020, Ord. n. 16625).

Per riconoscere un’eventuale responsabilità, occorre tenere conto delle informazioni di cui l’intermediario disponeva o di cui egli doveva, secondo ragione, avere conoscenza, in considerazione dei suoi obblighi contrattuali. Il rappresentante indiretto non è, pertanto, automaticamente responsabile in solido con l’importatore.

Con la sentenza in commento, i giudici hanno stabilito che l’esclusione di ogni forma di responsabilità oggettiva del rappresentante indiretto presuppone una valutazione reale ed effettiva del comportamento adottato dal rappresentante doganale, valutando ogni aspetto del comportamento di quest’ultimo per garantire che le merci non siano introdotte irregolarmente tenendo, altresì, conto delle informazioni in possesso del rappresentante in considerazione dei suoi obblighi contrattuali.

Nel caso di specie la Corte ha affermato che lo spedizioniere ha agito secondo piena e corretta diligenza, con la conseguenza che l’unico soggetto tenuto al versamento dei dazi e delle sanzioni contestate è l’importatore.

Con riferimento alle sanzioni doganali, la Corte di Cassazione ha già delimitato le ipotesi di responsabilità degli operatori in Dogana: escludendo ogni automatismo in materia sanzionatoria, i giudici di legittimità hanno sottolineato la necessità di una specifica valutazione del loro concreto operato, potendosi configurare una responsabilità soltanto qualora sia dimostrato il dolo o, quanto meno, la colpa dello spedizioniere (Cassazione, 4 agosto 2020, n.16625; 8 maggio 2019, n. 12141).

Con la sentenza in commento, infine, la Corte di Giustizia tributaria di Bari ha ritenuto illegittima la pretesa dell’Iva all’importazione. Sul punto, la Corte di Cassazione e la Corte di Giustizia UE hanno ormai chiarito che tale imposta, pur essendo liquidata e riscossa con modalità operative analoghe a quelle dei diritti doganali, non è un “dazio”, bensì un tributo interno sui consumi e, quindi, non può estendersi all’importatore in quanto non annoverabile nella nozione di “obbligazione doganale”. La Commissione recependo tale consolidato orientamento ha escluso l’addebito dell’Iva in capo al rappresentante doganale (Cass., sez. V, 24 settembre 2019, n. 23674).

Laureata con lode nel 2019 presso l’Università degli Studi di Genova con una tesi in diritto europeo dal titolo “Brexit e le sue conseguenze sugli Accordi conclusi dall’Unione europea”.

È iscritta al registro dei Praticanti Avvocati e da giugno 2020 collabora con lo studio Armella & Associati. È autore di numerosi articoli e collabora con associazioni di categoria all’attività seminaristica e congressuale.