Le sanzioni doganali devono essere calcolate sull’importo complessivo dei dazi contestati e non singolo per singolo. È questo il principio che emerge da due recenti provvedimenti dell’Agenzia delle dogane di Treviso, che ha accolto i reclami della Società ricorrente, riducendo le sanzioni irrogate da euro 45.206,00 a euro 412,00.

La vicenda trae origine da una contestazione sul valore doganale. Nel caso di specie, una Società aveva importato diverse partite di merci, suddividendo, all’interno delle dichiarazioni doganali, gli articoli importati in due diversi singoli. Per un errore di compilazione, il rappresentante ha riportato il valore complessivo dei prodotti nel riquadro del Dau relativo al primo singolo e ha invece indicato un valore pari a zero in relazione alla seconda partita di merce.

L’Agenzia delle dogane ha sottoposto a revisione le dichiarazioni doganali di importazione effettuate, rettificando il valore dichiarato e irrogando una sanzione pari a euro 45.206,00. La Società si è trovata, pertanto, a vedersi contestare una sanzione di importo assolutamente sproporzionato, considerato che la rettifica dell’Agenzia delle dogane non comportava l’obbligo di versare nuovi diritti, ma, al contrario, attribuiva all’operatore un diritto al rimborso.

Nonostante la Società avesse correttamente liquidato i diritti doganali dovuti, assolvendo il pagamento dei dazi doganali e dell’Iva all’importazione, l’Agenzia ha irrogato una sanzione elevata, poiché determinata con riferimento a ciascun singolo della dichiarazione doganale.

Com’è noto, infatti, la prassi della Dogana è quella di considerare ciascun singolo come una dichiarazione a sé stante. Generalmente, pertanto, in caso di violazioni relative a più prodotti della medesima bolletta doganale, sono applicate tante sanzioni quante sono le violazioni contestate. Tale meccanismo comporta, però, l’irrogazione di sanzioni eccessivamente elevate anche per infrazioni di lieve entità o per violazioni che, come nel caso di specie, non determinano l’obbligo di versare maggiori diritti.

Il principio secondo cui l’Agenzia delle dogane non deve applicare le sanzioni singolo per singolo, ma deve considerare l’importo complessivo dei diritti contestati è stato chiaramente riconosciuto dalla Corte di Cassazione. Quest’ultima, infatti, con la sentenza del 12 novembre 2020, n. 25509, ha espresso un importante principio di diritto: quando la bolletta doganale fa riferimento a partite di merci differenti (c.d. “singoli”), la sanzione deve essere commisurata all’importo complessivo dei dazi non versati e non allo scostamento relativo ai singoli prodotti.

È bene evidenziare che la definizione del regime sanzionatorio è attribuita alla sfera di competenza degli Stati membri, ma è necessario che siano rispettati alcuni principi essenziali, tra i quali figura il principio di proporzionalità, espresso nell’articolo 42 del Codice doganale dell’Unione europea (Cdu, Reg. UE 9 ottobre 2013, n. 952). Tale norma sancisce che le sanzioni devono essere “effettive, proporzionate e dissuasive”, con ciò recependo alcuni fondamentali principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea.

In particolare, la giurisprudenza ha affermato che le sanzioni irrogate dall’Agenzia delle dogane devono rispettare il principio di proporzionalità e che, per tale ragione, non devono eccedere quanto necessario per conseguire gli obiettivi e devono tenere conto della natura e della gravità dell’infrazione commessa (Corte Giust., 13 gennaio 2022, C-326/20; Corte Giust., 4 marzo 2020, C-655/18, Schenker; Corte Giust., 17 luglio 2014, C-272/13, Equoland;). Come riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione,spetta, pertanto, al giudice nazionale verificare che l’importo della sanzione irrogata non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e, in tal caso, disapplicare gli atti di irrogazione delle sanzioni, come ribadito dalla Corte di Cassazione (Cass., sez. V, 12 novembre 2020, n. 25509; Cass., sez. V, 11 maggio 2022, n. 14908).

Com’è noto, nel nostro ordinamento la norma di riferimento in materia di sanzioni amministrative è rappresentata dall’art. 303 Tuld, il quale, al primo comma, regola le violazioni c.d. formali, ossia improduttive di danno per l’erario, punendo con la sanzione amministrativa da 103 a 516 euro le differenze tra quanto dichiarato e quanto accertato, relative alla qualità, quantità e al valore delle merci.

Il terzo comma dell’art. 303 Tuld, invece, delinea un sistema c.d. “a scaglioni” applicabile quando la differenza tra i diritti di confine “complessivamente dovuti” secondo l’accertamento e quelli calcolati in base alla dichiarazione supera il 5%. In tale ipotesi, le sanzioni non sono proporzionali all’entità dell’accertato, ma sono determinate entro parametri fissi, definiti in relazione all’importo evaso.

Il sistema sanzionatorio nazionale ha sollevato molti dubbi di compatibilità con il principio di proporzionalità, il quale, a fronte di una violazione di tipo sostanziale, non dovrebbe consentire l’irrogazione di una sanzione predeterminata in misura fissa. La norma, cosi come formulata, legittima l’irrogazione di gravose sanzioni anche in casi di mancato pagamento di diritti doganali per importi relativamente ridotti e punisce proporzionalmente in maniera meno grave (nel valore edittale minimo) il mancato pagamento di importi molto consistenti.

Nel caso di specie, avendo rilevato un errore nelle dichiarazioni doganali effettuate dalla Società, l’Agenzia delle dogane ha determinato una sanzione specifica per ciascun singolo, nelle misure previste sia dal primo che dal terzo comma dell’art. 303 Tuld.

Poiché tale ultimo comma prevede sanzioni elevatissime, addirittura nella misura di dieci volte l’importo dei diritti contestati, l’operatore si è visto irrogare una sanzione complessiva di oltre 45 mila euro, pur avendo assolto integralmente i diritti doganali e avendo maturato, addirittura, un diritto al rimborso.

Ritenendo la sanzione eccessivamente gravosa, il contribuente ha proposto ricorso/reclamo, rilevando che l’art. 303 Tuld, diversamente da quanto ipotizzato dall’Agenzia, non consente di effettuare una valutazione separata in ordine ai maggiori diritti dovuti per ciascun singolo della dichiarazione, giacché il legislatore ha voluto espressamente riferirsi all’importo complessivo dichiarato nella bolletta doganale.

L’Agenzia delle accise, dogane e monopoli ha accolto il ricorso/reclamo della società ricorrente, riconoscendo che, nonostante la prassi solitamente utilizzata dall’Ufficio sia da considerarsi valida, il caso in esame presenta una particolarità: infatti, sebbene nella dichiarazione di importazione fossero indicate due distinte tipologie di merce in due distinti singoli, l’errore riscontrato è consistito nel fatto che è stato imputato alla prima tipologia di merce indicata nel primo singolo praticamente l’intero valore delle due partite. L’Agenzia evidenzia che ciò, però, non ha prodotto alcuna evasione di tributi, in quanto tutto l’imponibile è stato completamente dichiarato e l’Ufficio ha potuto liquidare il tributo, che è stato versato interamente. Secondo l’Ufficio, pertanto, si è configurato l’illecito di cui al primo comma dell’art. 303 d.p.r. 43/1973 (Tuld), in quanto è stata presentata una dichiarazione relativa al valore delle merci non corrispondente all’accertamento, che non ha comportato la rideterminazione dei diritti di confine, illecito punito con la sanzione amministrativa da euro 103 a euro 516.

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ha frequentato il corso di perfezionamento in Diritto Tributario presso l’Università di Genova e il Master in Diritto Tributario presso l’Università Cattolica di Milano.

Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Genova, dopo una lunga esperienza presso un noto studio legale specializzato in fiscalità indiretta, dal 2019 entra a far parte del team dello Studio Armella & Associati.

È autore di numerosi articoli e svolge attività di docenza in seminari e corsi di formazione in materia tributaria.

È membro del gruppo di lavoro Accise della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce.