Riconosco a Gianni De Mari di aver bene illustrato il percorso degli spedizionieri doganali nella operatività e crescita delle dogane.
Con questa breve nota voglio riportare gli aspetti semplici e umani di Gianni.
Giovanni De Mari, il “napoletano verace”. Dal 1977 al 2021 il Consiglio Nazionale degli spedizionieri doganali lo vede presente, prima come consigliere con funzioni di segretario, poi come presidente della giunta esecutiva e dal 1993 come presidente.
Fino al 1977 è stato consigliere compartimentale e in tutti questi anni è stato fortemente presente nell’attività dell’associazione Anasped.
Nella stessa associazione ha ricoperto il ruolo di Vice presidente del Consiglio direttivo. Ricordo anzi che quel posto lo occupavo io. Al rinnovo delle cariche con mia sorpresa venne nominato De Mari in mia sostituzione. Ci rimasi male, a dopo aver contato fino a dieci, cosa che faccio di solito quando devo evitare reazioni spontanee, presi la parola per ringraziare il Presidente De Santis per lo spazio e gli insegnamenti che ebbi da lui. Non mancai di formulare i più vivi auguri di buon lavoro a Giovanni De Mari. Mi bruciava un po’, tanto che ancora oggi me lo ricordo.
Sapevo comunque che il valore di De Mari sarebbe stato di sicuro giovamento alla Federazione Anasped e alla categoria in generale.
Su quanto e cosa abbia fatto De Mari per la categoria non mi sembra il caso di scrivere ora: la sua attività è stata piena con responsabilità al massimo livello. Il suo costante impegno è stato prevalentemente rivolto all’indirizzo di elevamento professionale, di comportamenti deontologicamente corretti, di indirizzi professionali che risultano utili per la collettività e per lo sviluppo del commercio internazionale. Il suo impegno nelle varie commissioni di studio e nella commissione internazionale delle Camere di commercio ne è una conferma.
Di aneddoti personali ce ne sono molti. Vanno dalle arrabbiature nei confronti di chi non si adegua all’evolversi degli avvenimenti, alla bontà e cordialità nei confronti di tutti, alle prese di posizione con chiunque si pone come avversario degli spedizionieri doganali.
Tre episodi desidero raccontarli.
Un giorno telefonai a Giovanni, cosa che facevo spesso, e mi rispose la sorella dicendomi “il dottore è assente”. Questo del dottore mi è sembrato strano sapendo che dottore Giovanni non lo era. Ho pensato quindi “però, si fa chiamare dottore”.
Alla prima riunione a Roma scoprii che Giovanni si era invece laureato in scienze politiche. Mi disse che l’aveva fatto soprattutto perché era stanco di sentirsi chiamare dottore senza esserlo.
Mi complimentai e mi vergognai di aver pensato male.
Il secondo episodio che ricorreva ad ogni riunione, era la telefonata che immancabilmente alle cinque della sera faceva alla mamma. Era una telefonata dolce e tranquillizzante per l’amata mamma.
Il terzo episodio è riferito al suo comportamento da commissario di esame di abilitazione a spedizioniere doganale. Era sempre pronto ad aiutare i candidati mettendoli a loro agio e ponendo la sua raccomandazione a coloro che non erano raccomandati da nessuno.
In una occasione, dopo aver in qualche modo contribuito alla promozione di un candidato poco meritevole, da buon padre di famiglia non ha mancato di dirgli che era suo dovere prepararsi e che non avrebbe dovuto presentarsi all’esame con così poca preparazione. Diceva infine che persino lui, in qualità di commissario di esame, si era dovuto preparare; tanto di più avrebbe dovuto fare il candidato.
Se mi si chiede cosa mi ha colpito di più in Giovanni, non posso che rispondere l’intelligenza, l’onestà e la bontà.
