Nell’Antico Testamento è codificata la tradizione culturale e religiosa del popolo ebraico che ogni sette anni imponeva un anno sabbatico per il riposo della terra. Ogni sette anni sabbatici ricorreva un anno sabbatico eccezionale, durante il quale non soltanto doveva riposare la terra, ma dovevano essere rimessi i debiti e doveva essere liberato chiunque si era venduto oppure era stato venduto per debiti; inoltre al servo liberato doveva essere restituita la sua terra.

Quest’anno eccezionale con scadenza semisecolare, sette volte sette anni, era proclamato in modo solenne col suono del corno dell’ariete davanti all’Arca Santa e dall’uso di questo corno o yobel deriva il termine giubilare, per indicare l’anno consacrato al Signore, che è il padrone della terra.

Anche se i precetti del Levitico e di tanti altri brani biblici rimangono in una prospettiva utopistica, il termine e concetto dell’anno giubilare diventa fondamentale nella tradizione religiosa ebraica, come una prefigurazione della remissione dei peccati ad opera del Messia.

Dalla tradizione ebraica questo concetto della remissione dei debiti e/o peccati si travasa nella tradizione cristiana con la clausola fonda-mentale del Pater Noster: e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Per primo san Girolamo (347-420 d.C.) traduce l’ebraico yobel nel latino jubilaeus, spostando decisamente il significato del termine dai contenuti socio-economico-giuridici della tradizione ebraica, liberazione dei servi, restituzione della terra, verso il concetto di anno della remissione dei peccati: in questo senso il giubileo si accomuna al giubilo, alla gioia per la redenzione dal peccato.

Nei primi tempi del cristianesimo si afferma l’uso del pellegrinaggio nei Luoghi Santi, dove visse e morì Nostro Signore Gesù Cristo, come forma d’espiazione dei peccati: i pellegrini appartengono ai ceti superiori, ma anche alle classi subalterne e per questi ultimi lo stesso viaggio è un sacrificio.

Nel 638 d.C. la Palestina è definitivamente occupata dagli Arabi e diventa impossibile o difficilissimo il pellegrinaggio.

Inoltre, quando la Cristianità perde il controllo dei Luoghi Santi, arriva a maturazione la frattura tra la Cristianità orientale, che riconosce la sua dipendenza anche religiosa dall’imperatore di Bisanzio e la Cristianità occidentale, nella quale il papa o vescovo di Roma rivendica la completa autonomia religiosa da Bisanzio e impone il suo primato su tutto l’Occidente cristiano. In particolare il primato romano rivendica la sua legittimazione in base alla tomba di Pietro, il Principe degli Apostoli, posta sotto l’altare maggiore della basilica costantiniana in Vaticano.

Dall’eredità di Pietro, la pietra su cui Cristo ha fondalo la Chiesa, il pontefice romano rivendica la disponibilità delle due chiavi, con le quali «apre e chiude» in campo spirituale e in campo temporale.

Ma il potere concreto dei papi si basa su un fatto specifico. Le donazioni di Costantino e dei suoi successori insieme con le donazioni e le eredità testamentarie degli ultimi discendenti dell’aristocrazia fondiario-senatoria hanno trasformato la Chiesa d i Roma nel più grande proprietario terriero dell’Italia peninsulare e insulare.

Tratto dal libro “Roma dei Giubilei”.