La riforma fiscale 2023 potrebbe segnare la fine dell’attuale versione del tanto dibattuto e contestato articolo 303 del D.P.R. 43/1973 (Testo Unico Leggi Doganali, in sigla anche detto TULD) che determina le sanzioni dovute in caso di constatazione su accertamento d’iniziativa delle autorità doganali per differenze relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci  destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana, rispetto a quanto indicato nella dichiarazione doganale.

Fino al 28 aprile 2012, il terzo comma dell’articolo 303 del TULD prevedeva che, qualora i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l’accertamento fossero stati maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza superava il cinque per cento, l’ammenda era applicata in misura non minore dell’intero ammontare della differenza stessa e non maggiore del decuplo di essa.

Lo stesso comma nel proseguo del testo prevedeva inoltre un’attenuante per casi di errori evidentemente commessi in buona fede e segnatamente prescriveva che, qualora il dichiarante avesse fornito tutti gli elementi necessari per l’accertamento, se la differenza tributaria accertata dipendeva da errori di calcolo, di conversione della valuta estera o di trascrizione ovvero da inesatta indicazione del valore, la sanzione amministrativa da applicare doveva essere non minore del decimo e non maggiore dell’intero ammontare della differenza stessa.

Un approccio, quindi, tanto proporzionale quanto dissuasivo ed efficace, in linea con le indicazioni europee non ancora recepite nel Codice Doganale Comunitario allora vigente come da Regolamento (CE) 2913 del 1992 ma già previste nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in ambito penale; indicazioni che, a partire dallo stesso anno, sono state inserite dal legislatore europeo nel testo di ogni nuova direttiva e regolamento. Da allora, il trinomio che prescrive come tutte le sanzioni della UE debbano essere effettive, proporzionate e dissuasive è stato diffusamente ripreso ed applicato in ogni contesto e ad oggi è rinvenibile in oltre quattromila documenti di legislazione europea fra cui, in ambito doganale, hanno trovato menzione all’art. 42 del Codice Doganale dell’Unione di cui al regolamento (UE) n. 952/2013 (CDU)

Malauguratamente, con Decreto-legge n. 16/2012 convertito con modificazioni dalla Legge n.44/2012 con l’art. 11 comma 4 è stata disposta la modifica a partire dal 29 aprile 2012 – tutt’ora vigente – dell’art. 303. Un testo normativo, quello varato dall’allora governo Monti, sul quale sono stati spesi fiumi di inchiostro per argomentare, denunciare e dibattere sugli aspetti controversi e su come il nuovo testo fosse stato scritto con un elevata componente di ambiguità per molteplici aspetti, fatta eccezione per gli scaglioni sanzionatori di cui al comma 3 che furono da subito chiaramente valorizzati quanto evidentemente sproporzionati.

L’attuale comma 3 dell’art. 303 del TULD prevede infatti che la sanzione amministrativa applicabile arrivi ad essere – lettera e) – per differenze pari o superiori a €4.000, un importo che va da un minimo di €30.000 a un massimo di dieci volte l’importo dei diritti doganali. Laddove però la differenza dei diritti fosse inferiore di un solo centesimo di euro (€3.999,99) lo scaglione precedente – lettera d) – consentirebbe l’applicazione di una sanzione anche dimezzata, che andrebbe da un minimo di €15.000 a un massimo di €30.000.

Durante questi undici anni di vigenza il legislatore nazionale ha introdotto ulteriori previsioni normative utili ad inserire nuovi strumenti deflattivi come, ad esempio, il ravvedimento operoso in dogana (introdotto con la Legge n. 190/14, articolo 1, comma 637, che ha modificato l’articolo 13 del d.lgs. 472/97) e numerose sono state le sentenze che hanno disapplicato la portata del comma 3 (C.T.P Genova n. 557/2019) dichiarandone l’incompatibilità in tema di proporzionalità con i principi dell’Unione europea (Ordinanza Cassazione n. 14908/2022), pronunce emesse anche sul solco di quanto determinato dalla Corte di Giustizia europea con la sentenza Equoland (C‑272/13).

Oggi, finalmente, grazie al disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale 2023, esiste una prospettiva di cambiamento e rinnovo del testo in vigore. Oltre ad alcune previsioni legate alla revisione della disciplina doganale, contenute all’articolo 11, al successivo articolo 18 il Ddl è infatti entrato nel merito delle sanzioni in dogana, prevedendo la necessità, fra l’altro, di riordinare la disciplina sanzionatoria del TULD contenuta nel Titolo VII (Violazioni Doganali) Capo II (Contravvenzioni ed illeciti amministrativi) prevedendo in caso di revisione, l’introduzione di soglie di punibilità, di sanzioni minime oppure di sanzioni fissate in misura proporzionale all’ammontare del tributo evaso in relazione alla gravità della condotta; passaggio questo, che richiama quanto appena ribadito dal testo in esame alla lettera precedente in materia di riordino della disciplina sanzionatoria contenuta nel Titolo VII, Capo I prevedendo la revisione delle sanzioni di natura amministrativa per adeguarle ai principi di effettività, proporzionalità e dissuasività stabiliti dall’articolo 42 del Codice Doganale dell’Unione di cui al regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, anche in conformità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

Il forte auspicio che tale revisione sia evasa con ogni consentita urgenza sta nell’importanza di comprendere che non si tratta di una mera necessità di giustezza della legge nazionale e dell’adeguamento di questa a uno dei principi fondamentali dell’Unione europea. Nel contesto si insinua infatti l’annosa questione del mercato comune europeo che, se da un lato consente il diritto alla libera circolazione delle merci originarie degli Stati membri e delle merci provenienti da paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati membri (come sancito all’art 28 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), dall’altro prevede che i quadri sanzionatori siano stabiliti ed applicati da previsioni normative emanate dai singoli Stati membri. Tale discrezionalità interpretativa ed applicativa ha dovuto subire diverse influenze dipese anche dall’eterogeneità dei Paesi e delle culture unite sotto il cappello della UE, dando luogo a scenari sanzionatori molto diversi fra loro e differentemente impattanti sui mercati influenzando, inevitabilmente, anche l’instradamento dei traffici a livello logistico.

Un passo verso la giusta direzione, che potrebbe contribuire a riportare in Italia traffici persi ormai da anni: l’aspetto legato alla distorsione dei traffici generato nel periodo di vigenza dell’attuale art 303 de TULD è stato ancora troppo poco approfondito e studiato, mentre dovrebbe essere tema importante da analizzare per riequilibrare i flussi logistici europei anche in funzione di norme sanzionatorie nazionali omogenee.

Doganalista iscritto all'albo professionale. Amministratore Ormesani Srl, Titolare CAD Ormesani Roma Srl è Presidente Commissione di Studio Tariffa Doganale presso il Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali.