Lo scorso 11 marzo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) ha diramato la circolare n. 11/2023 con cui ha ritenuto necessario fare il punto della situazione a livello nazionale circa l’istituto dell’Informazione Tariffaria Vincolante (ITV) presente nel nostro ordinamento dal oltre trent’anni e normato da ultimo nel Codice Doganale dell’Unione, Regolamento (UE) n. 2013/952 del Consiglio (CDU) all’art. 33 e ss. nonché, per le rispettive competenze satelliti, dal (RD) Regolamento Delegato (UE) n. 2015/2446 e dal (RE) Regolamento Esecutivo (UE) n. 2015/2447 della Commissione.

La logica stante alla base dell’ITV è molto semplice: l’origine della merce, i dazi cui è sottoposta e tutte le altre misure stabilite da disposizioni specifiche dell’Unione nel quadro degli scambi delle merci, sono definite in base a codice doganale assegnato alle merci a seguito di un processo di classificazione doganale.

Tale processo di classificazione doganale – molto spesso – è tanto cruciale quanto difficile, ambiguo, controintuitivo ed opinabile. In questo scenario d’incertezza diffusa per un fattore così importante, l’ITV entra in gioco come una sorta di interpello utile a dirimere ogni possibile questione per determinare quale sia il codice doganale corretto da attribuire ad un determinato tipo di merce.

Nel richiamare gli Orientamenti amministrativi sul processo di rilascio delle informazioni tariffarie vincolanti ADM ha inteso riepilogare diversi e molteplici aspetti connessi all’ITV fra cui citiamo, in particolare, il procedimento di richiesta e rilascio, i termini e le condizioni per il rinnovo, le facoltà di esercitare il diritto di ricorso o il diritto ad essere sentiti in caso di decisione sfavorevole, la possibilità di godere un uso esteso anche detto “Periodo di Grazia” che consente, anche se per un periodo limitato, l’ultrattività per una ITV oggetto di revoca.

Non ritengo utile soffermarmi soltanto su questi aspetti, dettagliatamente ricompresi nel contenuto della circolare e delle norme cui la stessa fa riferimento, ma desidero piuttosto cogliere l’occasione per riflettere anche sulle condizioni poste dal legislatore al fine di poter presentare una domanda di ITV e sulle opportunità che, una volta ottenuta, l’ITV porta al titolare.

Come spiegato, per quanto l’impianto normativo di cui al Regolamento (CE) 1987/2658 che consente la classificazione doganale delle merci, sia stato concepito per identificare un codice doganale e uno soltanto per ogni bene scambiabile, è risaputo che la materia diventa spesso estremamente dibattuta quando un bene è suscettibile d’essere validamente classificato in due o più codici. Ciononostante, se determinare la classificazione doganale di un bene ad un codice doganale rappresenta un obbligo, la presentazione della domanda di ITV rimane una facoltà dell’operatore economico.

A seguire si potranno dunque rilevare degli indicatori per meglio comprendere quando l’opportunità della presentazione di una domanda di ITV dovrebbe essere sempre colta e quando, invece, l’operatore economico dovrebbe preferibilmente rinunciarvi.

Va innanzitutto chiarito che, così com’è inteso ad oggi, il diritto ad essere ascoltati, previsto dall’art. 22, paragrafo 6) del CDU, si esercita nelle situazioni in cui le autorità doganali intendono prendere una decisione che penalizzerebbe la persona cui è destinata. In tali casi, le autorità doganali sono tenute a comunicare al destinatario le motivazioni su cui intendono basare la loro decisione e al destinatario è data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista. Ai sensi dell’articolo 8 RD, il richiedente potrà esprimere il proprio punto di vista entro un periodo di 30 giorni dalla data in cui riceve la comunicazione o si ritiene l’abbia ricevuta.

Attualmente, tale fattispecie viene realizzata, su iniziativa dell’Autorità doganale, avviando la procedura in maniera informatica direttamente nel Portale dedicato alle ITV. Segnatamente, tra le citate situazioni potenzialmente sfavorevoli al richiedente, vi è, ad esempio la decisione dell’autorità doganale di non rilasciare una decisione ITV, di revocarla o di annullarla.

Tuttavia, per testuale pronuncia di Agenzia Dogane e Monopoli la classificazione della merce non è mai considerata “favorevole o sfavorevole”, ma è caratterizzata da oggettività. Pertanto, nei casi in cui, anche in base alle informazioni fornite dal richiedente nel formulario di domanda o nelle ulteriori informazioni fornite nel corso dell’istruttoria, l’autorità doganale classifichi le merci in una voce doganale differente da quella proposta dall’operatore, il destinatario della decisione non ha il diritto di essere sentito ai sensi del citato articolo 22, paragrafo 6, lettera a), del CDU, ma gli rimane il solo diritto di presentare ricorso in Commissione Tributaria.

Se tale previsione normativa poteva essere razionalmente condivisibile fino a quando – prima del 1° maggio 2016 nella vigenza del Codice Doganale Comunitario di cui al Regolamento (CE) 1992/2913 abrogato dall’attuale CDU – le ITV erano vincolanti solo per l’Amministrazione e non vincolavano il richiedente ad assoggettarsi al codice stabilito d’Ufficio, altrettanto non si può serenamente affermare dal momento che, con il nuovo testo normativo, la Decisione è divenuta vincolante anche per il richiedente.

È evidente, infatti, come questo abbia delle ripercussioni immediate e potenzialmente sfavorevoli sull’attività dell’operatore economico; ripercussioni che sono di fatto ineluttabili nel breve e medio periodo: i tempi legati al ricorso in Commissione Tributaria sono purtroppo molto lunghi oltre che estremamente dispendiosi per l’operatore economico.

Inoltre, nella ratio legis rinvenibile nei considerando 26 e 27 premessi al CDU appare evidente come il diritto ad essere sentiti – frutto del procedimento C-349/07 della CGUE, c.d. Sentenza Sopropé – debba essere esercitabile da ogni persona oltre al diritto di proporre ricorso e prima che sia adottata una decisione che possa nuocerle.

Ragion per cui, a ben vedere, le Autorità Doganali dovrebbero sempre informare il richiedente qualora intendessero emettere una ITV con parere difforme rispetto a quello proposto dal richiedente, così da dargli modo di esperire il proprio diritto ad essere sentito, prima che la Decisione venga adottata e diventi per lui cogente. Giacché questo non avviene, risulta che una Decisione diversa da quella auspicata, potrebbe avere ripercussioni gravissime su traffici già in essere, non solo in termini tariffari, ma anche commerciali ed economici qualora il parere incida, ad esempio, sull’origine di un prodotto.

Alla stessa stregua, ulteriori riflessioni vengono spontanee quando è necessario conciliare l’asserita (e scientificamente indubbia) oggettività della classificazione doganale, con la necessità di indicare nella domanda il regime per cui questa viene presentata o se vi sono procedimenti giuridici o amministrativi pendenti o emessi che attengono in qualche modo alla classificazione delle merci.

Elementi che, risulta sin troppo evidente, portano a condizionare il risultato dell’analisi da parte della Pubblica Amministrazione. Gli effetti poi non si esauriscono ad un mero ambito nazionale, ma trovano sfogo anche a livello unionale dove si cerca di contrastare i c.d. fenomeni di shopping di ITV (la presentazione di più istanze di ITV che riguardano uno stesso prodotto da parte di uno stesso soggetto presso più Stati membri) e delle ITV divergenti (l’emissione ITV da parte di diverse autorità di diversi stati membri che indicano codici diversi per prodotti del tutto analoghi se non addirittura identici).

Se da un lato la classificazione doganale di un bene dovrebbe essere scevra da qualsiasi ripercussione effettiva o potenziale che questa porta con sé, de facto le implicazioni connesse sono talmente tante e così incidenti che è inevitabile preoccuparsi del loro potenziale effetto contaminante.

Per contro, nell’andare a evidenziare le virtù che connotano l’Istituto in esame, il titolare di un ITV ha la possibilità di realizzare operazioni di business con la certezza del diritto che deriva dalla titolarità dell’Informazione stessa.

Certezza che può far valere oltre i confini nazionali, su tutto il territorio doganale dell’Unione Europea sia con riferimento alle considerazioni di natura tributaria come dazi ed altre misure di effetto equivalente, origine preferenziale delle merci, determinazione oggettiva ai fini IVA; sia in ambiti extratributari come la stampigliatura dell’origine commerciale sul prodotto, l’applicazione in ambito chimico, gli adempimenti sanitari, ecc.

La stessa certezza testimonia inoltre il legittimo affidamento con cui l’operatore economico ha investito le proprie risorse nell’attività e che, qualora effettivamente posta in essere a seguito del rilascio dell’ITV, lo tutela con la possibilità – previo ottenimento di apposita autorizzazione – di giovare delle previsioni contenute nel parere per lui vincolante, ancorché revocato o con validità cessata, secondo le condizioni previste dall’utilizzo esteso nel periodo di grazia di massimo sei mesi come sancito all’articolo 34, paragrafo 9 del CDU

L’altra faccia della medaglia ci rappresenta quindi uno strumento molto potente da usare con oculatezza e attenzione, ma non con troppa parsimonia per timore degli aspetti negativi di questa tipica “arma a doppio taglio”. Un parere di classificazione doganale scritto e firmato da un doganalista iscritto all’albo, professionista formato e titolato di indubbia competenza, è senza meno un elemento che in ogni azienda non dovrebbe mai mancare per beni la cui classificazione doganale è di cruciale importanza. Un ITV che avvalli o smentisca tale parere rappresenta una garanzia cui forse, fatte le debite considerazioni, non si dovrebbe mai rinunciare.

Anche in questo l’Italia si dimostra purtroppo ancora una volta molto indietro rispetto alle altre potenze europee, in modo analogo ma ancor più rilevante per quanto accade con il numero di soggetti in possesso di autorizzazione AEO. Guardando agli altri stati membri risulta infatti che nel 2022 le autorità doganali italiane hanno rilasciato solamente 570 ITV contro le 1.126 rilasciate dalla Spagna, le 6.859 rilasciate dalla Francia, o addirittura le 21.740 rilasciate dalla Germania.

Numeri che fanno impallidire l’operato nazionale e sui quali dovremmo essere tutti chiamati a interrogarci per meglio comprendere quali sono i margini di miglioramento del comparto doganale ed investire le risorse necessarie per mettere in atto le misure utili a crescere.

Doganalista iscritto all'albo professionale. Amministratore Ormesani Srl, Titolare CAD Ormesani Roma Srl è Presidente Commissione di Studio Tariffa Doganale presso il Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali.