Nel complesso e articolato sistema di regole relative alla determinazione del valore in dogana una particolare attenzione va prestata, per le potenziali implicazioni sul piano della rettifica delle dichiarazioni doganali, all’art. 140 del regolamento di esecuzione (Regolamento UE 2015/2447) secondo cui “nei casi in cui le autorità doganali abbiano fondati dubbi sul fatto che il valore di transazione dichiarato rappresenti l’importo totale pagato o da pagare di cui all’articolo 70, paragrafo 1, del codice, esse possono chiedere al dichiarante di fornire informazioni supplementari. Se i dubbi non sono dissipati, le autorità doganali possono decidere che il valore delle merci non può essere determinato a norma dell’articolo 70, paragrafo 1, del codice”.

Si tratta, come si ricava dalla norma, di una forma di presunzione relativa di non corrispondenza del valore dichiarato al valore reale, sicché, in presenza di fondati dubbi, il dichiarante è onerato di fornire all’autorità doganale elementi sufficienti per suffragare la correttezza della dichiarazione.

In proposito è noto l’orientamento assunto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (C-291/15), peraltro con riferimento al già vigente art. 181 bis DAC, secondo cui la normativa doganale non osta a una prassi delle autorità doganali in forza della quale il valore in dogana delle merci importate sia determinato con riferimento al valore di transazione di merci similari confrontato con la media statistica dei prezzi di acquisto riscontrati nell’importazione di merci similari, qualora risulti che il valore della transazione dichiarato a fini doganali sia anormalmente basso. Nello specifico, la Corte di giustizia ha osservato che il valore di transazione dichiarato delle merci importate sia da ritenere eccezionalmente basso rispetto al valore statistico medio per l’importazione di merci comparabili qualora il prezzo dichiarato sia inferiore al prezzo medio statistico di più del 50%.

La Corte ha inoltre ritenuto che ai fini dell’applicazione della previsione suddetta e della configurabilità dei “fondati dubbi”,  l’autenticità dei documenti che dimostrano il valore di transazione delle merci importate non è l’elemento determinante, ma costituisce uno dei fattori di cui le autorità doganali devono tenere conto, sicché, nonostante l’autenticità di tali documenti, tali autorità possono nutrire dubbi quanto alla veridicità del valore in dogana delle merci importate (cfr. C 263/06).

Nel contesto normativo descritto, qualora a sostegno dell’atto impositivo l’ufficio delle dogane deduca di aver estrapolato e analizzato mediante l’utilizzo di banche dati nazionali e unionali i valori delle importazioni di merci similari, ossia classificate alla stessa nomenclatura combinata, in relazione ad un periodo che includa la data delle importazioni oggetto di controllo e provenienti dal medesimo paese di origine, tenendo altresì in considerazione i termini di resa in funzione della determinazione del valore in dogana, occorrerà che il confronto tra il valore della merce dichiarata e i valori medi ottenuti evidenzi una sostanziale incongruità dei valori dichiarati.

Il ricorso a valori statistici dovrebbe tuttavia ammettersi in presenza di alcune cautele. I parametri adottati dall’ufficio delle dogane per scrutinare la congruità del valore dichiarato con la media ricavata dalle banca dati dovrebbero essere compatibili con le caratteristiche essenziali dell’operazione doganale oggetto di controllo e successiva revisione. Così, l’ufficio delle dogane dovrà utilizzare la corrispondente classificazione doganale utilizzata dal dichiarante (ove non contestata), collocare temporalmente l’indagine nel medesimo periodo di riferimento rispetto alla presentazione della dichiarazione, avere riguardo a merce della medesima origine e riferirsi ad operazioni che comportino l’impiego dei medesimi termini di resa: di tutto ciò, inoltre, l’ufficio delle dogane dovrebbe dare conto nella motivazione dell’atto di accertamento.

Peraltro, se così non fosse, il rischio è di risolvere l’accertamento doganale in termini contraddittori rispetto agli artt. 69 e 70 del Regolamento UE 952/2013, in forza dei quali la base primaria per il valore in dogana delle merci è il valore di tran­sa­zio­ne, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando sono vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione, eventualmente adeguato.

Al fine di fornire la dimostrazione in senso contrario alla posizione dell’ufficio, rilevanza diretta può assumere la documentazione contrattuale, mail, ordini e listini prezzi, che confermino la correttezza dei prezzi indicati nelle fatture che scortano le dichiarazioni di importazione revisionate (CTP di Como, 218/2021). Rilevanza indiretta può invece attribuirsi al fatto che l’importatore non abbia versato ai venditori/esportatori importi ulteriori rispetto a quelli indicati nel sovrastante prospetto, tanto potendosi ricavare dagli estratti conto integrali dell’importatrice nelle annualità relative alle dichiarazioni oggetti di revisione. Così come rilevanza indiretta può assumere il fatto che i prezzi di cui alle dichiarazioni doganali revisionate risultano coerenti con i prezzi di rivendita della stessa merce da parte dell’importatore.

Fabrizio Vismara

Fabrizio Vismara è partner del dipartimento di Contenzioso e di Diritto Tributario dello studio Squire Patton Boggs presso la sede di Milano.
Avvocato esperto di diritto societario e tributario, nonché professore di diritto internazionale, il Professor Vismara rappresenta clienti italiani e internazionali in materia di regolamentazione finanziaria, societaria e fiscale a livello nazionale e transfrontaliero.