Il suo funzionamento, in nuce, è rimasto identico nel tempo.

Sì. Sono intervenute modifiche necessarie, ma nelle sue manifestazioni meno importanti, quali la trasmissione elettronica del fascicolo, o la recente digitalizzazione.

Ma la sostanza no!

La Dogana è dogana e resterà sempre tale.

Chi volesse accertarsene lo può fare leggendo il Regolamento del 1896, dove, in perfetto italiano, del tutto comprensibile, ne viene indicato il funzionamento.

I tempi nostri hanno visto la decentralizzazione delle funzioni alle Direzioni Interregionali che spesso crea disparità di interpretazioni delle norme da Regione a Regione.

Sarebbe opportuno che le circolari avessero soltanto la funzione di diffondere le norme, senza eccessi interpretativi che comportano incertezze e disparità.

Esse dovrebbero essere emesse e firmate dal Direttore Centrale o da funzionario all’uopo delegato, lasciando alle Direzioni Interregionali la loro ulteriore diramazione.

La norma già è chiara e le circolari eventualmente emesse ne devono consentire soltanto la diffusione.

Per quanto riguarda nello specifico l’accertamento doganale e riferendoci soltanto all’elemento valore, nel tempo si è passati dall’accertamento del valore venale della merce a quello del prezzo effettivamente pagato o da pagare.

Il valore venale era da accertarsi in sede di visita e, quindi, era di competenza del funzionario delegato.

In qualche dogana, benché non previsto, fu istituito un apposito Ufficio valori, al quale inviare un campione, poi restituito, che ne valutasse la congruità.

Il prezzo pagato o da pagare, invece, che, tutto sommato, prevede anch’esso l’accertamento che quel prezzo sia congruo e in linea con i prezzi di mercato, comporta che l’accertamento riguardi tutta la fase di vendita della merce dall’estero fino al luogo di immissione in consumo, analizzando i documenti di trasporto, le fatture estere, le modalità di pagamento; tutti elementi indiziari che, paragonati al risultato delle banche dati in uso dell’Amministrazione, confermano o meno che quel prezzo era effettivamente quello pagato per la merce importata.

L’esperienza ci insegna che le banche dati, in uso dell’Amministrazione, possono essere considerati un supporto all’accertamento del valore, il quale resta comunque quello effettivamente pagato dall’operatore corretto.

Il loro uso ha creato a volte delle vere e proprie incongruenze nell’interpretazione dei valori da esse espunti.

Valga, ad esempio, l’interpretazione che qualcuno ritiene di poter dare alla sentenza della Corte di Giustizia Europea del 16/06/2016 nella Causa C-291/15, che, in sintesi, fissa il principio della esistenza del fondato dubbio quando il valor dichiarato in Dogana risulti inferiore di oltre il 50% di quello accertato.

Travisando questo principio talora la Dogana conclude l’accertamento individuando motu proprio, senza averne alcuna facoltà e senza che alcuna norma nazionale e/o comunitaria glielo consenta, né tantomeno alcun decreto, nota o risoluzione ministeriale, determinando il maggior valore nella misura pari al 50% dei valori medi risultanti dalla banca dati; accordando, cioè un vero e proprio “sconto” del 50%.

I dubbi eventuali sulla realtà del valore dichiarato in dogana possono essere facilmente risolti delegando l’OLAF a svolgere un’indagine sul valore. L’OLAF, infatti, conclude le indagini in pochissimo tempo e le risultanze acquistano valore di “notizia di reato”, circostanza, quest’ultima, che indurrebbe ad una maggiore attenzione degli operatori sull’accertamento del valore.

Così come è importante dirimere la questione della sanzione di cui all’art. 303 del TULD qualora siano dovuti dazio ed IVA, qualora la dichiarazione riguardi più singoli ovvero qualora pur dichiarando un unico singolo si applichino due sanzioni.

Tutto questo renderebbe necessario un Testo Unico.

Altrimenti risultano comportamenti contrastanti tra le varie dogane.

La speranza c’è.

Giovanni Gargano

Vincenzo Guastella